Un dito sulla tuta, all'altezza del cuore. Qui, sembra dire, sta tutto qui. Lo stemma è quello più famoso del mondo, il sogno di ogni bambino: un cavallino rampante. Charles Leclerc lo indica con sicurezza e sorride, finalmente.
È il tramonto di un venerdì che somiglia a un sabato, il finale di una qualifica che segnerà la griglia di partenza della gara di domenica e il monegasco ha conquistato la sua prima pole della stagione dopo un inizio di campionato da buttare. Mai così male, da quando corre con la Ferrari. Mai così in discussione, lui e la squadra, la squadra e lui. Che "forse non ha la testa", che "forse si è stancato", che "potrebbe andarsene addirittura prima del 2024" e che "si sa, sta parlando con Mercedes".
Serviva qualcosa, qualsiasi cosa questo ragazzo potesse tirare fuori dal casco, e quel qualcosa è arrivato. È stato un mese duro per lui, di quelli duri per davvero, dove la pressione schiaccia anche chi ci vive dentro da sempre e dove i vestiti stanno stretti, impossibili da indossare, anche se hanno i colori della tuta da corsa che hai sempre desiderato portare.
Serviva qualcosa per tornare indietro, a un sogno senza illusioni, a una passione che non ha mai avuto niente a che fare con titoli, dichiarazioni, insinuazioni e copertine di giornali. E dove allora, se non a Baku? Tra le strade di una città scolpita dentro la pietra, in una pista difficile e al limite come quelle che piacciono a lui, Leclerc ha ricominciato. "Che la nostra stagione cominci da qui", ha detto Vasseur sorridendo - anche lui per la prima volta da quando è in Ferrari - dopo la pole di venerdì di Leclerc.
Un primo posto seguito da un'altra pole, il sabato nella qualifica dedicata alla sprint race in questo nuovo format, e a una seconda posizione nella gara sprint del sabato pomeriggio. Si arrende alla forza della Red Bull di Perez, Leclerc, ma resiste a un Verstappen "zoppo" dopo il contatto con Russell al primo giro. "Sono ancora lontani, domani sarà durissima" dice il monegasco pensando alla gara di domenica, ben consapevole che vincere sarà - salvo follie - davvero impossibile.
E come volevasi dimostrare la gara, domenica, è tosta per lui: con le Red Bull non si scherza, il distacco è troppo grande. Le lascia sfilare via e le guarda da lontano, mantenendo saldo un terzo posto che si trasforma in un podio. nel primo podio della Ferrari in questo 2023.
Sa bene dov'è, dove sono come squadra, ma lo dice con il sorriso di chi ha ritrovato qualcosa. La strada, la voglia, la speranza, la taglia giusta di una tuta rossa in cui entrare con convinzione dopo un inizio di 2023, e una fine di 2022, complicatissimo sotto tanti punti di vista. Picchia il dito sul cuore: qui, è qui che voglio stare. Vincere, provarci almeno.
I muri stretti di Baku hanno l'aspetto di sempre, quello di storie che hanno già condiviso. Nel 2017, l'anno dove niente è stato più uguale: la morte del padre a pochi giorni dal via del weekend, la decisione di andare e correre nonostante tutto. "Vengo a Baku, vinco e poi tornerò per seppellire mio padre" disse a Maurizio Arrivabene, salito sull'aereo diretto in Azerbaigian. Il successo, a Baku e in tutto il resto del campionato di F2, il contratto in Formula 1, il dolore e la felicità insieme dentro a una storia dai contorni sbiaditi.
Nel 2018 poi, al suo primo anno nella massima serie, con i primi punti della sua carriera conquistati con Alfa Romeo proprio a Baku. Poi le pole, negli anni successivi, il suo colpo vincente nel giro secco, la voglia di tornare, sempre: "Adoro questa pista - ha detto giovedì appena arrivato - "speriamo di poter far bene".
Bene a chi a Maranello raccoglie i pezzi di una rivoluzione appena iniziata, bene alla passione dei tifosi, a chi da questo mondiale si aspetta tanto Verstappen e poche emozioni. E bene a lui, che spinge lo stemma sul cuore: qui, il Cavallino. Sogno di tutti, di ogni bambino. E sogno suo.