“Convocazione olimpica a chi paga le tasse in Italia”: il pretesto è l’arcinota residenza di Jannik Sinner a Montecarlo e l’idea è uscita dalle colonne del Corriere della Sera sotto forma di una lettera dell’ex mezzofondista Franco Fava ad Aldo Cazzullo il quale, fingendo di non rispondere citando il caso di Sinner, lo ha fatto attraverso un pregevole esercizio di retorica citando il passato del Cazzullo sportivo che si emozionava per le imprese di Fava, detto ai tempi “Cuore matto”. Fava, oltre a un ottimo passato da atleta, ha anche una storia e un presente da giornalista, essendo da anni una firma prestigiosa – considerando la profonda conoscenza del mondo dell’atletica leggera, e non per sentito dire – del Corriere dello Sport e dello stesso Corriere della Sera, e proprio per questo la sua, più che una proposta, non può che essere presa per quello che è, vale a dire una provocazione. Una provocazione su base etica che tocca un aspetto, quello delle tasse e delle residenze nei ripari fiscali di alcuni degli atleti più ricchi, che inevitabilmente crea dibattito e, altrettanto inevitabilmente, intacca lo status di mito nazionale (a proposito in tanti si sono scoperti olimpionici di salto sul carro nel caso di Sinner, che tre mesi fa era brutto, sporco e altoatesino) dell’atleta in questione.
Una provocazione, ma senza alcuna possibilità di verificarsi e, in fondo, senza basi. Senza basi perché ciò che ha fatto Sinner – e Berrettini, e Musetti – è legale (e lo sarà sino a prova contraria, sino a quando non dovesse eventualmente riscontrarsi dal punto di vista degli accertamenti un caso di residenza fittizia), è del tutto sensato dal punto di vista pratico (il Principato di Monaco è una sorta di Disneyland per i tennisti, tasse a prescindere) e perché per lo sport italiano (la federtennis e lo stesso CONI) sarebbe come castrarsi, dal momento che i campioni portano gloria, sponsor e praticanti,
Fava si chiede retoricamente “perché ad esempio il poliziotto Tamberi dovrebbe pagare l’Irpef sui 150.000 euro e passa del premio Coni per l’oro (ci auguriamo) e Sinner nemmeno un centesimo?”, ma qui l’argomento è decisamente più delicato e complesso, perché sfiora appena un tema che è esattamente il punto in cui cade buona parte del ragionamento. Tamberi, e come lui la stragrande maggioranza degli atleti che disputeranno le Olimpiadi di Parigi nella delegazione azzurra, nella loro vita quotidiana sono pagati dallo Stato, facendo parte dei gruppi sportivi militari e dei Corpi dello Stato. Hanno cioè vinto dei concorsi preparati ad hoc e riservati a residenti in Italia (e quindi, per dire, un Tamberi se spostasse la residenza all’estero non avrebbe questo beneficio), sono stati arruolati chi nella Polizia di Stato, chi nella Penitenziaria, chi nei Carabinieri e così via, ricevono uno stipendio – e i relativi contributi pensionistici – dallo Stato non per il servizio nelle forze armate o di polizia, ma appunto per allenarsi e gareggiare quotidianamente sotto le insegne degli otto gruppi di Esercito, Marina, Aeronautica, Carabinieri, Fiamme Oro (Polizia di Stato), Fiamme Gialle (Finanza), Fiamme Azzurre (Penitenziaria) e Fiamme Rosse (Vigili del Fuoco).
Ecco, parliamone: i gruppi sportivi militari e dei Corpi dello Stato sono da decenni l’elefante nella stanza dello sport italiano, una situazione del tutto peculiare che costringerebbe, se proprio volessimo farlo, ad aprire il discorso sul professionismo e su un movimento che non ha saputo o voluto evolversi e staccarsi dalla mammella dello Stato. Molti atleti assunti per concorso (sono circa 1200), non riuscendo a qualificarsi per eventi quali Mondiali o Europei, vivono l’intera carriera agonistica all’interno del circuito nazionale, magari nelle retrovie, e ciò genera più di qualche mugugno, ma soprattutto: se, partendo dalla residenza di Sinner e ragionando sulla proposta ne facciamo una questione etica, allora è giusto che lo Stato – e dunque il cittadino comune – paghi un ragazzo o una ragazza in età lavorativa per fare sport?
Ora, è evidente che il denaro che circola nel tennis (e in altri sport professionistici) l’atletica se lo sogna, ed è altrettanto scontato che Sinner sarebbe ancora più simpatico se fosse residente e contribuisse con le sue tasse al fisco italiano. Poi però, per coerenza, bisognerebbe imporre a tv, giornali e testate varie – diciamo almeno a tutte quelle in qualche misura sovvenzionate dallo Stato – di non dare più alcuno spazio, magari, a quei tanti giornalisti in pensione che hanno deciso di trasferirsi in Portogallo per godere di un regime fiscale agevolato, o di prorogare ad libitum i benefici del Decreto Crescita nella speranza di riportare o portare in Italia contribuenti di altri Stati. Troppo facile, insomma, ridurre a un aspetto morale – a meno che, vale la pena ribadirlo, non si parli di evasioni accertate – un tema di grande complessità politica ed economica come questo. E troppo facile anche, per estensione, citare Federer o Nadal, che risiedono nei loro Paesi e lì pagano le tasse, ma uno in Svizzera – e la Svizzera, dal punto di vista fiscale, non è l’Italia – e l’altro a Maiorca (le Baleari dispongono di un regime fiscale speciale) perché, in definitiva, hanno valutato che fosse conveniente così.