Ormai non si può fare più niente. E’ tutto sbagliato. Tutto scorretto. Tutto peccato. Cioè, così funziona l’impero del politicamente corretto. Con il grande bluff che non è che non si può fare niente, ma semplicemente non si deve dare a vedere. Ne sanno qualcosa anche i piloti della MotoGP, ormai ingabbiati tra uffici stampa che vogliono filtrare tutto e paura di mettere mezza parola fuori posto e essere fraintesi e costretti, persino loro, a adeguarsi a tutto quello che non si può fare. Perchè è peccato. Perché è sbagliato.
Con buona pace, quindi, di quell’immagine di una volta di mezzi matti che vivevano a polso ruotato e che, giocandosi la pelle ogni maledetta domenica, avevano paura di niente e di nessuno. Figuriamoci dei giudizi. Ok, all’epoca magari era un po’ troppo. Ma adesso è troppo dalla parte opposta. E se da un lato è giusto e sacrosanto che non esistano più i Falappa che impennando a 200Km/h aprivano gli sportelli delle macchine in piena autostrada, dall’altro lato non è giusto nemmeno vedere ragazzi che devono fare attenzione a tutto. Che magari lo sguardo da mezzi matti ce l’hanno pure, ma non possono mica assecondarlo. Che poi, nel caso dei piloti di moto da corsa, tutto questo finisce pure per aggiungersi a un dato oggettivo: sembra che, paradossalmente, a quelli che di mestiere corrono con le moto non piacciano più le moto.
In verità sono un po’ di anni che è così. Si allenano da matti, vanno in bici, passano ore in palestra, ma è raro, rarissimo, che li si veda – anche solo sui social – ad andare in giro con le motociclette. L’ultimo è stato Valentino Rossi. Poi niente o poco più. Tanto che le foto dell’Aprilia Rally messo su una ruota sola dal 46 (con tanto di polemiche dell’epoca per averlo fatto senza casco) ormai appartengono all’iconografia della preistoria. Per fortuna, però, ogni tanto c’è ancora chi ci ricorda (e si ricorda) che essere piloti è, prima di tutto, essere motociclisti. E quei qualcuno sono quelli che poi riescono pure a farsi amare un po’ di più. Come Fabio Di Giannantonio. Uno che, te lo dice lui stesso, non scenderebbe mai da tutto ciò che ha due ruote e un motore.
Adesso il Diggia s’è spinto pure un pelo più in là. Perché sono di poche ore fa le foto del pilota della VR46 in sella a una Ducati Multistrada. Udite udite: su strada. Ok, sarà stato uno shooting fotografico e sarà stato tutto su una strada chiusa e con tutte le giustissime e sacrosante garanzie di sicurezza, ma quanto tempo era che non si vedeva un pilota della MotoGP fare una penna su strada e con una moto normale? Tra la'ltro una penna che suona di omaggio a un grande eroe Ducati, Giancarlo Falappa, che aveva fatto delle impennate in piedi la sua firma indimenticabile. Non che gli altri non lo facciano. Non ci vogliamo credere e non lo crederemmo mai, ma il rischio di ritrovarsi sovrastati dai soliti moralizzatori per una impennata è sempre troppo in agguato. Quindi evitano di farcelo sapere. Il Diggia, a quanto pare, invece se ne è fregato. E per questo possiamo solo dirgli grazie. Perché a volte chi fa il pilota farebbe bene a ricordare ancora a tutti noi appassionati che alla base di tutto c’è la stessa cosa, sia per loro che sono arrivati, sia per noi che li guardiamo: la voglia di emozionarsi, e magari di lasciarsi andare a una penna, grazie a quei pezzi di ferro con l’anima maliarda che chiamiamo motociclette.