Il grande tennis torna sul cemento americano e riaccende la sfida più attesa dell’anno: Carlos Alcaraz e Jannik Sinner, i due protagonisti assoluti della nuova era, sono di nuovo nello stesso torneo. Cincinnati apre il trittico finale verso gli Us Open e, se tutto andrà come previsto, i due potrebbero affrontarsi soltanto in finale. Intanto, però, a margine degli allenamenti, è già andato in scena un “primo atto”. Ed è stato tutt’altro che teso. Nonostante la rivalità, culminata nell’ultima finale di Wimbledon, dove Sinner ha battuto lo spagnolo in quattro set, tra i due c’è un bellissimo rapporto. Lo si è visto anche a Cincinnati, dove Alcaraz, arrivato qualche giorno dopo Sinner, lo ha salutato a bordo campo. Carlos ha chiesto: “Cosa hai fatto dopo Londra?”, e Jannik ha risposto: “Niente di speciale”, ricambiando il sorriso. “Anch’io niente”, ha replicato Alcaraz ridendo. Poi ha aggiunto: “Ho passato due settimane a casa. Era almeno un anno che non vedevo i miei amici, mi era mancato”. Questo conferma quanto detto più volte dallo stesso Alcaraz: “Tra di noi c'è un bel rapporto: vogliamo batterci a vicenda, ma fuori dal campo c'è un bel rapporto. La rivalità sta diventando sempre più bella”.

Per entrambi l’obiettivo è lo stesso: farsi trovare pronti per lo Slam di New York. Sinner arriva a Cincinnati da campione uscente e con la voglia di blindare il primato in classifica. Alcaraz ha scelto, come l’azzurro, di saltare Toronto per arrivare più fresco. Entrambi hanno ricalibrato la stagione proprio in funzione del cemento americano. L’approccio però è diverso: Sinner ha ripreso a lavorare da giorni, Alcaraz è appena sbarcato. A sottolineare le differenze è Corrado Barazzutti, che a Repubblica non nasconde l’entusiasmo per il momento azzurro: “È un momento speciale per il nostro movimento: gli altri sono tutti preoccupati quando devono affrontare gli italiani”, ha spiegato. “Dite che Ben Shelton ce l’abbia con noi? Non credo: forse qualcuno rosica un po’, ma nel complesso c’è grande rispetto per i nostri ragazzi. E vanno pazzi per Jannik: negli Stati Uniti piace perché è rimasto un ragazzo semplice, normale. Un anti-divo”. Il test di Cincinnati è importante, ma per Barazzutti il vero banco di prova resta New York: “Test importante, mille punti in palio per confermare il ruolo da leader in classifica. Ma quello che veramente conta sono gli Us Open. Uno Slam è un’altra cosa: pressione, aspettative, responsabilità. L’aspetto mentale è decisivo. Ci arriveranno tutti al massimo della forma, però per Sinner è diverso: nessuno come lui riesce a raggiungere un grado di perfezione assoluta nella preparazione, nella cura dei dettagli”.

Il passaggio di consegne generazionale, iniziato da tempo, si è cristallizzato intorno a due nomi. E Sinner, dopo il trionfo a Wimbledon e il titolo dello scorso anno a New York, non sembra intenzionato a fermarsi. Per Barazzutti, è il frutto di una struttura ormai solida e compatta, che ruota intorno a un gruppo preciso: “Cahill? Credo non possa trovare di meglio, si vede che il feeling tra i due è fortissimo. Ma anche Simone Vagnozzi è fondamentale nella crescita tecnica e mentale: si percepisce questo rapporto intimo, profondo, privato. È quello di cui Sinner ha bisogno: gente come lui, con un sentire comune. Una famiglia. Un gruppo destinato a vincere a lungo”. Il cemento resta la superficie su cui Jannik ha costruito la sua ascesa. In Nord America non perde da un anno e mezzo. E a Cincinnati, dove ha già vinto, può trovare la spinta giusta per allungare la leadership nel ranking.