Ci sono degli orologi che si fermano e smettono di segnare il tempo. Le lancette rimangono intrappolate nel momento in cui la vita cambia, si trasforma o si ferma. Per il mondo del motorsport, più di un orologio si è fermato al 5 ottobre 2014, il giorno maledetto in cui Jules Bianchi ha perso la vita sul circuito di Suzuka. C’è chi è rimasto ancora lì, a chiedersi mille domande per cui non arriverà mai la risposta e a pensare a come il corso della vita sia bizzarro. Tanti altri orologi però sono andati avanti, segnando anno dopo anno il passare del tempo ma esitando sempre nello scatto che porta al 5 ottobre, forse la giornata più sensibile per il mondo del motorsport.
Il ricordo di Jules però, nonostante ormai siano dieci gli anni passati dal suo incidente, è ancora vivo nel mondo della Formula 1, e rimane fresco grazie a tutti quei piloti con cui il francese ha lavorato, coloro che hanno condiviso con lui gioie e dolori e che ancora oggi lo raccontano con emozione. Spesso sembra quasi che Jules Bianchi non abbia mai smesso di correre. C’è ancora in ogni pista, tra ogni curva e dopo ogni rettilineo, con tutti i passi avanti sulla sicurezza che sono stati fatti dal momento della sua morte. E soprattutto, è ancora in ogni chilometro percorso da Charles Leclerc, da Lewis Hamilton o da Daniel Ricciardo, che insieme a tutti i mille piloti che tenevano a lui ancora lo omaggiano nei momenti più importanti delle proprie carriere.
Charles Leclerc è come se fosse il suo figlioccio, il suo fratellino o la sua metà mancante. Il monegasco non solo ha iniziato a correre sul kart del francese, ma ha potuto apprendere tutti i suoi segreti, avendolo come mentore per tutta la sua carriera prima della Formula 1. Sono rare le occasioni in cui Leclerc non parla del suo Jules, di colui che lo ha cresciuto e ispirato a diventare esattamente il pilota che è oggi. Lo dicono tutti, persino Philippe Bianchi, il padre di Jules: Charles sta continuando quello che il francese aveva iniziato. L’arrivo in Ferrari, la prima vittoria col Cavallino, la lotta al titolo. Non solo la dedica da parte del monegasco arriva dopo ogni grande risultato, ma anche nelle piccole cose, come i dettagli che indicano le sue iniziali e il suo numero di gara, JB17, sempre scritte sui suoi caschi, o come le gare sul kart organizzate insieme alla Association Jules Bianchi. L’ultima il monegasco l’ha corsa giusto qualche mese fa, dopo aver regalato alla famiglia Bianchi il casco utilizzato per il Gran Premio di Monaco, che il pilota Ferrari aveva voluto dedicare proprio a Jules.
Chi porta sempre con sé Jules Bianchi è anche Raffaele Marciello, pilota ufficiale BMW nel World Endurance Championship e campione nel mondo endurance, nonché uno dei primissimi compagni di Ferrari Driver Academy del francese. Proprio quest’anno il pilota elvetico ha corso la sua prima 24h di Le Mans e ha deciso di replicare la livrea che Jules Bianchi aveva sul suo ultimo casco. Una dedica speciale per un’occasione che per ogni pilota impegnato nell’endurance è forse la più importante della carriera.
Nel paddock, Jules Bianchi era amico di tutti. Era un ragazzo genuino, semplice e sempre col sorriso. Come lui è ancora Daniel Ricciardo, il suo amico più fidato nel circus della Formula 1, che Jules ha continuato ad omaggiare in tutti questi anni. “Leclerc sta facendo quello che avrebbe fatto Jules Bianchi” ha detto qualche anno fa l’australiano, “è un altro aspetto che rende questa storia tanto triste, perché avrebbe corso in un top team e sarebbe stato un vincitore adesso, sono sicuro. È come se Charles fosse la sua evoluzione”. “Porterò Jules con me nelle mie preghiere e pensieri per il resto della mia carriera” aveva invece detto Lewis Hamilton dopo il suo funerale. Il sette volte campione del mondo era stato il vincitore di quel Gran Premio del Giappone e, nonostante non conoscesse bene Bianchi, durante gli anni è stato uno dei piloti che più gli hanno reso onore. Proprio la gara dopo la sua morte, l’aveva vinta Sebastian Vettel, che poi gli ha dedicato il podio e l’impresa in Ungheria, una prova di forza per il tedesco al suo primo anno in Ferrari.
Insomma, il tempo passa e lo sport va avanti, con le sue novità e i suoi stravolgimenti, ma la fiamma di Jules Bianchi rimane sempre accesa, alimentata dai ricordi di tutti quelli che almeno una volta ci si sono trovati ruota a ruota e da chi invece lo conosceva dallo schermo e che quelle battaglie le ha osservate da lontano. La sua scomparsa è ancora oggi una ferita aperta per il mondo del motorsport, ma allo stesso tempo ha insegnato una serie di nozioni che al giorno d’oggi sono essenziali in Formula 1 come in tutte le altre discipline su quattro ruote, che onorano ancora il giovane Jules. Che corre ancora insieme al resto del circus.