Nel ring delle interviste post gara Lewis Hamilton ha gli occhi lucidi di chi sul podio ci va per la prima volta. Non smette di sorridere, di festeggiare, di spruzzare con lo champagne tutti. Quando gli chiedono della sua schiena da 37enne distrutto dai saltellamenti del porpoising, il sette volte campione del mondo è finalmente felice: “Sono tornato giovane!”.
E in quel sorriso conquistato con le unghie e con i denti grazie a un terzo posto in Canada non c’è solo la soddisfazione di essere tornato sul podio dopo un inizio di stagione da dimenticare per lui e per la sua Mercedes, ma c’è il gusto ritrovato di sentirsi ancora in lotta con quei ragazzini maledetti, a giocare e correre contro chi ha ancora tutto da dimostrare, da vivere, da provare.
Lui che in una carriera stellare ha distrutto ogni record, raggiunto ogni obiettivo e vinto tutto ciò che si poteva vincere, gode ancora come un rookie di un successo trascurabile. Chi se lo ricorderà poi, questo terzo posto in Canada, dentro il libro infinito dei grandi risultati di Lewis? Forse lui, o forse nemmeno.
Ma è stato importante ieri, oggi, fondamentale per questa stagione in salita, essenziale per il modo di essere di un uomo che non smette di stupirci. Gli occhi lucidi di uno che di punti in Formula 1 ne ha ottenuti 4240,5, di vittorie 103, come le sue pole position, di titoli mondiali 7 e di podi ben 184. Non sono i numeri, a far "tornare giovane" Lewis Hamilton, ma è la soddisfazione estrema e insostituibile di aver battuto, ancora una volta, se stesso.
Essere tornato a correre, nel 2022, quando tutti dicevano che - dopo la batosta con Max Verstappen - si sarebbe sicuramente ritirato. Aver accettato l'arrivo di un giovane compagno di squadra, aver goduto dei suoi successi mentre lui, alle sue spalle, faticava più del previsto. Aver accettato, senza polemiche, una macchina che dopo tanti anni non l'ha messo in lotta per il mondiale e aver mandato giù anche il dolore fisico, figlio di un inghippo tecnico che gara dopo gara piega la sua schiena, il suo fisico e il suo morale. Gli occhi lucidi sono di un Lewis Hamilton che dei 183 podi precedenti neanche si ricorda. Che vive sempre dentro l'ambizione di dimostrarsi di nuovo in grado di essere il migliore, di superare ogni scoglio per mostrare - a se stesso e agli altri - che stringere i denti è servito ancora.
Come quando da bambino non si poteva permettere di essere fragile davanti agli occhi di un padre disposto a rinunciare a tutto pur di portarlo là, in Formula 1. Non piangeva mai, non si emozionava di fronte a niente. Se doveva farlo, spinto da un bisogno più grande della sua capacità di contenersi e controllarsi come nel giorno della morte del suo grande e unico mito, Ayrton Senna, lo faceva di nascosto. Lontano dagli occhi del padre, figuriamoci da quelli della stampa.
Un viaggio al contrario dentro l'emotività di un uomo che per sopravvivere avrebbe potuto alzare un muro, quello di chi in qualche maniera deve scampare a pressione e critiche per tutta la vita, e che invece ha finito per essere un 37enne - 7 volte campione del mondo - che dentro la gioia di un terzo posto ritrovato non nasconde gioia, divertimento, godimento ed emozione.
Che dimentica ogni record e ogni risultato per vivere la bellezza di essere ancora lì e sentirsi giovane tra chi ha ancora tutto da dimostrare. Non "tornato" giovane, perché uno così vecchio non lo è stato e non lo sarà mai.