Quella tra Yamaha e Valentino Rossi è una delle grandi storie d’amore del motorsport. Una storia che comincia a fine 2003, quando Davide Brivio incontra Valentino di notte, per convincerlo a credere in un progetto nuovo e ben sovvenzionato per fare qualcosa che riesce solo ai più grandi. Rossi accetta e, semplicemente, continua a vincere, esattamente come faceva con quella Honda che non lo considerava abbastanza bravo. A Paolo Beltramo Rossi disse che lasciava HRC perché “La loro moto è come la ragazza perfetta, il problema è che non vado d’accordo con i genitori”. Da lì quattro titoli mondiali, il passaggio in Ducati nel 2011 e poi il grande ritorno, per sfiorare il decimo titolo nel 2015 e chiudere la carriera ancora in sella a quella moto lì, la M1.
L’annuncio di Jerez, che di fatto formalizza la collaborazione tra Yamaha e Rossi, che sarà ambassador del marchio, riporta a galla per l’ennesima volta la possibilità che la VR46 prenda in gestione le M1 in MotoGP per fare da team satellite. Lin Jarvis ci spera e Jorge Viegas (Presidente FIM) lo dà per assodato, eppure sia ‘Uccio’ che lo stesso Valentino hanno sempre parlato chiaro: se Yamaha non costruisce una moto veloce rimaniamo con Ducati.
Il Doc lo ha ripetuto anche in Spagna, in un’intervista con Oriol Puigdemont per Motorsport-Total: “Abbiamo un contratto fino alla fine del prossimo anno”, ha ricordato Rossi. “Quindi correremo con la Ducati nel 2024. Mi piacerebbe vedere la VR46 correre con la Yamaha perché sono un pilota Yamaha, quindi avrebbe senso. Il problema è che Yamaha deve trovare un modo per migliorare la M1. Vogliamo affrontare le gare pensando di poter vincere o lottare per il podio. Al momento la situazione tecnica della Yamaha è complicata. Hanno il potenziale per migliorare e c'è ancora un un po' di tempo prima di decidere, ma la Ducati si è davvero migliorata e ha alzato il livello tecnico dall'arrivo di Dall'Igna, gli altri inseguono”.
Passare a Yamaha quindi non è impossibile, ma rifare come nel 2004 per i suoi piloti sarà difficilissimo. Un po’ perché Valentino è sempre stato un fuoriclasse, quindi in grado di arrivare dove per gli altri sarebbe stato impossibile, un po’ perché la MotoGP di oggi è tutt’altra storia: ”Sono cambiate tante cose da allora. Sono passati 20 anni. È vero che la moto gioca un ruolo importante, ma se c'è una cosa buona in tutto questo è che le prestazioni delle moto sono molto simili. ci sono dieci piloti in grado di vincere".
Ad ogni modo i risultati in pista gli danno ragione, il VR46 Racing Team è in testa alla classifica dedicata alle squadre (con 113 punti) e ci sono buone possibilità che nel corso dell’anno arrivino altre vittorie: “Sono molto contento del lavoro che abbiamo fatto. Sono molto orgoglioso. Abbiamo iniziato con Moto3 e Moto2, ma quando entri in MotoGP diventa molto più difficile. La responsabilità è enorme, tante persone stanno lavorando al progetto. Ma ci siamo riusciti. 'Uccio' lo ha fatto molto bene. A poco a poco abbiamo messo insieme le nostre persone di fiducia, con le quali siamo sempre stati in sintonia nel paddock, in una squadra che lavora attraverso e attraverso VR46. I risultati di quest'anno sono sorprendenti e dimostrano che stiamo facendo un buon lavoro."