Sulla parte posteriore del casco di Sofia Goggia è disegnata la skyline della sua Bergamo Alta. Lei la accarezza ogni volta, al cancelletto di partenza, prima di una gara. Si porta le mani dietro la nuca, lì dove viene fissata la maschera, come per sincerarsi che sia tutto a posto, che a casa stanno tutti bene. Lo fa anche oggi, dalla sommità dell’Olimpia delle Tofane, 2320 metri sul livello del mare dai quali si vede tutto: Cortina d’Ampezzo, le Dolomiti che il mondo intero ci invidia, il cielo blu, una pista bianca delimitata dalla vernice azzurra e da poche porte sparse, tra le quali Sofia potrà pennellare le linee della sua discesa libera.
Lassù, a quelle altitudini, i pensieri diventano puri, nitidi. Sai alla perfezione ciò che desideri dalla vita e sai ancora meglio quello che non vuoi. L’aria gelida, pungente, rarefatta, schiarisce le idee meglio di qualsiasi sgrassatore magico propugnato dalle pubblicità in televisione. Sofia vuole evitare errori, perché i due zeri di Sankt Anton sono ancora freschi: solo una settimana fa in Austria siglava uno dei weekend più deludenti della carriera, in cui avrebbe potuto conquistare tutto (discesa e Super G) e dal quale – invece – è tornata a casa a mani vuote, scottata dai rimpianti e dalle escoriazioni. Per gettare subito Sankt Anton nel dimenticatoio, servirebbe una vittoria sulle Tofane, dove ha già vinto tre volte e dove – facendosi male nel 2022 – ha apparecchiato l’impresa più assurda della carriera, presentandosi venti giorni più tardi sulle nevi cinesi per conquistare l’argento olimpico, che senza un crociato lesionato e una microfrattura alla tibia sarebbe stato probabilmente oro.
Per riscattarsi Sofia indossa il pettorale numero 15. In ricognizione chiude gli occhi e con le braccia mima i dossi della pista, una visione tutta sua che dura un minuto abbondante. È la favorita dopo aver dominato le prove cronometrate, è la prediletta di un pubblico che impazzisce anche per Brignone e Vonn, ma che per Goggia si inventa qualcosa in più: “Direttamente da Vicenza, con la polenta, per vedere Sofia contenta” – recita uno striscione nel parterre. Scatta decisa la sciatrice classe 1992, che sceglie traiettorie strette nella parte alta, prima di proiettarsi in avanti per il salto dello Schuss. È un corridoio ripido racchiuso da due creste rocciose, dove i fotografi si appostano per immortalare uno dei passaggi più suggestivi della Coppa del Mondo e il drone della regia internazionale sembra ansimare per inseguire Goggia, che arriva nella sezione del Duca d’Aosta con lo stesso parziale di Kajsa Lie e Federica Brignone, dominatrici provvisorie di una gara tiratissima, in cui le prime dieci in classifica sono impacchettate in sette decimi.
Dalla Gobba dei Delta in poi si entra in una dimensione eterea; acqua fuoco terra e aria erano gli elementi fondamentali conosciuti da Aristotele, che non ha fatto in tempo a vedere Goggia sull’Olimpia delle Tofane: la quintessenza. Una fusione viscerale tra neve, grinta, forza fisica e geometrie applicate alla realtà di una pista che Sofia affronta come se fosse di sua proprietà, come se i nomi di quelle curve li avesse inventati lei. Precisa e con evidente velocità di percorrenza al Gran Curvone, fluida nel punto cieco dello Scarpadon, che la proietta con spinta alle Pale del Rumerlo, un salto sghembo scavalcato senza scossoni da Sofia, l’unica capace di evitare lo sbacchettamento degli sci in uscita. Le ultime tre porte sono una formalità prima del traguardo, dove Goggia rifila mezzo secondo di vantaggio a Lie e Brignone: un’eternità.
È la quarta vittoria nella discesa libera delle Tofane per Goggia, che davanti a sé vede solo Lindsey Vonn, con sei successi. Nella classifica della Coppa di specialità, invece, ora è preceduta esclusivamente da Federica Brignone. Al traguardo verrà abbracciata calorosamente da Lindsey, con rispetto da Federica, e con ammirazione da Alberto Tomba, spettatore della discesa libera anche quando era in attività. A Cortina d’Ampezzo, posto del cuore, il mondo dello sci si è nuovamente disteso ai piedi di Sofia. Cinque mesi fa stava per ritirarsi, ora mangia la polenta di quei tifosi vicentini. Non è sazia ma forse, per un giorno, può ritenersi contenta. Come non la si vedeva da tempo.