C’è un caso revenge porn nel calcio italiano. In realtà, sarebbe più corretto dire che c’è “un altro” caso revenge porn nel calcio italiano, visto che non è proprio la prima volta. E in quest’ultima occasione, il video in oggetto è solo parte del problema. A denunciare il fatto è stato, giovedì, Il Fatto Quotidiano, che in un suo articolo ha raccontato il caso di una donna di 30 anni licenziata dalla Roma dopo 10 anni di lavoro e soprattutto dopo che un suo video intimo era stato fatto indebitamente circolare da un calciatore della squadra Primavera giallorossa nelle chat coi compagni.
Dalla ricostruzione del quotidiano, i fatti risalirebbero allo scorso novembre, quando il giovane calciatore trovò sul cellulare della donna - che si era fatto prestare per fare una telefonata - un video intimo di lei col fidanzato, anche lui peraltro dipendente del club, e aveva deciso di inoltrarlo ad altre persone. Curiosamente, i dirigenti giallorossi hanno deciso non solo di non punire il giocatore per quello che è, a tutti gli effetti, un crimine, ma addirittura di licenziare la donna senza nemmeno darle spiegazioni.
Il caso dovrà ovviamente essere chiarito, probabilmente in sede legale. Nel frattempo, nelle ore successive il Corriere dello Sport aveva pubblicato un aggiornamento in cui diceva che anche il fidanzato della donna era stato licenziato. Il motivo, indicato inizialmente come "incompatibilità ambientale", sarebbe da ritrovare in un discorso che la coppia intratteneva nel video, e che i dirigenti romanisti hanno ritenuto violasse “l’etica professionale”. In cosa consista questa definizione, non è al momento noto.
Sta di fatto che, fino al momento in cui questo articolo viene scritto, la Roma si è astenuta dal commentare l’accaduto, e a livello d’immagine non sembra che il club giallorosso ne stia uscendo bene. Questa vicenda non fa che rafforzare una sensazione ormai diffusa, tra i tifosi e le tifose in Italia: quella che, sul fronte degli abusi nei confronti delle donne, i club del nostro paese continuino a non sapere bene come comportarsi e finiscano spesso per rifugiarsi in un immobilismo del tutto fuori dal mondo.
Come detto in apertura, questo non è il primo caso di revenge porn del calcio italiano. Nei mesi scorsi è emersa la vicenda di Demba Seck, attaccante del Torino (oggi in prestito al Frosinone) al centro di molteplici episodi di revenge porn e minacce, che sono stati discussi anche in televisione dal programma di Rai 3 FarWest, il 27 novembre. La dirigenza del Torino ha completamente ignorato la vicenda, e in occasione della giornata contro la violenza sulle donne ha anche diffuso sui suoi canali social un video per sensibilizzare sul tema, bloccando però i commenti per evitare che qualche utente potesse far notare l’evidente contraddizione. L’attaccante continua regolarmente a giocare in Serie A, dopo aver cambiato squadra a gennaio.
Ma giusto il giorno prima della pubblicazione dell’articolo del Fatto Quotidiano sul caso che ha coinvolto la Roma, la Corte d’Appello della FIGC aveva deciso di sospendere il giudizio sul centrocampista Manolo Portanova. Il 6 dicembre 2022, il giocatore all’epoca al Genoa e oggi alla Reggiana è stato condannato in primo grado a 6 anni di reclusione per uno stupro di gruppo. La Procura federale ha chiesto la radiazione, o almeno una lunga squalifica, per impedire al calciatore di tornare in campo, ma la giustizia sportiva ha infine deciso di sospendere il procedimento fino a che non si sarà concluso il processo penale. Portanova, in questa stagione ha già giocato 30 partite ufficiali, segnando 4 gol: Carmelo Salerno, il presidente della Reggiana, a ottobre aveva giustificato la sua decisione di ingaggiare il centrocampista nonostante la condanna perché "è un giocatore forte, e questo è l’unico giudizio che possiamo dare”. Poi, però, la Reggiana come tutte le altre squadre il 25 novembre è scesa in campo con il segno rosso sul volto dei giocatori contro la violenza sulle donne: questa cosa si chiama “attivismo performativo”.
Sia chiaro, non è solo un problema del calcio: l’inazione della Formula 1 nel caso di molestie che ha coinvolto Christian Horner della Red Bull non è va affatto da queste storie. Sorprende però la frequenza con cui il calcio italiano venga toccato da vicende di questo tipo, e ancora di più che i club non sembrino sapere come affrontare simili situazioni, se non nascondendo la testa sotto la sabbia. Un ultimo esempio ci riporta ancora alla Roma: a dicembre, il talento della Primavera giallorossa Luigi Cherubini era finito al centro delle polemiche per un commento a un post su Threads in cui si denigrava Giulia Cecchettin. Cherubini ha sostenuto di non avere colpe e che il suo profilo era stato hackerato, la società non si è mai espressa sulla vicenda e il ragazzo ha continuato regolarmente a giocare, mentre la vicenda è finita nel dimenticatoio.