C'è un padre che trattiene a fatica le lacrime, sotto al podio di Melbourne. C'è una squadra che grida l'Inno di Mameli, con il sorriso stampato in faccia di chi non poteva sognare giornata migliore. Ci sono due ragazzi vestiti di rosso sul podio, nelle posizioni più alte, a festeggiare una doppietta Ferrari che in Australia mancava da 20 anni. C'è una vita al contrario lì, a Melbourne, dall'altra parte del mondo, in quel "down under" in cui tutto sembra possibile. E allora sorride per tutti, per gli increduli e per i dubbiosi, Carlos Sainz. Sorride scuotendo la testa davanti a quella che definisce una montagna russa: "Una vita imprevedibile", che lo ha portato lì, sul gradino più alto del podio di Albert Park.
Il suo anno era iniziato nel peggiore dei modi possibili con l'ufficialità del mancato rinnovo in Ferrari per il 2025 e la decisione, di Maranello, di ingaggiare in rosso il sette volte campione del mondo Lewis Hamilton. Poi il via della stagione con il podio in Bahrain, le prospettive per concretizzare ottimi risultati, e lo schiaffo in faccia a meno di una settimana da quel primo weekend di gara: appendicite a Jeddah, in Arabia Saudita, operazione d'urgenza e niente Gran Premio per lo spagnolo. Da lì la corsa al recupero in tempi brevissimi, quelli imposti da questa Formula 1, e l'arrivo incerto in Australia: "Se non starò bene sarò il primo ad alzare la mano", aveva detto Carlos, consapevole di non essere al meglio delle proprie capacità.
Scuote la testa ripensando a tutto quello che è successo in queste ultime settimane e se ne sta lì, al parco chiuso del circuito australiano, mentre viene intervistato da vincitore, per primo. Ride tra sé, dimenticando ogni fastidio, ogni difficoltà fisica e mentale, forte di un orgoglio che brilla sul suolo di Melbourne. Non è eroismo, non è follia: Carlos ha lavorato duramente per riprendersi e per tornare a correre, e lo ha fatto dimostrando qualcosa a sé stesso e agli altri. Sta cercando un sedile in vista del 2025, il migliore possibile, e un risultato come quello appena ottenuto non può che valere come una medaglia d'oro, una stella sulla tuta che gli altri team dovranno considerare in questo folle gioco di sedili e contratti.
A congratularsi con lui, quando ancora è seduto in macchina, arriva Charles Leclerc. La schiena dritta di chi gioca di squadra, la testa al campionato con un risultato - il suo secondo posto - che lo porta a soli quattro punti nella classifica piloti da Max Verstappen, ma allo stesso tempo il guizzo della delusione di un pilota che secondo non vorrebbe essere mai. Un lampo d'orgoglio, anche il suo, che fa spazio ai sogni sul futuro di questa rossa: la macchina migliora, le prospettive per una stagione in crescita ci sono, e il suo futuro in Ferrari - scritto in un contratto pluriennale firmato pochi mesi fa - appare oggi più concreto che mai. Un secondo posto che mostra i problemi nel weekend avuti dal monegasco, soprattutto durante le amate qualifiche, ma che vale la gloria di un risultato complessivamente più importante, mentre lì - a pochi punti da Verstappen - sorride immaginando un domani tutto da scrivere.
Orgoglio di ragazzi in rosso, ognuno rivolto a una sfida diversa, a un futuro che non li vedrà più compagni di squadra, a un campionato appena iniziato. Orgoglio come quello di Max Verstappen, furioso per il suo primo DNF dopo 44 gare, nella reazione di un leone che non accetta nulla, mai, neanche l'ombra di una sola sbavatura. Ora la Red Bull "deve capire" ammette Helmut Marko, più preoccupato dai risultati di Sergio Perez, mai davvero in gara per il podio, che dal problema che ha causato il ritiro dell'olandese. Orgoglio da ritrovare anche in casa Mercedes, con un doppio ritiro che pesa sulle spalle di un Toto Wolff sempre più demotivato, e nelle teste di tutti gli altri team principal, piloti e addetti ai lavori.
Piccole e grandi sfide, obiettivi a portata di mano o impossibili che siano, speranze e sogni mentre il sole tramonta su Albert Park e sorge qui, in Italia, colorato di rosso. A Melbourne, lì giù, dove tutto è possibile, e dove due ragazzi vestiti con i colori di Maranello possono fantasticare prospettive e ambizioni su un mondiale che fino a questo momento non avevamo neanche avuto il coraggio di immaginare.