"Devo essere sincero, all'inizio l'idea del bianco non mi convinceva, ma poi Uccio, Vale e tutti erano super carichi. Io ovviamente mi sono fidato. E adesso mi devo ricredere perché Aldo (Drudi, ndr) ha fatto un lavorone, è stato fantastico. La moto esteticamente è molto bella" - sono state queste le parole di Marco Bezzecchi a margine della prestazione delle nuove livree del Team VR46, che quest'anno - per essere ineccepibili - porta con sé una nomenclatura laboriosa: Pertamina Enduro VR46 Racing Team. Nel giro di un inverno è cambiato il title sponsor della squadra di Tavullia e, come accade in questi casi nel mondo delle corse, la livrea deve essere modificata di conseguenza. Allora Aldo Drudi e Valentino Rossi ne hanno pensata un'altra, l'ennesima della loro collaborazione pluriventennale: Fluo Stream, flusso fluo. Pensate al Dottore che trasmette ai suoi piloti - Marco e Fabio - quell'energia, quel tocco magico giallo fluo che l'ha reso inconfodibile in tutto il mondo. Di fronte alla realizzazione grafica, Diggia ha reagito così: "Mamma miaaa. Che bella. È pazzesca, è perfetta. Voto dieci, voto dieci".
La nuova livrea Fluo Stream applicata sulle Desmosedici GP23 ha sicuramente sorpreso. E sorprendere - in un paddock dove ormai le soluzioni cromatiche e i disegni spesso, inevitabilmente, si somigliano - non è affatto facile. C'è chi si è convinto subito della bontà dell'ultima opera di Aldo Drudi e chi - come Bezzecchi - non vede l'ora di combinare il flusso fluo all'oscurità dell'asfalto e alle fantasie dei cordoli per vedere l'effetto che fa. C'è chi continua a guardare le nuove moto di Valentino Rossi e, senza scomporsi, comincia a credere che sarà praticamente impossibile stancarsi del Fluo Stream, anche alla quarantaduesima gara della stagione 2024. Perché, a questo giallo del signor Rossi che gradualmente sfuma nel bianco, non ci si abitua: scruti le Desmosedici di Bezzecchi e Di Giannantonio da qualsiasi angolazione possibile e, da ogni prospettiva, scaturisce una sensazione diversa. Cerchi invano una visione d'insieme nel tentativo di afferrare un giudizio, ma non ci riesci. Il risultato è che continui ad osservare il Fluo Stream, rapito. Contagiato.
Il problema di Aldo Drudi e Valentino Rossi, quest'anno, è stato il logo rosso acceso dello sponsor Pertamina Enduro. Un colore non esattamente immediato da associare al giallo fluo e al nero (o grigio scuro), connotati delle prime due stagioni del Team VR46 in MotoGP. Il bianco, quindi, è stata la panacea che ha lavato, purificato, qualsiasi dubbio. Un ascetismo che, se si getta lo sguardo ai trascorsi del 46, potrebbe anche essere di buon auspicio. La domanda sorge spontanea: siamo sicuri che Rossi e il suo designer storico, vecchie volpi, non abbiano silenziosamente cercato di portarsi fortuna a vicenda? Al centro della carena della NSR 500 del 2000 e del 2001 campeggiava la scritta Nastro Azzurro, rossa. Attorno allo sponsor, uno sfondo bianco che, in direzione del cupolino, scartava sulle tonalità di un giallo indimenticabile, indelebile nella memoria degli appassionati. Perché tutti, tifosi o meno di Valentino Rossi, si ricordano la storia della Honda Nastro Azzurro numero 46. Significa cinquecento due tempi, un tuffo a bomba nella nostalgia.
La sfida di Valentino Rossi in Yamaha è cominciata nell'inverno del 2004 a Sepang: M1 Gauloises nera carbonio, sì, ma tuta bianca con dettagli giallo fluo sulla gamba destra (a richiamare il sole), sui gomiti e sulle spalle. Un mese dopo la Dainese di Rossi e la Yamaha passarono al blu, ma fu con un "not too bad" sussurrato nelle orecchie di Jeremy Burgess e Davide Brivio, a tuta slacciata, dopo il primo rientro ai box dei test di Sepang, che Valentino si convinse di poter compiere l'impresa più roboante della propria carriera.
Dieci anni dopo, inverno, giorni della merla in Italia. A Sepang caldo torrido. Ancora Valentino Rossi sulla Yamaha, dopo il ritorno del 2013 e una stagione di transizione, in cui il 46 con metodo aveva tentato di riacquistare gli automatismi della vittoria e lasciarsi alle spalle le scorie della Ducati. Il 2014 doveva essere la stagione della riscossa, ma per tornare ai vecchi fasti Rossi sapeva di doversi adattare alle nuove mode, al nuovo stile di guida portato in MotoGP da Marc Marquez. Nei consueti test invernali malesi la Yamaha, in attesa di stringere la partnership con Movistar, si presentò con un'inaspettata livrea bianca e blu. Il bianco, quindi, tornava dopo due lustri a farsi spazio sulla tuta di Valentino Rossi, e Aldo Drudi ne approfittò subito per mescolarlo al giallo. La combinazione fu esplosiva, per certi versi sottovalutata data la sua eccezionalità (un mese dopo, in Qatar, la Yamaha tornò blu). Rossi, in quei test, sfoderò uno stile di guida visibilmente rinnovato, con gomiti, busto e spalle che in uscita di curva andavano a lucidare l'asfalto.
Oggi, ad altri dieci anni di distanza da quei test di Sepang, Valentino Rossi è un pilota di auto. I primi podi sulle quattro ruote li ha conquistati indossando un casco bianco, con il sole e la luna stilizzati, in giallo fluo. "Io, anche dopo il ritiro, non ho smesso di lavorare con Aldo Drudi" - confessa. Sarebbe bene che Valentino e Aldo - tra giallo, bianco e trovate dell'ultimo minuto - non smettessero mai.