“Gnisciu’ nasce ‘mparatu”. E’ un vecchio detto marchigiano, dell’entroterra maceratese per la precisione, che si può tradurre così: nessuno nasce già con la conoscenza, l’esperienza e le capacità. Insomma: farsi le ossa è necessario per tutti. Ecco, al vecchio detto marchigiano è venuto da pensarci leggendo le ultime notizie che circolano sulla MotoGP che, a detta di molti, sarebbe diventata l’oggetto del desiderio di Max Verstappen e, fino a qualche mese fa, pure di Lewis Hamilton.
Fenomeni assoluti e già leggende della F1 che starebbero pensando, adesso che Liberty Media è proprietaria anche del Motomondiale, di mettere i primi mattoni delle loro prossime nuove vite da ex piloti come manager della MotoGP. Tutto bello? Sì, pure bellissimo. Ma forse c’è da fermarsi un attimo per fare qualche ragionamento di più. Perché ok che mediaticamente sarebbero operazioni pazzesche e che avrebbero un eco enorme, ma il rischio di copiaincollare il modello F1 è dietro l’angolo. E sarebbe un disastro.

L’appassionato di corse in moto è diverso dall’appassionato di corse in auto, i protagonisti delle corse in moto hanno storie differenti di nottate sui furgoni con babbi senza più una lira, rispetto alle storie di quelli della F1 che, invece, vengono quasi sempre da famiglie che hanno potuto permettersi i sogni dei figli. C’è, in estrema sintesi, un’umanità differente (che non significa migliore o peggiore) da non disperdere. E c’è, soprattutto, da portare rispetto alla storia che già esiste.
Hamilton è stato vicinissimo a raccogliere i cocci del racing di KTM quando l’azienda austriaca sembrava destinata al fallimento? Sì e è sicuramente stato un bene. Così come è un bene che adesso Max Verstappen stia sondando il terreno con Lucio Cecchinello, per provare a capire se ci sono i margini per rilevare il suo team, e con Aprilia Trackhouse che potrebbe aver bisogno di un sostegno ulteriore.

Sono, sicuramente, i primi effetti della nuova era Liberty Media, ma nessuna nuova era può prescindere da ciò che è sempre stato. I nuovi proprietari della baracca vogliono un Motomondiale con marchi meno in vista e squadre che non necessariamente devono avere alle spalle fabbriche che producono moto di serie? Se sarà così è un conto. Ma se, invece, si vuole mantenere il modello attuale, allora sarebbe bene non cedere a alcuna altra improvvisazione, fosse pure garantita da gente come Vertappen o Hamilton.
Persino Valentino Rossi, se andiamo a pensarci, nonostante nel Motomondiale ci è cresciuto diventandone una leggenda assoluta, è partito da lontano con il suo team, facendo crescere un gruppo di dirigenti e tecnici dalla Moto3, allargandosi poi alla Moto2 e approcciando timidamente per un anno alla MotoGP prima di entrarci stabilmente dall’anno successivo. E’ la gavetta e è, da sempre, l’unica strada che paga veramente, perché, appunto, “gnisciu’ nasce ‘mparatu” neanche se ci si chiama Max Verstappen o Lewis Hamilton.
L’improvvisazione è pericolosa sempre, anche quando è coperta d’oro. Non significa, sia inteso, che andrebbero sbarrate le porte a corteggiamenti di questo tipo, ma che forse si potrebbe provare a capire se ci sono i margini per partire da lontano. In Moto3 come in Moto2 ci sono squadre in sofferenza, piloti che pagano per correre, realtà che giocano alla quotidiana sopravvivenza senza un minimo di visibilità per due categorie che, comunque, compongono il Circus e accogliere un Verstappen o un Hamilton o chi per loro nel Motomondiale, imponendogli però di partire proprio da lì, e quindi da lontano, potrebbe essere un bene assoluto per tutti. Anche, a lungo termine, per la stessa MotoGP, dove arriverebbero forze sicuramente nuove, ma che avranno, a quel punto, pure il valore aggiunto di un minimo di esperienza dentro un mondo che è diverso in tutto rispetto a quello da cui provengono.
