Ha tutto, Max Verstappen. È un diavolo in pista, un pilota giovanissimo arrivato in Formula 1 a soli 17 anni per sorprendere, stupire, cambiare le regole dello sport. È un ragazzo cresciuto con l'obiettivo di essere un campione, oggi a soli venticinque anni già due volte campione del mondo. Non sembra subire la pressione di un confronto diretto, neanche quando - come lo scorso anno - si ritrova a combattere contro avversari che vantano sette titoli mondiali come Lewis Hamilton.
Negli ultimi anni, quando le cose per lui hanno iniziato a farsi serie e sul tavolo della Formula 1 sono arrivate le cose davvero importanti, è anche riuscito a fare i conti con il grande tarlo di tutta la sua carriera, il dubbio che per anni ha ossessionato appassionati e addetti ai lavori: riuscirà, questo giovane campione, a fare pace con la sua indole irascibile? Con il carattere che gli è valso il soprannome di Mad Max?
La risposta, lo abbiamo visto, è stata sì. Verstappen è riuscito a mettere da parte l'animo irruento, a capire che a volte un secondo posto può valere più di una vittoria, soprattutto se dall'altra parte c'è il rischio di perdere tutto quello per cui si ha lavorato solo per dimostrare di poter battere sempre e comunque tutti gli altri. È cresciuto, è maturato, e i due titoli mondiali vinti in queste ultime due stagioni ne sono la prova.
Però, il perfetto Max Verstappen ha ancora una debolezza. Il pilota che non sbaglia niente e che non sbaglia mai ha un difetto che ha mostrato al mondo intero nel corso di un team radio durante il Gran Premio di Austin, poi vinto proprio dall'olandese della Red Bull. Nel corso di un pit stop essenziale per la strategia di gara di Max infatti gli uomini del box hanno commesso un errore in fase di cambio gomme, rallentando notevolmente il rientro in pista dell'olandese che, così, si è ritrovato a dover riconquistare in pista la leadership della gara. Una piccola macchia nella stagione perfetta del team austriaco che, grazie all'ottimo lavoro sulla monoposto e al muretto, dove si sono rivelati la miglior squadra anche in termini di strategie, ha permesso a Verstappen di conquistare il titolo mondiale già a Suzuka, a quattro gare dalla fine della stagione.
Un errore che comunque non è valso la vittoria a Max, andato poi a conquistare il gradino più alto del podio senza troppe difficoltà ma che, nonostante tutto, a Max proprio non è andato giù: l'olandese si è aperto via radio, parlando con il suo ingegnere di pista Gianpiero Lambiase, lamentandosi con toni eccessivamente arrabbiati dell'errore dei suoi meccanici. "Complimenti, fottu****mi complimenti" ha gridato Max, continuando fino alla risposta secca di Lambiase: "Siamo in questa cosa insieme" ha detto l'ingegnere, come a voler placare il pilota e riportarlo con i piedi per terra.
Un piccolo gesto, un momento di stizza figlio dell'adrenalina che lo stesso Verstappen sembrava aver già dimenticato all'arrivo. Ma allo stesso tempo un segno di un difetto, oggi impercettibile e sicuramente non importante nella realizzazione dell'obiettivo finale, che è rimasto ancorato addosso al "perfetto" Verstappen. Max è un uomo di squadra quando le cose vanno bene, ma riuscirebbe a esserlo anche davanti a una squadra in difficoltà?
Se un cambio gomme lento in mezzo a una stagione perfetta che lo ha già visto laurearsi campione del mondo gli fa avere questa reazione contro i suoi stessi uomini, in un weekend tra l'altro molto doloroso e complesso per tutta la squadra visto il lutto per la morte del fondatore Red Bull Dietrich Mateschitz, che cosa potrebbe succedere a Max e al suo team nelle tempeste delle difficoltà di periodo difficili? Come avrebbe reagito l'olandese se si fosse trovato a dover gestire la stagione di Lewis Hamilton o, ancora di più, quella di Charles Leclerc?
Domande che oggi Red Bull non si pone e che certo non preoccupano Max Verstappen, neo due volte campione del mondo, ma che mettono in luce un tratto del suo carattere che preoccupa e solleva allo stesso tempo: neanche lui è perfetto, viene da dire. Fortuna e brivido dei suoi venticinque anni.