L’annuncio di un’imminente conferenza stampa in cui saranno illustrati i dettagli dell’accordo tra la VR46 e la Tanal Entetainement per la nascita di un nuovo team in MotoGP non è bastato a diradare la nebbia. Anzi è riuscito addirittura a renderla ancora più fitta, perché in queste ore è un susseguirsi continuo di voci, ricostruzioni, inchieste e malizie sulla veridicità di una operazione che potrebbe essere grandiosa, ma che potrebbe essere anche un grande punto interrogativo. I soldi che ci sono di mezzo sono tantissimi, le incongruenze pure e anche i dettagli che fanno un pochino insospettire, con Misterhelmet Magazine che ha messo tutto nero su bianco e scatenando la solita partigianità italica: da una parte gli antivalentiniani, che pur di dare addosso al Dottore crederebbero che Gesù Cristo è morto di freddo e, dall’altra, i così detti canarini, che pur di preservare il mito in cui credono non vedrebbero neanche un elefante che gli passa davanti ai piedi. Il punto, purtroppo, è sempre lo stesso: ormai nessuno entra più nel merito e la posizione di partenza è sempre quella che determina il punto di arrivo. Non è, sia inteso, una critica a chi sta mettendo in dubbio l’intero progetto del Team VR46 Aramco e la veridicità dell’operazione (anzi, visto che almeno in alcuni casi si è provato ad entrarci nel merito e anche con le dovute premesse), ma una critica, generale, alle reazioni social, ai commenti buttati là solo per posizioni strumentali e ideologiche che stanno avvelenando il Paese e, purtroppo, pure il motorsport.
Che una holding che opera in 37 paesi nel mondo non può contare su una mail aziendale ma su un semplice account GMail è un’anomalia, così come è un’anomalia il tira e molla tra smentite e conferme circa il coinvolgimento di Aramco e così come resta misteriosa la figura del principe saudita che dovrebbe finanziare il team di Valentino Rossi. E’ anomalo anche l’annuncio di una conferenza stampa che si farà, ma non si sa quando e come. Tutto vero, per carità, ma a volte quando i conti non tornano bisognerebbe provare a rifarli, seguendo una procedura differente. Cambiando metodo, insomma, e provando a calarsi in una realtà culturale (e economica in questo caso) che, magari, non segue dinamiche occidentali e in cui un investimento da un centinaio di milioni di Euro equivale a comprare una macchinina elettrica a un bambino. Oppure, per chi non avesse voglia di seguire procedure differenti, di trovare metodi di analisi alternativi che possano portare a risultati diversi o più corretti, c’è sempre quel buon vecchio valore che sembra sempre più dimenticato: la fiducia.
Ci hanno detto che presto ci sarà un annuncio in cui saranno forniti tutti i dettagli, che senso ha stare a costruire teorie sulla base del niente quando a giorni sarà, inevitabilmente, tutto più chiaro? Nel bene o nel male, sia inteso. E ancora: possibile che in una operazione che vede coinvolte società del calibro di Dorna e Ducati un mitomane si sia alzato una mattina fingendosi principe saudita e millantando operazioni nel motorsport con soldi di cui non dispone e che non avrà mai? Ovviamente no: non è possibile. Perché se anche fosse vero quello che in molti vanno sostenendo, e cioè che, sulla scia dell’entusiasmo, Alessio Salucci e Alberto Tebaldi (che curano gli affari della VR46) potrebbero, da bravi ragazzi di paese catapultati in un mondo di lupi mannari, anche essersi fatti ingannare, altrettanto non si potrebbe mai dire di personaggi del calibro di Carmelo Ezpeleta. Uno che, come si dice a Roma, “domani te lo inchiappetti”. Stessa cosa per Ducati. Con i sostenitori del “è tutta una farsa” che sembrano credere alla favola che due Desmosedici si comprano come si comprano due moto di serie in concessionaria e che, quando gli fai notare che ad una azienda come Ducati difficilmente passi una sola che nemmeno nelle periferie di Napoli, ti rispondono seraficamente: “A Ducati non importa, a loro interessa solo che le moto siano pagate”. Solo che forniture di questo tipo non si pagano con la pensione del nonno o con i risparmi del mese, ma con fidejussioni e operazioni finanziare che si fondano su solidità accertate. Evidentemente quelle solidità ci sono.
Ammesso e non concesso, infine, che sia tutta una bufala a chi converrebbe una truffa di questo tipo? Il principe saudita, e questo è risaputo, ha già fatto arrivare parte dell’investimento a Tavullia, quindi qualche soldo già è stato tirato fuori; dovrebbe bastare per maturare una fiducia ulteriore, visto che di solito le truffe si mettono in piedi per un guadagno e non certo per una rimessa. Senza analisi finanziarie che richiederebbero una formazione specifica, senza atteggiamenti da inquirenti di una qualche procura della Repubblica, senza l’ossessione della ricerca del marcio in ogni cosa, basterebbe assumere la posizione dei semplici appassionati. Che poi è quello che realmente siamo. E, quindi, limitare a fidarci di ciò che vediamo che, nel caso specifico, è la certezza di un nuovo team con Ducati che porterà il nome della VR46 e che avvierà la sua avventura tra i cordoli nel 2022. Quello che ancora non ci è stato detto non ha senso immaginarlo, anche perché a giorni, come è stato annunciato, ci spiegheranno di più e magari anche meglio. Nel fine settimana, finalmente, le moto torneranno in pista: godiamoci quelle, magari anche da tifosi, evitando di buttare benzina, o anche acqua, su fuochi che, al momento, non solo non riscaldano, ma neanche bruciano.