Solare e determinata. Chi conosceva bene Sara Lenzi usa mille aggettivi, ognuno per l’ambito della vita che condivideva con quella ragazza di diciotto anni. Ma tutti, proprio tutti, ne hanno usati due: solare e determinata. E che fossero questi gli aspetti più marcati del carattere della pilota toscana è abbastanza chiaro anche guardando le sue foto: sempre sorridente, ma con lo sguardo concentrato. La serenità del presente e la speranza del futuro. Un futuro che, però, si è interrotto in quel maledetto trasferimento durante il Rally Sandalion, quando Sara in sella alla sua Beta si è trovata davanti un SUV lungo una stradina stretta e ripida. L’impatto. La morte. La sofferenza.
Per capire se ci sono responsabilità, se qualcuno ha colpa, ci sarà il tempo e ci saranno, soprattutto, le sedi opportune. Resta, invece, la tragedia di una vita interrotta, trasformata in propositi che, ora, restano impressi su un tema. Il Tirreno di Piombino ha raccontato che - prima di partire per la Sardegna - Sara aveva consegnato un tema alla sua docente di letteratura. Era in dad (didattica a distanza) anche lei, come tutti i ragazzi che frequentano gli istituti superiori e che con il Covid19 si sono ritrovati ad andare a scuola senza andarci, semplicemente accendendo un computer. Scuola a distanza e sogni da vicino, viene da dire, raccontando di Sara. Perché dopo aver inviato quell’elaborato, Sara aveva preparato il suo borsone: stivali, casco, muta da fuoristrada e guanti. Poi s’era messa in viaggio per viverlo il suo sogno. Quale? Quello che aveva descritto proprio in quel tema: “Voglio fare la motociclista, diventare una brava motociclista e girare il mondo”.
Chi conosce questa passione riconosce se stesso in quelle parole. Solo chi sente il sangue accordarsi ai giri di un motore può capire quanto futuro ci fosse in quelle righe. Invece il destino per Sara aveva deciso altrimenti. Nonostante quella ragazza non si fosse limitata a sognare, nonostante avesse lavorato sodo sin da quando era piccolissima per agguantare quel desiderio, per fare della motocicletta e della sua passione la costante del suo quotidiano. C’era pure riuscita, anche se in una disciplina in cui di soldi non ne girano moltissimi e non è certamente facile vivere di moto. Il mondo, quello che sognava di girare su due ruote, le si sarebbe aperto a breve, come hanno raccontato i tanti del motorsport che in Sara Lenzi vedevano il futuro dell’enduro italiano in rosa.
Oltre la sella, oltre le ruote tassellate e il gas aperto sui sogni, però, c’era una ragazza normalissima. Una a cui il motorsport aveva insegnato a vivere di obiettivi, a individuare traiettorie e a non perdere di vista la concretezza. Era così Sara ed è così che la descrivono i suoi compagni di scuola. “Non ci sarà mai un banco vuoto nella nostra classe” – è la dedica che le hanno fatto. “Una ragazza che a scuola non ha mai avuto problemi – racconta una docente dell’istituto superiore che frequentava – Sempre il sorriso in faccia e la capacità di cercare con concretezza i risultati. E poi quel suo parlare e raccontare di motociclette e corse in moto ogni volta che ne aveva una minima occasione”. Anche con la bidella, che l’ha ricordata raccontando che Sara nelle ore buche o nelle pause andava a sedersi vicino a lei e le riempiva la testa di cilindri, rapportature, roadmap, salti e avventure in odore di benzina.
Trova ciò che ami e lascia che ti uccida, diceva Bukowski. Vale come consolazione? No. Vale in generale? Forse nemmeno. Perché ciò che si ama non uccide e se uccide, casomai, non è per colpa diretta. Ce ne sono tante di frasi fatte, di citazioni da scomodare, di appigli a cui aggrapparsi per provare a spiegare una morte. Soprattutto quando la tragedia riguarda qualcuno di così giovane e con la nostra stessa passione. Qualcuno che, quindi, diventa vicino pur non avendolo mai visto. E forse le parole più giuste le hanno trovate la mamma e il papà di Sara, nel post che hanno pubblicato sui social anche a nome degli altri tre loro figli, dopo che centinaia e centinaia di persone avevano tributato un messaggio di cordoglio, un ricordo, un pensiero: “Amore nostro, tu eri tutto questo e anche molto di più. Grazie di averci dato la gioia di essere i tuoi genitori”. O, ancora, il commento del papà al video del saluto che le è stato tributato al Rally Sandalion da tutti i partecipanti e dalla FIM: "Vi vogliamo bene, grazie per aver fatto vivere a Sara bei momenti".
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