La prima volta che ho incontrato Rachel Jimenez Rodriguez è stato a Valencia, ultima gara di Valentino Rossi in MotoGP. Stava entrando nel paddock, seduta su di una carrozzina elettrica col manubrio. Quell’anno l’avevo già vista, sullo schermo del computer, decine e decine di volte, stampata in quel riquadrino per la foto autore che sta accanto agli articoli. Il sito: MotoSan, uno dei più seguiti in Spagna. Lei: il sorriso largo e una spalla inclinata verso l’alto.
Un anno più tardi eccola di nuovo, seduta in prima fila nella sala stampa di Misano in modo da poter parlare coi piloti senza doversi spostare troppo. Le ho chiesto un’intervista dopo il venerdì delle libere e l’abbiamo registrata sabato, nel tardo pomeriggio, quando il paddock è meno nervoso e i piloti si stanno preparando per andare a cena. Parliamo per circa mezz’ora in spagnolo, è una bella storia. Rachel non scrive più per MotoSan: si è aperta il suo sito, Piel De Asfalto, in cui racconta praticamente qualsiasi cosa si muova dentro un circuito.
Qualche giorno più tardi cancello l’intervista per sbaglio, aggiornando il telefono. Che è un po’ come inciampare con tre pizze in mano se fai il cameriere: il lavoro va rifatto ed è solo colpa tua. Così ci abbiamo riprovato, con una lunga chiacchierata via Zoom.
Ok, dimmelo di nuovo. Chi è Rachel Jimenez Rodriguez?
“Ho 24 anni, mi sono appassionata delle corse da piccola perché mio padre ogni tanto andava in circuito a vedere le moto. Niente di assurdo, lo faceva per le occasioni, come i finali di stagione, diciamo che non era appassionatissimo. Però la prima volta che mi ha portato mi sono innamorata. Non ricordo l’anno, so che eravamo a Valencia e che riuscimmo ad entrare nel paddock: ho visto quel mondo, conosciuto i piloti: un'emozione spaventosa. Ricordo di aver fatto una foto con Dani Pedrosa, non riuscivo crederci”.
Che pensa tuo padre del tuo lavoro?
“Mi appoggia moltissimo. È una cosa che abbiamo tra di noi perché a mia madre piace, ma noi viviamo le corse in un altra maniera. È stato lui che mi ha detto di provare con il giornalismo, o meglio: io volevo farlo ma non ci credevo, ero convinta di non potercela fare. Mio padre mi ha detto senti, se lo vuoi davvero fallo e ci riuscirai”.
Hai fatto una scuola di giornalismo?
“Ho cominciato a scrivere prima dell’università, poi un poco alla volta sono riuscita a scrivere per i siti e ad entrare nel paddock. Ricordo bene la mia prima intervista, ero nervosissima. Quando ho riascoltato l’audio ho sentito la mia voce tremare. Era con Maverick Vinales, alla presentazione del Team Movistar Yamaha a Madrid. C’era anche Valentino ma con lui era impossibile, troppa gente attorno. Quando ho parlato con Maverick è stato tutto naturale, ho capito che era quello che dovevo fare. Guadagnare dei soldi con quello che per te è vita e passione è una cosa molto rara. Una sensazione stranissima”.
Come ti sei trovata a vivere su di una sedia a rotelle?
“Guarda, avevo sei, sette anni. A quattro anni ero stata operata di tumore e sembrava avessimo superato la cosa, invece nel frattempo si era riprodotto e così mi hanno operato di nuovo, ma alla fine sono stata costretta in sedia a rotelle perché non erano riusciti a ripulire tutto. Io non ho mai preso questa invalidità come un ostacolo a fare le cose, il contrario: mi ha dato più motivazione per fare quello che sogno. Voglio vivere, fare le cose per bene. Ora nel paddock quando mi scontro con un problema, una difficoltà, lo dico, perché spero che poi diventi più facile anche per altri nella mia situazione. Spero di poter cambiare le cose”.
Quanto è difficile per te arrivare in circuito?
“Quest’anno è stato il primo in cui sono andata in tanti circuiti e posso dire che Dorna mi aiuta moltissimo. Al primo Gran Premio mi hanno detto ‘senti, tutto quello che può servirti, qualunque difficoltà tu possa avere, diccelo che troviamo il modo per far funzionare le cose’. Poi, prima di un Gran Premio, mi mandano tutte le informazioni utili. A Misano per esempio ho avuto il contatto di chi gestiva il circuito per fare in modo che non ci fossero difficoltà e sapere dove trovare accessi, ascensori e via dicendo, il che mi ha aiutato moltissimo. Poi ci sono cose che non posso fare, per esempio i piloti Honda parlano dal primo piano della loro hospitality ed io lì non ci posso salire, c’è poco da fare. Però è vero che in tutti i circuiti mi aiutano moltissimo per quanto i viaggi siano un’odissea”.
Per esempio?
“Quest’anno il peggiore è stato di gran lunga Le Mans. Orribile. Adattato malissimo. Avevo l’hotel a cinque, dieci minuti dal circuito, al punto che la mattina sentivo le moto girare. Ma ogni volta ci voleva un’ora e mezza ad entrare”.
In moto ci andresti mai?
“No, no! Me cago!”.
Però hai un bel rapporto con molti piloti.
“Si, è vero! Ormai sono sette anni che giro per il paddock, molti mi conoscono e ci vediamo spesso. Quello a cui sono più affezionata è Pol Espargarò, l’ho conosciuto la seconda volta che sono andata a vedere una gara e non sapevo chi fosse. C’era questo ragazzino… lui è stato super, super gentile con noi, abbiamo anche parlato un po’. E lì mi sono proprio innamorata, ogni volta che andiamo in circuito finiamo a parlare. Una volta a Misano… Io sono una persona molto spontanea. Sai, giro con questa carrozzina elettrica che mi permette di muovermi in autonomia. Capita però che si spenga, a volte succede. E mi è successo lì nel paddock quando dovevo andare ad intervistare un pilota. Ho incontrato Pol Espargarò e gli ho detto che la mia moto non andava, lui mi ha risposto ‘si, come la mia Honda!’. Quel momento lo ricordo bene, è stato molto divertente. Ho un bel rapporto anche con Fabio Quartararo, mi ricordo quando ha cominciato a correre in Moto3. Sai, ora per lui le cose vanno benissimo e ha tanti fans, ma prima non era così. E il fatto che lui stia tanto con chi lo sosteneva anche nei momenti duri gli dà anche valore come persona.”.
Il tuo sogno in questa MotoGP?
“Vorrei lavorare come addetto stampa per una squadra. All’inizio non sapevo nemmeno esistesse questa figura, pensavo a fare la giornalista. Quando ho scoperto che esisteva il lavoro di addetto stampa mi sono detta che avrei voluto fare quello”.
Magari per Pol?
“No saria nada mal!”
Come racconti il paddock a chi non ci è mai stato?
“Beh, lo dico sempre ai miei amici, a quelli che non amano le moto: se entri in circuito ti innamori. Almeno per me è stato così. A me lo sport piace, penso al tennis per esempio, ma non mi appassiona più di tanto. Ho visto delle partite e mi sono piaciute, non così tanto da dire che mi vorrei dedicare a quello però. Invece sono entrata in circuito e guardami adesso, sono qui. Penso che se la gente vedesse una gara da dentro si innamorerebbe dello sport”.
A volte è dura però.
“Di sicuro, ma la verità è che ogni persona ha il suo mondo e ognuno ha i suoi problemi. Quello che è certo è che nessuno lo farà per te. Non c’è nulla di facile, per nessuno. Se hai un sogno devi lottare. Nient’altro”.