“Voglio capire bene, andrò subito a Madrid”. Marc Marquez l’ha ripetuto in ogni occasione possibile, lasciando proprio trasparire la fretta di chi, da professionista, è consapevole di dover parlare con giornalisti e operatori dell’informazione, ma pure con la faccia quasi implorante di un ragazzo che vorrebbe essere lasciato in pace. Libero di tornare in hotel, raccogliere su quello che ha da raccogliere su, e poi correre in aeroporto dove a attenderlo c’è già un aereo privato che lo porterà nell’unico posto in cui vorrebbe stare: nello studio dei medici che in questi anni si sono occupati del suo braccio destro. Sì, ok, la frattura che Marc ha rimediato dopo il botto con Marco Bezzecchi alla clavicola destra è stata definita “piccola”. Perché magari non sarebbe niente di che su braccio di chiunque altro, ma non ci si può dimenticare che è di Marc Marquez, e esattamente di quel braccio, che si sta parlando.

Chi, di sicuro, ne è più consapevole di chiunque altro è proprio Marc, che – come ha poi spiegato anche in post appena pubblicato su Instagram in ribadisce di non nutrire alcun raconore verso Bezzecchi e invita i suoi followers a non averne a loro volta - non c’ha pensato un secondo a rifiutare approfondimenti in qualche ospedale indonesiano per andare a sedersi direttamente davanti a chi quel braccio lo conosce benissimo. E conosce benissimo pure che di “piccolo”, lì, può esserci assolutamente nulla. Almeno fino a che intorno a quel “piccolo” non è stato fugato ogni possibile altro dubbio ulteriore. Con Marc che – e questo gli va riconosciuto – nella fretta delle dichiarazioni a cui non ha comunque voluto sottrarsi, ha speso pure qualche secondo in più per ribadire che Marco Bezzecchi s’è già scusato, che non ce l’ha con lui e che sono cose che possono capitare. “Nelle corse – ha detto – una volta sbaglio io e una volta sbaglia l’avversario. E’ così e Marco s’è già scusato. Di sicuro non pensavo, dopo la grande gioia di Motegi, che le cose potessero evolvere in questo modo appena pochissimi giorni dopo, ma vedremo. Ora devo solo andare a Madrid e capire”.
Troppi gli anni passati nelle corse per lasciarsi andare a polemiche o polemichine che non servirebbero a nessuno e troppa, troppa la sofferenza attraversata, per sentirsi tranquillo davanti alla definizione di “piccolo”. Anche perché su quel braccio non pesa sopra solo il calvario che ha fatto seguito all’incidente di Jerez del 2020,ma anche infortuni precedenti. Compreso un intervento che andava particolarmente “di moda” qualche tempo fa e che argina le così dette “spalle che escono troppo facilmente”. Insomma, il fatto che la spalla di Marquez – sempre per usare termini terra terra da gergo del paddock – è uscita sulla ghiaia di Mandalika non è qualcosa da sottovalutare o da prendere con leggerezza. Tanto che Marc l’ha anche detto: “nel male poteva andare peggio”.
Il botto, in effetti, è stato grosso e apre anche – di nuovo – al tema della sicurezza di molte delle vie di fuga dei circuiti del mondiale. Tutti gli altri argomenti, compreso il fine settimana terribile di Ducati, adesso può aspettare, anche perché ciò che c’era da vincere è già stato vinto e per le analisi degli ingegneri ci sarà tempo. Quello che è certo è che Marquez l’aveva detto già ieri: “qui non sento la solita Desmosedici tra le mani, è inutile farsi illusioni. Ma un fine settimana storto e in cui non si performa, nell’economia di una stagione, ci può anche stare”. Sembra, come ha poi rivelato Davide Tardozzi a Sky, che Marquez nel warm up di questa mattina avesse comunque trovato qualche soluzione che gli avrebbe permesso di sentirsi un po’ più a suo agio in gara. Ma non c’è stato il tempo di capire quanto e fino a dove.