Imparare dagli errori per continuare a crescere e, un giorno, raggiungere i propri sogni. È con questi presupposti che Andrea Kimi Antonelli ha mosso i primi passi in F1, raggiunta dopo aver vinto in qualsiasi campionato a cui ha preso parte sin dagli esordi in kart. È arrivato con i riflettori addosso, perché essere ad appena 18 anni tra i venti migliori al mondo, al volante di una Mercedes, è un qualcosa di unico. E con il passare delle gare ha imparato a conoscere quel mondo mai così vicino, che corre veloce e che, a volte, non perdona nulla.

Come ci si aspettava è stato un inizio fatto di alti e bassi, dall’esordio sensazionale sotto la pioggia di Melbourne alla pole Sprint di Miami e il podio di Montreal, passando per il durissimo triplo zero di Imola, Monaco e Spagna all’errore dell’Austria, unica vera macchia delle sue prime dodici gare. Eppure, ripensando a quel podio conquistato in Canada è chiaro, evidenziando la mentalità che lo ha accompagnato finora nella sua carriera: “È stato bellissimo, ma a dire la verità ero anche un po’ deluso. Avevamo infatti la macchina per vincere e ha vinto George. Se non avessi fatto un piccolo errore in qualifica…”. Imparare, sempre, senza però mai accontentarsi: è questo il messaggio che filtra dalle parole di Antonelli rilasciate al settimanale Sette. E sui sogni che lo accompagnano in questa sua avventura in F1 è altrettanto chiaro: “Il mio obiettivo è quello di vincere il Mondiale e diventare il primo italiano a riuscirci dopo Alberto Ascari”.

Non si nasconde, forse consapevole di trovarsi al posto giusto nel momento giusto. Intorno a sé ha una squadra, oltre che una casa (Mercedes), che lo ha seguito passo dopo passo nella sua scalata, che sportivamente lo conosce meglio di chiunque altro e che, a discapito delle difficoltà, non ha mai dubitato del suo essere al volante della W16. E proprio sulla pressione che ruota intorno a Kimi, specie in Italia, il primo a esprimersi in maniera altrettanto netta è Toto Wolff, colui che lo ha voluto a tutti i costi in squadra al fianco di George Russell, prendendo il posto di Lewis Hamilton: “L’entusiasmo è enorme, ma i principali media che scrivono titoli in cui definiscono Kimi una leggenda non aiutano, perché in un paese così appassionato elevare un diciottenne allo status di leggenda dopo un podio è pericoloso” ha affermato commentando l’altalena di voci che hanno accompagnato il suo pilota sin qui, come riportato da RacingNews365. “È pericoloso nel senso che dobbiamo proteggerlo sempre di più da tutti quelli che vogliono qualcosa da lui. Si comincia in un ambiente apparentemente banale, con tanti tifosi che vogliono un selfie ed è bello – meglio questo che il contrario – ma ci sono anche molte persone che sono state coinvolte nella sua carriera e che ora si aspettano qualcosa in cambio”.

Al di là della pista c’è un percorso ancora da proseguire, per crescere e maturare dell’esperienza che, specie in un mondo come quello del circus, è fondamentale: “Credo che un giovane pilota di 18 anni, quando subisce troppa pressione da ogni lato, possa rischiare di compromettere la sua crescita. C’è già abbastanza pressione nello stare in macchina, nell’avere George Russell come compagno di squadra, nel guidare una Mercedes che può vincere le gare. Se tutto ciò che lo circonda continua ad aggiungerne altra dobbiamo davvero proteggerlo, ed è proprio quello che stiamo cercando di fare”. Una missione ben precisa per tutelare il talento di chi, finora, ha sempre trovato il modo di lasciare tutti a bocca aperta: in pista a suon di magie, qualcuna intravista già in queste prime dodici gare con la W16, fuori con il suo modo di essere e la sua mentalità. È davvero solo l'inizio.
