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Questo sogno chiamato Slam: Jannik Sinner ci trascina nella storia del tennis

  • di Giulia Toninelli Giulia Toninelli

28 gennaio 2024

Questo sogno chiamato Slam: Jannik Sinner ci trascina nella storia del tennis
Una giornata indimenticabile per lo sport italiano: Jannik Sinner vince il suo primo Slam in carriera battendo il russo Daniil Medvedev nella finale degli Australian Open in una partita tiratissima, chiusa in cinque set di forza e sofferenza. Un successo che l'inizio di una grande storia d'amore, un sogno collettivo dai capelli rossi

di Giulia Toninelli Giulia Toninelli

Sul campo degli Australian Open di due anni fa una farfalla si è posata sul cappellino bianco di Jannik Sinner dopo averlo distratto per qualche minuto volandogli attorno durante le interviste post match. È una farfalla fortunata, dicono tutti. La stessa, nell'immaginario comune, che negli anni ha protetto le imprese di Novak Djokovic, il successo di Naomi Osaka e le partite di decine di altri tennisti arrivati sul campo blu del Melbourne Park. Quello degli AO è lo "Slam felice" perché in Australia tutto ha un colore e una forma diversa, perché è il primo grande appuntamento dell'anno, e mentre la pressione si fa sentire sulle spalle degli atleti chiamati a migliorarsi, a rifarsi o a restare al massimo, l'allegria sugli spalti non assomiglia a quella di nessun altro luogo al mondo nel panorama del tennis internazionale. 

C'è voluto del tempo, a quella farfalla, per portare davvero un po' di fortuna a Jannik Sinner e ritrovarlo lì, due anni dopo, sul campo di Melbourne Park nella sua prima finale Slam in carriera. Anche se si sa, nel tennis come nella vita, la fortuna conta fin dove vogliamo vederla, per il resto c'è il talento, il lavoro, la capacità di cambiare rotta e ricominciare, di sbagliare e non arrendersi. Perché in questi ultimi due anni il giovane italiano ha dovuto affrontare gli alti e bassi più complessi della sua carriera, mettendo a dura prova i nervi sottili dei suoi vent'anni. Ha combattuto contro le critiche sfrontate di una stampa che lo ha definito "poco italiano", ha rivoluzionato il suo team affidandosi a un nuovo staff, ha perso là dove tutti erano convinti potesse vincere e poi ha vinto dove si credeva fosse destinato a perdere. 

Un viaggio incredibile che vale una vita intera e che oggi ce lo restituisce lì dove - da un anno a questa parte - avevamo la convinzione potesse arrivare: al successo di uno Slam, il suo primo in carriera, a soli 22 anni. "Il primo di molti" dicono tutti, dagli avversari ai giornalisti, dagli ex tennisti agli ex critici (che oggi invece lo esaltano applaudendo con più forza degli altri). Un titolo che è arrivato dopo una cavalcata mitica, senza mai perdere un set nel torneo fino alla semifinale, dove è poi riuscito a sconfiggere il re Novak Djokovic, mettendolo al tappeto per la terza volta nel giro di pochi mesi. La consacrazione è arrivata in finale dove un Daniil Medvedev al meglio di sé sembrava pronto a distruggere Sinner: due set da dimenticare per l'italiano, poi il cambio, la leggerezza ritrovata come il volo di una farfalla australiana. Jannik era visibilmente teso, mangiato dall'ansia di una priva volta così importante, consapevole del peso di questa giornata. Quando le cose sembravano volgere verso la sua sconfitta, Sinner si è così improvvisamente rilassato, iniziando a giocare un tennis diverso, molto più completo, simile a quello che gli abbiamo visto mettere in campo negli altri giorni gloriosi del suo cammino verso il successo. 

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Già perché questo, questo sogno chiamato Slam, è un obiettivo collettivo, un collante che unisce tutti i tennisti, che li spinge dagli inizi delle loro carriere ad affrontare il dolore fisico e mentale, gli infortuni e i periodi di stop, i ranking che senza pietà mostrano punti, ascese e discese, numeri come documenti identificativi del proprio talento. Questo sogno chiamato Slam che passa da tornei infiniti, da preparazioni che cambiano a seconda della terra su cui giocherà il torneo, dalla forza e le capacità degli avversari che si affronteranno e dai propri limiti, in costante cambiamento.

Da quella farfalla sul cappellino di un ragazzo che due anni fa era già il talento fuori dal comune che oggi abbiamo davanti, tante cose sono cambiate nella vita di Jannik Sinner. L'essersi affidato alla guida di Darren Cahill, la consacrazione delle Finals di Torino 2023, il successo immortale della Coppa Davis e - oggi - il suo primo, indimenticabile, Slam. Una carezza all'Italia, un buongiorno scritto sulla telecamera come quello dopo la vittoria in semifinale, un abbraccio stretto per questo ventenne dai capelli rossi che è figlio e fratello, orgoglio e futuro.

Un miracolo, per noi che lo guardiamo. Un amore per il tennis ritrovato, un viaggio che è appena iniziato. Una giornata capovolta che nessuno avrebbe mai immaginato. Ma per lui, per il Sinner bambino che oggi alza per la prima volta la coppa più importante, questo è un obiettivo inseguito per tutta la vita. Lui che si sdraia distrutto sul campo del Melbourne Park consapevole che sì, è davvero arrivata quella cosa lì, ed è arrivata soffrendo fino alla fine, senza niente di regalato, con la compostezza di un ragazzo che entra nella storia a modo suo. Questo sogno chiamato Slam, oggi è di Jannik Sinner, vincitore gli Australian Open 2024.

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