I soldi servono, ma la fame è quello che conta davvero. Perché è capace di farteli trovare. Potrebbe essere questa l’estrema sintesi dell’intervista rilasciata da Pol Espargarò ai colleghi di MotoSprint. Il pilota della GasGas, reduce da un tremendo infortunio e alle prese con continue voci sulla possibilità di un forzoso addio alle corse, ha voluto anche ribadire che per la prossima stagione, così come KTM gli ha garantito, si vede ancora in sella alla sua moto, come previsto dal contratto firmato nel 2022 con il marchio austriaco.
A catalizzare l’attenzione, però, sono state altre dichiarazioni di Espargarò e, in particolare, quelle in cui sembra puntare un po’ il dito sulle nuove generazioni di piloti. Ragazzi che magari hanno talento e tanto manico, ma che non sembrano disposti a soffrire abbastanza. Forse perché non abbastanza innamorati delle motociclette e delle corse con le motociclette. Come se ci si trincerasse tutti e un po’ troppo dietro al falso mito che in questo mondo arriva solo chi ha un mare di soldi da spendere. “Mio papà – ha raccontato – faceva solo il meccanico. Non eravamo certo una famiglia ricca. Eppure io e mio fratello Aleix siamo arrivati nel mondiale”. Una storia, quella dei due fratelli Espargarò, cominciata proprio a due passi dal circuito di Barcellona, dove domenica si disputerà il gran premio. “Il suono delle moto che giravano ci ha accompagnati fin da bambini – ha proseguito Pol – Papà guadagnava appena il necessario per far stare dignitosamente la nostra famiglia. La mia fortuna e quella di Aleix è stata questa: mio padre era bravo a riparare le moto, quindi l'assistenza era gratuita. Anche mio nonno mi ha aiutato molto , con qualche piccolo sponsor. Era complicato, infatti, mi ricordo che mio fratello Aleix ha anche dovuto fermarsi . Però eccoci comunque entrambi. La fame di andare lontano ci ha portati avanti. Inoltre, per fortuna e nel momento decisivo, è arrivato a sostenerci uno sponsor catalano, capace di aiutarmi durante la mia infanzia. È così che ho potuto costruire un percorso solido, con una vera e propria carriera professionale, che si è poi consolidata negli anni”.
Il racconto di una storia personale, quindi, per spiegare che quando c’è la volontà, quella vera e che divora, anche trovare i finanziamenti necessari per mettersi in mostra nelle corse si trovano. Qualcosa di molto simile l’aveva raccontato proprio a MOW anche il babbo di Enea Bastianini.
“Ci sono tanti piloti con la valigia piena di soldi – ha aggiunto Pol Espargarò - ma con poca voglia di vincere. Bisogna avere fame. Io lo sapevo già da bambino, mi dicevo: 'Pol, o arrivi in cima, o farai qualcos'altro'. Perché qui presto ti fermerai se finiscono i soldi”. Il problema, però, è che - così come è strutturato il percorso sportivo di un giovane pilota – spazio per “prepararsi” in altri settori non c’è e questo è proprio ciò che Espargarò imputa attualmente al movimento del motor sport: “Il motociclismo, nel tempo, sta crescendo in termini di professionalità. Ciò significa che, sia da bambini che da adolescenti, i piloti sono costretti a pensare esclusivamente a costruire una carriera professionale. Chi di noi ha frequentato regolarmente le scuole? Chi ha studiato? Soldi a parte, chi di noi può intraprendere una professione diversa dal motociclismo?”.