Poco prima del suo ritiro dalla massima serie Sebastian Vettel aveva alzato le spalle con quel fare che sembrava venire da lontano acquisito nel corso delle sue ultime stagioni in Formula 1: "Niente dura per sempre, arriverà il momento in cui nessuno si ricorderà di me". La consapevolezza lucida con cui aveva pronunciato quelle parole, senza desiderio di cambiare le cose o bisogno di sentirsi dire il contrario, aveva spiazzato tutti, lasciando i tifosi con un sentimento di malinconia viva, di tristezza profonda.
Il ritiro di Sebastian Vettel, al termine dello scorso anno, aveva così segnato un punto netto, un prima e un dopo. Perché a volte i piloti non sono solo piloti, campioni di velocità che corrono in giro per il mondo per abbassare tempi, toccare cordoli, dimostrare il proprio valore alla guida. Sono ragazzi che hanno scelto il destino della loro vita giovanissimi, sacrificando spesso l'infanzia, la normalità della vita privata, per inseguire tutti lo stesso sogno. Sono privilegiati, certo, ma sono prima di tutto persone.
Piloti che vogliono correre e basta o che fuori dalla pista hanno qualcosa da dire, piloti che amano esporsi o odiano farlo, che cambiano con il tempo o che restano sempre gli stessi. Ci sono piloti che al termine della loro carriera hanno vinto poco o nulla ma che comunque appartengono alla memoria collettiva di chi li ha seguiti, amati. E poi ci sono piloti che hanno vinto tanto ma che hanno comunque faticato ad entrare nei cuori delle persone, forse più adatti alla durezza della velocità che al mondo fuori dalla pista, fatto di interviste e visibilità.
Sebastian dentro questo mondo ha sempre navigato a metà: vincente in un'era solo sua, in una Formula 1 che ha dominato da bambino prodigio, da erede del suo stesso mito, Michael Schumacher. E poi perdente nel sogno più grande, quello di riportare alta la bandiera di Maranello con un mondiale voluto e mai arrivato. Lontano dalle luci dello spettacolo, attentissimo alla sua vita privata, senza social, senza comunicati stampa o paparazzate della sua famiglia, di sua moglie e dei suoi tre bambini, eppure allo stesso tempo esposto nello sport e nelle sue battaglie, dall'ecologia ai diritti della comunità LGBTQ+ fino alla sicurezza in Formula 1.
Nei suoi anni all'interno del circus Vettel è cresciuto, passando dall'essere quel ragazzino vincente, figlio del successo Red Bull, all'essere un uomo diverso, un padre e un fratello per molti dei ragazzi più giovani della griglia. Ha cambiato il proprio approccio nei confronti del sistema sportivo, ha criticato apertamente alcune scelte della massima serie, si è dato da fare per cambiare e far cambiare. Pensare di "dimenticarlo" quindi, non ha mai convinto gli appassionati. I suoi record saranno battuti, le sue vittorie diventeranno confuse nella memoria di chi le ha viste in diretta, ma lui - l'uomo - non sarà lasciato andare così facilmente.
E Suzuka 2023 ne è la prova. Il tedesco, tornato nel circus a quasi un anno di distanza dal suo ritiro, ha portato in pista un progetto sulla biodiversità e l'ecologia, invitando i piloti della griglia a partecipare alla presentazione, prendendosi del tempo in un normale giovedì nel paddock tra interviste e impegni. In curva due, lì dove i cordoli sono stati dipinti di giallo e nero per ricordare il colore delle api protagoniste del progetto, i piloti si sono presentati tutti. Sorridenti, tra abbracci e chiacchiere, pronti a fare tutto quello che Vettel gli avrebbe chiesto, a chiedere di più, informarsi, stare ad ascoltarlo.
Sono foto che segnano il tempo, che ci restituiscono un'immagine di un pilota che già conoscevamo così, nella naturalezza della sua diversità, nella semplicità con cui è sempre riuscito a unire, a farsi amare dagli altri. E nella malinconia di una mancanza che difficilmente dimenticheremo.