La pista non gli piace, l’Aprilia sembra imbattibile, il grip non è abbastanza. “Dudi, hai visto?”. Pecco Bagnaia ha appena finito di fare le sue dichiarazioni dopo il venerdì del Montmelò e tiene in mano un pacchettino che mostra alla fidanzata Domizia: “Ho scommesso con quella ragazza serba sulla partita di basket (Serbia - Italia, ndr.) e ho vinto un pacchetto di Plasmon serbi”. Poi ne assaggia uno: “Buoni, ma ci vuole il latte. Se fanno bene ai bambini a me non faranno male, no?”. Prima di scendere in pista per le qualifiche, le telecamere lo inquadrano mentre la fidanzata gli dà un bacio. Lui picchia giù un 1:38.639 e lo migliora al giro dopo, salvo poi commettere un’imperfezione all’ultimo settore che lo costringe ad accontentarsi di pole position e nuovo record della pista.
Pensare così a Francesco Bagnaia, fino a un anno fa, sarebbe stato un complicato esercizio di fantasia per uno che si presenta serio, concentratissimo, focalizzato sulla pista. Avrà ragione Valentino Rossi, che tra le tante cose che ha dichiarato durante la sua lunga carriera c'è chi ha scelto di ricordare questa: “Solo quando vinci puoi permetterti di fare il deficiente”.
Pecco ci restituisce quell’idea lì, solo un po’ diversa. Sembra di vedere un giovane Lewis Hamilton all’inizio della sua sfolgorante carriera, quando si presentava con gli occhi bassi davanti alla stampa e poche parole scelte con cura. Oggi Lewis è un monumento dello sport, piaccia o meno. E indossa anelli contro la FIA, outfit di dubbio gusto, simboli di inclusività sul casco. Forse il successo cambia le persone, di sicuro quello sportivo ti smuove qualcosa dentro: come fai a vivere la stessa vita, fare gli stessi pensieri quando realizzi di essere il migliore al mondo in quello che ti piace? Non si tratta di spocchia, ma di consapevolezza. E più vinci più lei cresce, al punto da farti dimenticare che collezionare successi è come giocare d’azzardo, perché a perdere tutto basta un attimo.
Bagnaia è in uno stato di grazia particolare, lo stesso che raccontava Daniel Pedrosa in un vecchio documentario: “Quando vinci entri in una spirale positiva e ti riesce tutto bene, ma è la stessa cosa che ti succede quando vai male”. Qualcosa di simile lo ha dichiarato anche Marc Marquez nella tradizionale conferenza del giovedì, solo in maniera un po’ più sibillina: “In quei momenti ti riesce tutto facile, so cosa si prova. Spero per lui che se la goda”. Come a dire che no, non durerà. E che l’importante è godersi il momento.
Bagnaia il momento se lo gode eccome. Alla sua maniera, senza buttare giù i muri. Ogni giorno però è più consapevole, più sicuro, più completo come uomo e come pilota. E, ogni giorno, farlo scendere da quel trono con sopra il numero uno diventa un lavoro più complicato per tutti gli altri. Non ce l’hanno fatta le tre Aprilia di Aleix Espargarò, Mavericks Vinales e Miguel Oliveira, non mentre scriviamo comunque.
Ecco, questa è una notizia. Perché se in Austria avevamo visto un Pecco Bagnaia maturo e in controllo, nettamente superiore agli altri, qui lo abbiamo visto imporsi andando oltre al mezzo tecnico. In altre parole? Pecco vince anche senza la moto migliore. Che è difficile da vedere in pista, d’accordo, ma a Barcellona l’Aprilia RS-GP è la macchina definitiva, il mezzo da battere, lo dimostrano questi tre piloti nelle prime quattro posizioni. Senza il numero uno staremmo parlando di una storica prima fila tutta Aprilia, invece davanti a tutti c’è Francesco Bagnaia. Meglio dei compagni di marca, meglio di chi ha la moto perfetta.
Questa MotoGP alla costante ricerca di un’identità ne ha trovata una in questo ragazzo, Francesco Bagnaia from Chivasso. Che è qui per rimanere.