Adesso fa il pilota di auto da corsa, ma le moto sono state la sua vita e il suo nome è ancora quello che scalda di più l’intero ambiente della MotoGP, un po’ perché ha un team tutto suo e un po’ perché al momento non c’è nessuno in grado di diventare il punto di riferimento di tutti. E’ per questo che Valentino Rossi è ancora il più ascoltato e adesso il nove volte campione del mondo sembra aver voluto lanciare un vero e proprio monito. Lo ha fatto rispondendo alle domande della testata tedesca Frankfurter Allgemeine Zeitung. Un’intervista incentrata, come giusto che fosse, sulla sua nuova vita da pilota della BMW nel mondiale endurance e sui cambiamenti che ha portato alla sua vita ora che le ruote con cui prova a vincere tra i cordoli sono raddoppiati. Ma con un inevitabile passaggio anche sulla MotoGP e sul futuro dello sport di cui è diventato leggenda.
“Non si può esagerare – ha tuonato senza mezzi termini il 46 – forse è arrivato il momento per la MotoGP di riflettere su dove si vuole arrivare”. Il tema, manco a dirlo, è quello delle velocità raggiunte, dello sviluppo illimitato dell’aerodinamica e, di conseguenza, quello della sicurezza. Ormai si raggiungono velocità vicinissime ai 400 km/h e sempre più spesso i piloti lamentano che le moto sono difficilissime da controllare in alcune fasi delle gare. Non è questione di velocità pura – visto che di certo i piloti non hanno paura – ma di appendici, turbolenze, reazioni in frenata e pneumatici in sofferenza che rischiano di rendere impossibile la vita dei piloti in sella. E di far passare in secondo piano l’unica cosa che nelle corse in moto resterà sempre uguale: sopra a quei prototipi ci sono vite umane. Figli, padri, ragazzi che hanno un talento fuori dalla norma e una preparazione pazzesca, ma che comunque devono fare i conti con i limiti umani.
Serve un momento di riflessione e adesso s’è preso la bega di dirlo chiaramente quello che è per tutti il punto di riferimento assoluto: Valentino Rossi. Ok, non corre più, ma è probabilmente l’unico che ha la vera libertà di poter dire tutto quello che ritiene. “Il motociclismo è sempre pericoloso – ha spiegato - C’è stata molta spinta negli ultimi anni e Ducati ha alzato significativamente il livello. Adesso le moto sono davvero veloci”. Nel 2027 cambieranno molte cose, si assisterà verosimilmente a un abbassamento della cilindrata, ma potrebbe non bastare. E anche la stessa Michelin, che fornisce gli pneumatici, ha chiaramente detto che lo sviluppo delle gomme non sempre riesce a seguire lo stesso passo dello sviluppo tecnico delle moto. Con il rischio di andare a minare ulteriormente la sicurezza. Gli stessi piloti, ultimamente, stanno provando a dare vita a una sorta di sindacato, proprio per capire se e come lavorare insieme a Dorna e ai costruttori per trovare quel necessario equilibrio tra la fame di spettacolo e il rispetto dei limiti umani. Anche perché la velocità è qualcosa cui ci si abitua. “Alla velocità ti abitui – ha proseguito Rossi - Con il passare del tempo sembra tutto più lento. Quando arriverà il momento potrò guidare l’auto con metà della capacità cerebrale. In questo modo si ha più spazio per pensare al resto, alla strategia ad esempio o alle manovre di sorpasso. Questa è la differenza tra l’essere buoni piloti e veri campioni. Anche questo ha a che fare con un mix di talento, carattere e passione. I migliori riescono a racchiudere tutto questo assieme”. Un passaggio, quello sulla velocità, che nell’intervista fa anche da legame tra l’argomento moto e l’argomento auto. Con Valentino Rossi che arriva a definirsi “un vecchio principiante”.
“Se avessi dieci anni in meno sarebbe più facile – ha concluso il Dottore - Queste macchine sono complicate, sapete? Devi essere veloce, ma anche intelligente. Se guidi in modo troppo aggressivo quando spingi, potresti riuscire a fare tre giri con un buon ritmo. Dopo, però, tutto crea problemi: i freni, gli pneumatici. Non è facile. Io lavoro duro anche fuori pista. Questo è uno dei miei segreti per una lunghissima carriera ai vertici. Cerco sempre di imparare dai piloti più giovani. In MotoGP era già così. Analizzo i dati degli altri. Guidiamo la stessa macchina. Se qualcun altro è un secondo più veloce di me nella stessa macchina nello stesso momento, ciò dimostra che deve essere possibile anche per me essere più veloce”.