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Perez firma con Red Bull:
l’Academy del toro ha fallito?

  • di Redazione MOW Redazione MOW

18 dicembre 2020

Perez firma con Red Bull: l’Academy del toro ha fallito?
Qualcosa non sembra più funzionare nel magico ingranaggio di casa Red Bull. Il sistema che per anni ha scoperto e cresciuto piloti del calibro di Sebastian Vettel, Daniel Ricciardo e Max Verstappen non ha saputo trovare un degno sostituto ad Alex Albon, ripescando Sergio Perez dal licenziamento in Racing Point. Red Bull ha smesso di mettere le ali?

di Redazione MOW Redazione MOW

La Ferrari Driver Academy ha preso spunto da loro: dal talento e la dedizione con cui Red Bull, negli anni, ha scoperto e cresciuto giovani leve della Formula 1. Ma mentre oggi la FDA continua su quella che sembra essere una strada ormai battuta, crescendo piloti come Charles Leclerc, Mick Schumacher, Callum Ilott e Robert Shwartzman, qualcosa sembra essersi rotto nel Red Bull Junior Team.

Il programma sportivo. creato e coordinato a partire dal 2001 dall'ex pilota di F1 Helmut Marko, ha portato in Formula 1 la bellezza di 17 piloti, che il prossimo anno diventeranno 18 con l’arrivo del giapponese classe 2000 Yuki Tsunoda, che sostituirà Daniil Kvjat in Alpha Tauri.

Apparente nessun guaio in paradiso quindi, con il programma che continua il suo corso e i giovani che crescono nelle retrovie della classe regina. Ma l’annuncio di oggi, con la decisione di mettere sotto contratto Sergio Perez per la stagione di Formula 1 2021 al fianco di Max Verstappen, sembra segnare un punto di svolta per la strategia di gestione piloti in casa Red Bull.

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Alex Albon ha avuto il suo tempo per dimostrare di meritare il posto in un top team, e i risultati - soprattutto se comparati a quelli dell’olandese - non hanno lasciato molte alternative alla scuderia austriaca, che non ha mai sprecato molte energie nel cercare di comprendere le debolezze dei piloti.

Lo abbiamo visto più volte in questi anni: prima con Daniil Kvjat, retrocesso in Toro Rosso nel pieno della stagione 2016 e sostituito dal giovanissimo Verstappen, poi con Pierre Gasly, che una volta tornato nel team satellite ha potuto mostrare la redenzione, dimostrando il talento alla guida che in Red Bull non ha saputo mostrare.

Nessun problema, per il grande capo Helmut Marko, che con i piloti ha sempre ragionato a compartimenti stagni: bianco o nero, dentro o fuori. Lo ha fatto anche con un super talento come Daniel Ricciardo che, sentendosi relegato al ruolo di secondo pilota al fianco di Verstappen, ha preferito andare a cercare fortuna altrove. 

Guardando i risultati e i nomi usciti da questo programma non si può certo dire che la sua tecnica in questi anni sia stata sbagliata, ma alla lunga il meccanismo ben oliato di Red Bull - far crescere i piloti nel team satellite per poi spostarli nel team ufficiale - si è inceppato.

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La line up di Alpha Tauri di quest’anno non poteva essere promossa: Kvjat e Gasly, entrambi retrocessi, non avrebbero avuto seconde possibilità. Promuovere al team ufficiale un debuttante? Troppo rischioso, soprattutto considerando che Verstappen è famoso per essere un “mangiatore di compagni di scuderia”. Restare con la squadra del 2020? A Gasly non è stato concesso il beneficio del dubbio, rispedendolo in Toro Rosso a metà stagione, mentre ad Albon - dopo gli scarsi risultati di questo 2020 - verrebbe rinnovato il contratto? Helmut Marko non ragiona così, lo abbiamo detto. Dentro o fuori. E per il povero Alex è arrivato il tempo del “fuori”, in panchina dalla Formula 1 per il 2021.

Un metodo che per anni ha funzionato, è vero, ma che non sappiamo quanti piloti promettenti abbia bruciato, nella frenesia di trovare subito un talento puro - rarissimo - come Max Verstappen. Qualcuno capace di vincere alla sua prima gara nel top team, come successo in Spagna nel caos del 2016.

Così la scuderia del toro ha perso prima Vettel (che sarebbe comunque voluto andare a cercare fortuna in Ferrari), poi l’enorme spreco di Daniel Ricciardo, e poi ancora Pierre Gasly e - nelle categorie minori - molti altri piloti. Su tutti Callum Ilott, che nel crocevia fondamentale della sua carriera è stato accolto dall’academy di Maranello, che il prossimo anno lo accoglierà come test driver ufficiale.

La scelta di Sergio Perez nella line up di Red Bull per il 2021 si inserisce in questo contesto, mettendo in evidenza come la squadra - per avere due piloti competitivi capaci di portare a casa il maggior numero di punti per il mondiale costruttori - sia stata costretta ad andare a cercare altrove. Perez, licenziato dalla Racing Point che gli ha preferito Sebastian Vettel, è sicuramente un ottimo pilota, ma non ha nulla della filosofia che per anni Red Bull ha portato avanti: non è giovane, non è cresciuto nell’orbita austriaca, e non ha neanche tutto l’aspetto di chi si saprà mettere al fianco, fedelmente, del pupillo di casa.

Sicuramente una scelta che nel 2021 ci farà divertire, ma che riporta a galla questa domanda che - ormai da un paio di stagioni - ci stiamo ponendo: il Red Bull Junior Team mette ancora le ali?

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