È stata una montagna russa la carriera di Robert Kubica. Di quelle che toccano i più alti picchi di velocità e si arrotolano su se stesse mille volte prima di tornare pari. Di quelle che non ti fanno mai prendere aria e ti smuovono così tante cose dentro la pancia che per qualche istante ti rendono mero spettatore di quello che ti succede. Tra le strade di Cracovia, in Polonia, Robert si è innamorato perdutamente del mondo dei motori, che tanto ti da quanto ti toglie, e non se ne è mai stancato, nonostante tutti gli ostacoli che gli ha messo davanti. Formula 1, kart, rally, endurance: Kubica di motori ne ha visti di tutti i tipi. Dai campionati polacchi a quelli mondiali, passando per gli italiani che lo hanno visto per la prima volta scrivere il suo nome nel libro dei campioni del motorsport. In lungo e in largo non ha lasciato niente da parte, con la fame di chi vive per la sua passione e non ha paura di niente.
Un innamorato vero, di quelli che non si accontentano mai, Kubica ci ha provato in ogni modo ad essere il migliore, anche intraprendendo più di una categoria all’anno finché gli è stato permesso. E infatti, tutto andava a gonfie vele per lui quando nel 2011, pilota Renault in Formula 1, era iscritto al via del Rally di Andora che però sarebbe dovuto essere l’ultimo. Dopo tanta attesa Kubica era riuscito a mettere la firma su uno dei contratti più ambiti dai piloti in Formula 1, quello con la Scuderia Ferrari, che non gli avrebbe più permesso di correre se non al volante della propria monoposto. Ad Andora avrebbe quindi salutato quel mondo che gli aveva permesso di affinare le sue doti da pilota per incamminarsi verso quella che doveva essere la sua stagione d’oro, al volante della Ferrari pronta a dargli l'opportunità della sua vita. Nessuno si sarebbe aspettato però che quel rally avrebbe invece segnato quello che sembrava essere l’inizio della fine della sua carriera.
Un incidente quasi fatale, che gli ha portato via la mobilità in tutta la parte destra del corpo e il sogno di una vita. Perché Robert, che alla Ferrari si era già avvicinato qualche anno prima, ha dovuto fare i conti con una realtà che lo vedeva ben lontano da Maranello e, soprattutto, dalla sua più grande passione. Un mondo amato per tutta la vita, a cui aveva dato tutto e per cui si era dovuto costruire ogni mezzo partendo dal basso. Di fianco a lui fin dal primo giorno in pista papà Artur lo ha cresciuto insegnandogli a lavorare duro e a stare a testa bassa, mentre mamma Anna ritagliava i titoli dei giornali che parlavano di lui per concretizzare e rendere tangibili le straordinarie imprese che stava pian piano realizzando. Poi, una volta arrivato in Italia, si sono aggiunti meccanici e ingegneri che in lui hanno saputo vedere il potenziale da campione. E poi, intorno alla sua prima monoposto sono arrivati gli occhi curiosi di chi, curva dopo curva, aveva capito di avere davanti una delle stelle più luminose del mondo dei motori.
La Formula 1 poi l’ha accolto, lasciandogli il giusto spazio per crescere, farsi notare e sbagliare, per poi vincere davanti a tutti in Canada nel 2008, dopo che l’anno prima, proprio sullo stesso circuito, era stato protagonista di un incidente spaventoso da cui però uscì incredibilmente illeso. Si sarebbe potuta definire una carriera ottima la sua se fosse davvero riuscito a salire sulla Ferrari nel 2012. E invece, il mondo che ha sempre tanto amato gli ha giocato un brutto scherzo, cambiando tutte le carte in gioco sia dentro che fuori dalla pista. Un destino beffardo il suo, che ha voluto stroncargli le ruote nel momento più importante della sua carriera.
Robert Kubica però non si è arreso. Non ha smesso di avere coraggio e di credere nelle sue abilità e, una volta recuperato il passo, si è calato di nuovo nell’abitacolo di una vettura da rally, per poi tornare in Formula 1 e debuttare infine nell’endurance, il capitolo più proficuo della sua storia. Partito anche lì dalle basi è arrivato a toccare il tetto del mondo a Le Mans, con la vittoria nella più recente edizione dopo una gestione infallibile della corsa, a conferma della sua tenacia. Una montagna russa che davvero non lo ha mai lasciato fermarsi per riprendere fiato, portandolo ovunque e da nessuna parte, lo ha condotto finalmente ai cancelli di Maranello. Questa volta al volante di una Hypercar, il polacco ha firmato per essere al via della prossima stagione con AF Corse, al volante della terza Ferrari 499P. E adesso sembra quasi che il destino gli voglia riportare indietro ciò che gli ha tolto, ripagando ogni sconfitta e sacrificio e dandogli finalmente un’altra opportunità.
Sinonimo di resilienza, Kubica racconta uno degli insegnamenti più sacri che questo sport possa dare. Non c’è muro che regga la pressione della passione che, quando è vera, supera ogni difficoltà. E il polacco ne ha avute tante, da raccontare con la voce tremolante e gli occhi lucidi per quanto gli hanno sottratto. Nessuna però è stata mai più forte del suo amore per questo mondo. Tutto quello che il destino gli ha allontanato, Robert è andato a riprenderselo, rendendo realtà quello a cui ha sempre ambito con lo stesso coraggio con cui si è rialzato dopo ogni caduta. E adesso, che lo aspetta una Ferrari al via della prossima stagione, Robert può prendere fiato perché non importa quante gare finirà primo con la Scuderia, questo inizio ha già il sapore di vittoria.