Siamo a Gravanches, periferia di Clermont-Ferrand, abbiamo appena tolto un paio di scarpe antinfortunistiche e restituito badge personalizzato. Davanti a noi c’è la squadra che gestisce il monogama della MotoGP. L’invito a visitare la fabbrica per assistere alla produzione delle gomme del motomondiale è una cosa che capita di rado ai giornalisti, dicono che l’ultima volta era capitato vent’anni fa. Dopo l’ultimo finale di stagione, con polemiche neanche troppo velate da parte di Jorge Martín, dev’essere sembrato un passaggio obbligato, anche se Piero Taramasso è tra i pochi a rispondere sempre. È in grado di spiegarti la tecnica, fare una previsione sulla gara, affrontare le accuse dei piloti, capire il loro punto di vista. Piero risponde guardandoti dritto negli occhi e cercando le parole giuste con la voce calma.
Allora Piero, come stai? Come sono andati i test invernali?
“Ah, bene. È stato un periodo interessante, abbiamo proposto delle nuove mescole e volevamo davvero un parere dei piloti, che le avevano provate ma soltanto su delle short run. Queste mescole le avevamo provate a Misano e a Valencia, volevamo avere un feedback anche da circuiti come Sepang e Qatar. Adesso posso dire che siamo abbastanza contenti, più rilassati. Sappiamo che queste mescole funzionano bene sia a livello di costanza che di grip e la nuova gamma 2024 la proporremo con questa nuova mescola”.
Cosa cambia rispetto all’anno scorso?
“Il posteriore è fatto per essere più costante durante la corsa, mentre all’anteriore abbiamo sviluppato una nuova tecnologia per avere mescole più dure senza però perdere il feeling, questo perché le moto sono sempre più aggressive, demanding sull’anteriore. Ecco perché stiamo facendo questo lavoro”.
I piloti normalmente sono terrorizzati da questi cambiamenti. Stavolta però, sembrano averla presa decisamente bene.
“L’hanno presa bene. Abbiamo avuto anche dei buoni test, hanno fatto anche delle simulazioni di gara e di sprint, che quelle per noi sono le prove più importanti perché in un’uscita di tre giri non puoi davvero giudicare lo pneumatico. Nel long run sono piaciute, si sono rivelate costanti, la metà dei piloti ci ha detto che hanno anche più grip… e questa è una buona notizia”.
E adesso, a cosa state lavorando?
“Nel 2025 porteremo un nuovo anteriore: nuova carcassa, nuovo profilo, gomma un po’ più grande. In generale avremo un po’ più volume per avere pressioni un po’ più stabili. Eravamo convinti di poter fare più test, invece ne abbiamo solo quattro o cinque e se vogliamo veramente arrivare pronti nel 2025 dobbiamo accelerare un po’ i tempi”.
Abbiamo visto questo macchinario incredibile che costruisce la gomma posteriore. Lo utilizzerete per l'anteriore 2025?
“Esatto. Questo macchinario, attualmente utilizzato solo per la posteriore, è a un livello veramente avanzato. Ci permette di fare gomme quasi perfette in uniformità con una buona riproduttibilità. Vogliamo quindi portare lo stesso processo sulle gomme anteriori che oggi sono fatte con procedimenti semiautomatici”.
Se un altro costruttore decidesse di entrare adesso in MotoGP quanto farebbe fatica? Tra abbassatori, potenze e aerodinamica sembra un lavoro decisamente complicato.
“Ah, penso che di fatica ne farebbe veramente moltissima. Le moto sono veramente al limite, se fossi un nuovo costruttore aspetterei il 2027 e il nuovo regolamento che dovrebbe contenere molto le performance".
Ti piacerebbe se la MotoGP abbandonasse il monogomma?
“Sì. Onestamente noi di Michelin siamo sempre stati a favore della competizione, misurarci con un altro produttore per noi è più stimolante che batterci contro noi stessi. La realtà poi è che oggigiorno tutti i campioanti maggiori sono monomarca e dobbiamo adattaci un po’ a questo sistema. Lo facciamo perché poesia mo comunque fare delle evoluzioni e sviluppare anno su anno portando nuove soluzioni a livello di mescola, di carcassa… nuove soluzioni. Ci interessa questo, che può anche servirci per lo sviluppo di gomme stradali”.
Prima hai detto che i piloti si lamentano quando le cose vanno male, ma non dicono niente quando le cose funzionano in maniera perfetta, come in India - dove non eravate mai stati e con le temperature così elevate - o sotto la pioggia.
“Quello è vero, purtroppo se sei da solo è un po’ tutto dovuto. Quando sei in competizione invece il pilota ti sente più parte del package e cerca di spingerti, anche con i commenti positivi”.
Recentemente avete deciso di dare più margine alle squadre: l’anteriore potrà scendere fino a una pressione di 1.8 bar, non 1.88 come inizialmente previsto. Secondo te, però, non vedremo delle squalifiche quest’anno. Perché?
“Per me il sistema di lavorare non cambierà, i team avranno anzi più margine di lavoro e potranno giocare tra l’1.8 e i 2.1 bar di pressione. Non c’è motivo di sgarrare e loro sanno come fare per mantenere le pressioni a un buon livello. Usiamo questo metodo da diverse stagioni, dall’anno scorso le pressioni vengono controllate ma non c’è niente di nuovo. Per me non cambierà niente, faranno più attenzione perché non ci saranno più warning, si andrà direttamente con le penalità. E si parla anche di una penalità in termini di tempo, di secondi. Un tot per la sprint e il doppio per la gara lunga, l’annuncio dovrebbe arrivare prima del GP del Qatar. Ma credo che nessuno andrà oltre al limite, ci scorderemo di questa regola”.
Ci avete invitati in questa fabbrica e abbiamo capito moltissimo degli pneumatici. Strano che in tutto questo tempo solo due piloti (i francesi, Fabio Quartararo e Johann Zarco) siano venuti a vedere. L’impressione è che queste visite dovrebbero essere obbligatorie per i piloti della MotoGP. Pedro Acosta, per esempio… quest’anno dovrebbe passare da voi, no?
“Per me sì, capisci tante cose e alcune probabilmente ti possono anche aiutare quando guidi. Noi proponiamo sempre ai piloti di venire, poi purtroppo il calendario tra corse, test, impegni con gli sponsor… è sempre molto difficile. Noi lo continuiamo a proporre e siamo pronti ad accoglierli”.
Ok, andiamo con qualche domanda da bar: quante gomme fate in una stagione per la MotoGP?
“Siamo intorno alle ventimila gomme tra slick, wet e test”.
Quante ne portate ad ogni Gran Premio?
“Mille e duecento. Per poi utilizzarne circa seicento, la metà”.
Gli pneumatici cambiano a seconda del circuito, per esempio le gomme per il Sachsenring sono molto diverse rispetto a quelle che si usano al Mugello. Quante gomme di tipo diverso producete?
“Abbiamo una trentina di versioni differenti in totale, dieci per il posteriore e venti per l’anteriore. Con tutte queste combinazioni possiamo gestire l’intero campionato, poi ovviamente ci sono casi particolari come Sachsenring, Phillip Island e Valencia, che girano a sinistra in cui usiamo gomme asimmetriche sia all’anteriore che al posteriore”.
Ci spieghi tutto quello che dovremmo sapere sulle gomme preriscaldate? Sembrano un po’ quella materia oscura di cui
“In poche parole noi forniamo a ogni Gran Premio delle gomme nuove ai piloti. Hanno 15 anteriori e 12 posteriori, cosa succede: loro ne scaldano parecchie, poi però ne usano meno e così alcune ce le restituiscono. Queste gomme non hanno una resa complessivamente inferiore, tuttavia necessitano di un po’ più di tempo per entrare in temperatura. Non vanno meno bene e non hanno meno grip, ci mettono solo un po’ di più ad accendersi. Per questo motivo l’anno scorso abbiamo deciso di ridare quelle gomme ai piloti che le avevano preriscaldate”.
E quest’anno cambierete sietema.
“Forniremo gomme nuove a tutti i piloti per ogni Gran Premio, gli autorizziamo a prescaldarne quaranta. Passata questa cifra dovranno pagare una quota per ogni gomma preriscaldata. Lo facciamo per invogliarli a gestire meglio queste gomme e lo facciamo sapendo che quello che ne aveva scaldate meno ne ha utilizzate una trentina, quindi quaranta gomme sono più che fattibili”.
È vero che dipende molto dal capotecnico, cioé che a uno molto bravo ne bastano trenta, mentre a uno meno bravo ne possono servire anche settanta?
“Certo. Ci sono quelli che lavorano con più attenzione, che le riscaldano all’ultimo momento e lo fanno solo con quelle che pensano di adoperare, e altri capitecnici che scaldano tutte quelle che hanno a disposizione e poi ne usano due o tre per poi ridartene indietro quattro o cinque. Sono proprio sistemi di lavoro diversi, ma con la regola che adopereremo quest’anno chi lavorerà bene sarà premiato e chi gestirà male dovrà pagare delle penalità”.
Quante gomme ‘sbagliate’ individuate in una stagione?
“Tutte le gomme che escono dalla catena di montaggio dopo aver passato tutti i controlli di qualità sono buone, noi portiamo quelle in circuito. Pagare il trasporto per una gomma e poi scoprire in circuito che non è buona non avrebbe senso. Verifichiamo qui e poi lo facciamo anche in circuito, anche una volta montate ed equilibrate. Teoricamente sono tutte perfette. Poi sono gomme da MotoGP, non stradali: sono gomme molto sensibili alle sollecitazioni, alle pressioni e alla temperatura e di conseguenza vanno usate in buone condizioni per avere un rendimento ottimale. Poi è vero che ogni tanto si può sentire di una gomma più o meno performante, quando però andiamo a vedere i dati dietro troviamo sempre una ragione tecnica”.
Ci sono due o tre piloti veramente forti nello sviluppo della gomma? Quelli, insomma, più bravi a fornire indicazioni?
“In generale tutti sono buoni e spingono al massimo, poi c’è chi riesce a darti più informazioni sull’anteriore e chi sul posteriore, chi invece sul grip… hanno tutti una sensibilità diversa. Ma quando fai veramente dello sviluppo ci sono tre piloti che escono veramente dal gruppo e sono Marc Márquez, Luca Marini e Pecco Bagnaia. Loro hanno una sensibilità elevata e un vocabolario molto tecnico e preciso, che ti fa capire dove lavorare e migliorare”.