Razlan Razali ha guidato una squadra in MotoGP dal 2019 al 2023, cinque anni in cui abbiamo assistito a quella che sembra la trama di un film sulla malavita. C’è la nascita improvvisa e dal niente, l’ascesa quasi incontrollata quando Fabio Quartararo prima e Franco Morbidelli poi si giocarono il titolo, poi l’arrivo di Valentino Rossi nel team privato, l’addio alla Yamaha e allo sponsor Petronas e, infine, in seguito a grossi problemi finanziari, la cessione agli americani di Trackhouse Racing. Nascita, spettacolo e morte di una squadra in MotoGP. Razali dal canto suo non si è mai integrato fino in fondo nel paddock della MotoGP: ha sempre lavorato seguendo le sue regole e la sua etica, andando più volte contro una lunga lista di regole non scritte che regolano il mondo delle corse in moto. Di Valentino Rossi disse che non lo voleva in squadra e di avergli addirittura augurato “Di non vincere più”, roba che un qualsiasi pilota non si sarebbe mai sognato di dichiarare in pubblico. Non solo però: Razali ha rifiutato un’offerta di Petronas, licenziato la sua gente davanti alle telecamere Dorna, chiuso i rapporti con il manager nonché suo braccio destro Johan Stigefelt. Razali ha, di fatto, commesso una serie di errori che l’hanno portato a fine 2023 a cedere il team nel peggiore dei modi, peraltro minacciando di rivelare ‘tutto lo sporco che c’è dietro questo mondo’ una volta lasciato il campionato.
La sensazione è che Dorna, a partire da Carmelo Ezpeleta, abbia aperto le sue porte senza valutare a fondo tutte le possibili conseguenze, probabilmente con l'idea che lo sponsor Petronas avrebbe garantito e coperto a suon di petrodollari ogni possibile mancanza da parte del manager malese. Evidentemente sbagliavano. Razali, da parte sua, ha continuato ad essere un irregolare nel paddock, raccontando retroscena come quello che segue. È il 2019, Alex Márquez avrebbe vinto il suo secondo titolo (nonché primo in Moto2) dopo cinque anni di militanza nella categoria intermedia. Alex vuole passare alla MotoGP, ma di selle liberenel team ufficiale Yamaha non ce ne sono - sarebbe stato impensabile vederlo approdare lì da esordiente - e nemmeno nella squadra satellite gestita, appunto, da Razali, per motivi però diversi: “La Yamaha ha detto che nessun membro della famiglia Marquez sarebbe mai entrato nel box”, ha raccontato il manager malese in uno speciale per DAZN Spagna dedicato al più giovane dei fratelli Marquez. “Questo per via di Marc e alla storia del 2015, perché per loro è diventato qualcosa di personale”.
Nello specifico c’è più di una possibilità che le cose siano andate così, d’altronde all’epoca Valentino Rossi era ancora competitivo e influente - l’anno prima aveva chiuso al terzo posto in campionato - e in questo non c’è niente di strano. Allo stesso modo è plausibile che le cose siano andate esattamente al contrario in Honda, perché Alex Márquez alla fine dell’anno firma con HRC proprio mentre il fratello Marc sigla l’ormai famigerato contratto di quattro anni. La tua strada, in MotoGP, è tracciata anche da amici e nemici, non è una novità. Così come non è una novità la propensione di Razali a lanciare indiscrezioni di questo genere, cose che con tutte le probabilità sentiremo sempre di più nei prossimi mesi.