Dalle reti che dividono il pubblico dalla pista di Fiorano spuntano mani tremanti, cappellini da autografare, cellulari per scattare fotografie e grandi bandiere. Fa freddo, il mondiale di Formula 1 non è ancora iniziato e chi si trova lì, schiacciato davanti alle transenne di un autodromo quasi vuoto, non è arrivato da lontano per godersi lo spettacolo di un weekend di gara. Non ci sono podi, classifiche, sorpassi e incidenti, non c'è l'adrenalina della Formula 1.
In un giorno di fine gennaio a Fiorano c'è solo un test, una delle sessioni che nei tre giorni concessi alla scuderia Ferrari, anima la pista con il rombo della SF21 guidata per la bellezza di 123 giri da Charles Leclerc. E sono lì tutti per lui, i tifosi infreddoliti che si infilano nei punti migliori per riprendere le scene di quello che per il monegasco della Ferrari è un allenamento, un ritorno alla guida dopo la breve pausa invernale. Qualcuno c'era anche il giorno prima, ad assistere al giorno di test del compagno di squadra Carlos Sainz, ma la folla arrivata per Leclerc è visibilmente maggiore. Sono tanti, davvero tanti, i ragazzi a Fiorano.
Quando li vede Charles sembra il ragazzo che è, un 25enne che da sempre ha solo voluto una cosa: indossare quel colore, quel simbolo di Maranello, vedere su di sé il mito che lui stesso ha provato e tentare, con tutta la dedizione che conosce, a farlo provare anche agli altri. Per ringraziarli di essere lì, di aver sopportato il freddo di gennaio solo per guardarlo girare in pista per tutto il giorno, Leclerc si mette a fare donuts sull'asfalto e sceso dalla monoposto corre davanti alle reti che lo dividono dal pubblico e si mette a firmare autografi, magliette, bandiere e cappelli.
Leclerc si illumina, davanti alle persone, come se il sogno di guidare una Ferrari lo ritrovasse lì, nella speranza di chi trova sempre il modo per esserci. Come se i momenti più difficili di una convivenza non sempre lineare si appianassero davanti ai tifosi, al calore di un desiderio condiviso: quello di vederlo riportare un titolo a Maranello.
Ed è proprio davanti a quelle reti di Fiorano che si vede, chiarissima, la fortuna che Leclerc ha. Lui che al contrario del suo rivale di sempre, Max Verstappen, ancora non ha due titoli mondiali a fare da scudo sulle insicurezze, a dirgli che il migliore lo è già stato e può tornare ad esserlo in ogni momento. Lui che non ha la squadra solida e costante di George Russell, che cresciuto nell'ambiente Mercedes ha sempre visto - chiare e fondamentali - le sue guide a cui fare riferimento, ptima su tutti quella carismatica e protettiva di Toto Wolff. Charles fa da collante, lo sa bene, e dopo la partenza di Binotto e l'arrivo di Vasseur è rimasto lui, figura di riferimento, a fare da parafulmine su una squadra spesso criticata, messa sotto la lente di ingrandimento di stampa e appassionati.
Lui che non ha neanche la certezza, almeno per il momento, di essere per la Ferrari la prima guida, al contrario degli altri team che da subito hanno messo in chiaro la punta con cui volersi giocare il titolo. "Lo deciderà la pista" ha chiarificato Vasseur nel suo primo incontro con la stampa, dicendo che sì - al contrario di quanto voluto da Binotto nel 2022 - la Ferrari avrà un primo pilota, ma che starà ancora una volta a Leclerc, in rosso dai tempi della Ferrari Driver Academy e secondo nel mondiale piloti alle spalle di Verstappen, dimostrare di potersi prendere questo diritto.
Lui che non ha conferme di realizzazione, di quel suo sogno di sempre. Che potrebbe non diventare mai un campione del mondo Ferrari, così come potrebbe riscrivere la storia della scuderia portando un titolo a Maranello. E lui che, in mezzo a tutte le cose che non ha, ne possiede una chiarissima e impossibile da negare. Charles Leclerc è stato per la Ferrari un catalizzatore, un ragazzo arrivato giovanissimo, carismatico nei successi e nelle sconfitte, detentore di vittorie che saranno per sempre memorabili - su tutte quella di Monza 2019 - e che dentro una personalità così giusta, così centrata e adatta allo stile di Maranello, ha trovato la risposta di cui aveva bisogno.
Ancora più pressione, certo. Ancora più aspettative e più rischio, per il monegasco che tutti vorrebbero vedere sul gradino più alto del podio. Per il ragazzo che nella vita ha perso tanto, che ha imparato ad essere tutto cuore, prima di essere testa, per lui che a 25 anni si è ritrovato ad essere accentratore e perno di una realtà complessa, complicatissima da sempre, come Ferrari.
Un ruolo difficile quello si ritrova oggi a portare sulle spalle Leclerc ma che gli pone tra le mani una forza che nessun altro ha. Le mani che passano tra le reti di Fiorano, le bandiere che sventolano in un giorno di gennaio senza competizione, la folla che lo accoglie a Monza, a Imola, a Maranello, a Monaco e in giro per tutto il mondo. Lui, monegasco tutto sogni e tutto cuore senza titoli mondiali e certezze, ha già qualcosa di suo. E da lì dovrà ripartire quest'anno.