Nel 2023 la Formula 1 correrà 24 Gran Premi, la MotoGP arriverà a 21. Per il motomondiale è una crescita continua che, dopo lo stop causato dalla pandemia, sta portando il campionato sempre più lontano dall’Europa e sempre più esigente in termini di impegno, specialmente considerando che con le gare sprint i GP diventeranno 42.
Un piccolo infortunio al momento sbagliato dal prossimo anno sarà molto più rischioso, ma non solo, perché i nuovi GP d’India e Kazakistan richiederanno molto più tempo nel paddock a chi lavora con la MotoGP: trasferte più lunghe, tempi dilatati e meno giornate da passare a casa con la famiglia. Cosa che, per quanto alcuni piloti non abbiano voluto fare grosse dichiarazioni, non è piaciuta a nessuno. Alex Rins, che dal prossimo anno correrà con la Honda del Team LCR, ci ha scherzato sopra in una dichiarazione raccolta da Crash.net: “Mia moglie cambierà la serratura”, per poi aggiungere che “è bello scoprire nuovi posti, nuovi circuiti. Sarà più difficile perché saremo spesso lontani da casa, ma il calendario sembra bello”.
Chi si è detto piuttosto felice della situazione invece è Jack Miller, che pur vivendo ad Andorra come tanti altri piloti ha sempre sofferto la distanza con l’Australia: "Abbiamo tantissime gare, ma mi piace come sono state pensate: una gara in meno in Spagna, due nuovi paesi. È fantastico che il campionato si allarghi un po' di più, piuttosto che avere sede esclusivamente in Europa. Mi piace l’idea di diffondere questa passione e mi piace portare la MotoGP in giro per il mondo. Penso che questo sia l'obiettivo ed è così che dovrebbe essere. Il calendario sembra buono, l'ultima gara è alla fine di novembre, quindi ci fermiamo un po' più tardi, ma inizia un po' più tardi a Portimaõ”. Jack ha ragione: l’ultima gara del prossimo anno, a Valencia, la si correrà il 26 novembre e farà freddo, forse troppo per le delicatissime MotoGP alle quali servono condizioni ideali per rendere al meglio.
La cosa più importante però l’ha detta Aleix Espargarò quando, in Thailandia, il calendario è stato ufficializzato: “Io sono fortunato perché posso portarmi dietro la famiglia, i meccanici e chi lavora nel paddock però no e per loro sarà ancora più stressante”. Ed è questo il punto. Chi lavora in MotoGP lo fa per amore dello sport, dei motori e della competizione, non per denaro e non certo per la stabilità contrattuale. Spesso i contatti di chi lavora nei team sono di un anno o due e vengono rinnovati di volta in volta perché tutto è soggetto al denaro degli sponsor, che possono arrivare come andarsene. Cosa che, se chiaramente può dipendere dai risultati sportivi ma non soltanto. L’anno scorso Marc Marquez aveva già chiesto a Dorna di fare attenzione a questo aspetto: “Dobbiamo mettere un freno”, aveva spiegato durante una conferenza stampa. “Altrimenti rischiamo di non fermarci più”. Anche perché trovarsi senza freni in MotoGP non è mai una buona idea.