Avrà anche vinto il terzo scudetto, il primo senza Maradona, ma non c’è storia: è un’altra cosa, forse un segnale di crescita, necessario e sufficiente per confermare che per il Napoli e Napoli è stata una vittoria calcistica con mille altri significati, eppure di protagonisti divini non ne ha. Rileggere oggi Non avremo un altro D10S del giornalista Boris Sollazzo, uscito per Bietti Fotogrammi un anno dopo la morte di Diego e ben prima che si potesse anche solo immaginare il titolo di Spalletti, aiuta ex post a grattare un po’ l’epica del calcio, le iperboli degli aedi di oggi, per tornare al significato profondo di ieri, di un Maradona molto più eterno di quanto lo possano mai essere, anche a Napoli, uno Scudetto, e un calcio, senza di lui. Eterno perché ha saputo entrare dentro le persone che lo hanno amato e tifato. E magari pure tradito, ma senza smettere di amarlo.
Diego Armando Maradona - Una vita da cinema è il sottotitolo, e del resto Sollazzo, che critico cinematografico lo è, ne tralascia una biografia che sarebbe diventata copia di mille riassunti, scrivendo la sua lettera d’amore del tutto personale, vissuta, fedele al principio secondo cui “l’unico modo di far capire chi sia stato, è indagare l’amore che ha saputo far esplodere negli altri”, che è un po’ ciò che si vede in Maradonapoli di Alessio Maria Federici e, in modo sublime, nel Maradona by Kusturica, documentari e non certo finzioni, in cui comunque esce quel Diego che “è troppo troppi”. E ognuno ha il proprio, di questi troppi maradoniani, troppi che diventano tali anche per la capacità di incidere sulla vita di chi ne ha fatto professione di fede, da Paolo Sorrentino (che chiude il libro con una lunga intervista) allo stesso Sollazzo.
Così il Maradona by Sollazzo è Atlante, anzi un “Atlante in miniatura” che “si è preso il mondo sulle spalle e ci ha palleggiato come ha voluto. Venendone schiacciato”, perché un lieto fine non c’è. Ma il Maradona by Sollazzo è una vita da film della quale si trovano tracce laddove non si parla di lui. Non insomma nelle pellicole che hanno tentato di raccontarlo (“a occhio e croce più di trenta, ma citato in oltre cento”, e il conto è inevitabilmente destinato a salire) con maggiore o minore disinvoltura, ma dove Maradona è presente senza esserci. Maradona by Sollazzo è John Rambo “mandato a combattere da solo”, è Preston Thomas Tucker “che si è sempre illuso di poter combattere il sistema rendendolo fedele a ciò che diceva di essere e ne uscì con le ossa rotte” (Tucker - Un uomo e il suo sogno), è un po’ il protagonista di Fight Club – accostamento niente male, considerando che di quest’ultimo il nome sfugge, mentre quello di Diego è universalmente riconosciuto, un marchio inconfondibile – che allontana “per deliri paranoidi i pochi che lo amavano davvero”.
La lettera d’amore? L’incontro con Diego, non con Maradona, il ringraziamento per l’insegnamento della bellezza. “Mi hai cambiato la vita”. Hai detto niente.