Mentre in Italia è ancora buio, a Phillip Island il sole si prende di prepotenza la scena per la prima volta nel weekend. Nel momento più importante, l'ora della gara, il cielo assume quelle tonalità di azzurro fulgido che, combinate al verde dell'Isola e al blu del mare, promettono sempre grandi cose: infatti in Australia la MotoGP splende, regalandoci una corsa che difficilmente verrà dimenticata. Una domenica che, ad essere fatalisti, non sembrava dovesse appartenere a Marc Marquez, partito di traverso dalla casella di partenza numero due in cui lui, l'otto volte campione del mondo, sembrava avere sotto la gomma posteriore una buccia di banana: in realtà a far pattinare la Ducati Gresini numero 93 è stata la visiera a strap che Marc aveva levato pochi secondi prima dello spegnimento dei semafori. Non era mai successo che quell'affare sottile, viscido e trasparente venisse infilato dal vento nel posto meno opportuno - sotto la ruota - per regalare al pubblico una scena alla Tom & Jerry.
Eppure Marquez è stato un gatto nel reagire a quelle prime curve che l'hanno visto precipitare in settima posizione: due giri per passare Bastianini, Binder e approfittare del long lap penalty scontato subito da Bezzecchi (che di lì a poco sarebbe scivolato alla quattro), altri tre per scavalcare Morbidelli e gettarsi all'inseguimento di Martín e Bagnaia, distanti un secondo e in quel momento più interessati a studiarsi a vicenda e a gestire la soft al posteriore che ad imbastire una fuga. Così al nono passaggio Marc sigla il giro veloce della gara (1'27"765, un crono che non ha nulla da invidiare ad un time attack), al decimo (di ventisette previsti) i primi tre sono impacchettati in un'unica sagoma che danza elegante tra i curvoni dolci e luminosi di Phillip Island.
La gara diventa semplicemente bellissima; una miscela perfetta di sorpassi e cronometri che si frantumano: per una manciata di giri che sembrano eterni ma sono "solo" quattro, Martín, Bagnaia e Marquez non salgono mai sopra il muro dell'1'28"0, girando un secondo più rapidi del gruppetto alle loro spalle (formato da Morbidelli, Binder, Bastianini, Di Giannantonio e Vinales), che in men che non si dica scompare dalle inquadrature delle telecamere. I primi tre, in tutto questo, riescono anche a battagliare, con Marc che in percorrenza della Southern Loop infila Pecco, il quale risponde alla successiva Stoner, prima di arrendersi definitivamente alla staccata della quattro. Il numero 1 resta al gancio di Martín e Marquez fino a nove giri dalla bandiera a scacchi, quando i suoi tempi - a differenza di quelli degli avversari che restano incredibilmente stabili su un ritmo da qualifica - si alzano sul ritmo dell'1'28"alto, costringendolo ad una lenta resa.
Nel frattempo, sospinti dalla brezza oceanica e dalla trance agonistica, Martín e Marquez si involano verso l'ultimo terzo di gara con un vuoto tanto simbolico quanto poetico alle loro spalle. La vittoria è una questione spagnola, un duello generazionale tra il talento giovane e spropositato di chi è in cerca del primo titolo mondiale in MotoGP e quello più consapevole e prepotente del pilota che per attitudine è sempre stato giovane eppure per la prima volta in carriera interpreta il ruolo del vecchio leone: Marc Marquez ha "rubato" la Ducati rossa a Martín e vuole dimostrare definitivamente di meritarla, battendo il connazionale in pista con una moto ormai statisticamente inferiore. La GP23 di Marc sferra il primo attacco sulla GP24 di Jorge sfruttando una migliore trazione in uscita da curva 4, ma deve soccombere ad una staccata da lacrime agli occhi del leader del Mondiale all'inizio del terzultimo giro. Dopo curva uno il 93 si incolla agli scarichi dell'89, gli fotocopia le traiettorie delle due lunghissime e panoramiche pieghe a sinistra, prima di fiondarsi all'interno dell'avversario nell'ultima fase della staccata della quattro: è un sorpasso al limite, che porta entrambi larghi, riuscito grazie ad un gesto istintivo quanto impressionante di Martìn che tira dentro il ginocchio. Una reazione supersonica che gli evita di finire nel ghiaione e che, di fatto, consegna la vittoria ad un Marquez capace di chiudere tutte le porte negli ultimi due giri.
Per Marc è la terza vittoria in stagione, la quarta in top class a Phillip Island. È l'emblema definitivo del suo ritorno, l'apertura di una nuova era della sua storia. Per Martín sono venti punti dal valore immenso, esattamente pari a quelli che dovrà custodire da qui sino a Valencia su un Pecco Bagnaia (terzo) che in Australia ha solo perso una battaglia. Ne restano altre tre, anzi ne resta solo una per un Fabio Di Giannantonio quarto, eroico, che dopo la Gara in Thailandia di domenica prossima rientrerà in Italia per l'operazione alla spalla malandata. Dietro di lui Bastianini e Morbidelli completano una top six tutta Ducati. Anche in Italia, alla fine, sorge il sole.