In Ducati, ormai, lo ripetono a ogni uscita pubblica e a tutti i livelli: sarà difficile schierare ancora per troppo tempo otto Desmosedici in pista. Lo ha detto il grande capo, Claudio Domenicali, e l’hanno ribadito, più di recente, anche il nuovo direttore sportivo, Grassilli, e Gigi Dall’Igna. Anche Carmelo Ezpeleta ha più volte spiegato che “l’anomalia Ducati” non gli piace particolarmente e che il suo desiderio è quello di vedere un team satellite per ogni marchio. E’ chiaro, quindi, che già nel 2025 le “Rosse” di Borgo Panigale saranno sei al massimo. Anche nel paddock della MotoGP, ormai, quasi tutti ormai, in maniera più o meno aperta, fanno il nome di chi potrebbe guardare più in là di Borgo Panigale. E quel nome, manco a dirlo, è quello che suona più di tutti quando si parla di motorsport: Valentino Rossi.
Sia inteso, non c’è stata alcuna rottura e , anzi, sembra che a Tavullia vogliono pensarci più che bene e fino all’ultimo secondo possibile, ma l’impressione è che le trattative tra il Pertamina Enduro VR46 Racing Team e Yamaha siano arrivate un bel po’ in avanti. E’ vero anche che c’è pure chi parla della possibilità di un clamoroso addio tra Ducati e il Team Gresini, con la squadra di Faenza che starebbe valutando il corteggiamento di KTM e RedBull, ma al momento è verso Tavullia che sono indirizzati i sospetti dei più. Anche Marco Melandri, che sarà pure un po’ sopra le righe, ma nel paddock ci ha passato gran parte della sua vita e quindi conosce abbastanza per saperne più di un normale appassionato, nella recente diretta social con Davide Valsecchi ha dato quasi per fatto il matrimonio tra la VR46 e Yamaha.
Un matrimonio che, almeno sulla carta, è assolutamente a rimettere per Valentino Rossi. Solo che si dimentica che una squadra di MotoGP è prima di tutto una azienda e quindi, prima di parlare di rimessa, bisognerebbe conoscere realmente i termini economici di una proposta. E’ chiaro – e s’è capito dalle dichiarazioni degli stessi vertici di Yamaha Racing – che da Iwata sono disposti a tutto pur di riavere una squadra satellite (anche Fabio Quartararo l’ha recentemente detto) e che se quella squadra dovesse essere quella che porta il nome di Valentino Rossi, allora gli eventuali sforzi potrebbero essere addirittura raddoppiati. Pensare, però, che Valentino Rossi e gli altri della VR46 possano optare per una scelta piuttosto che per un’altra solo per ragioni meramente legate al soldo è francamente riduttivo. E forse anche ingiusto.
Il dato di fatto, semmai, è un altro: Ducati non vuole andare avanti con otto moto. E c’è la necessità di guardarsi intorno. E’ chiaro che la prima prospettiva che per chi si chiama “VR46” può essere una sola: Yamaha. L'anomalia, semmai, è aver esordito come squadra in MotoGP con Ducati. E dovrebbe essere chiaro anche che una scelta che è folle per tutti potrebbe essere molto meno folle per chi quella stessa scelta, anche se in altri panni, l’ha già fatta in passato rendendola anche una scelta vincente. Già una volta Valentino Rossi è sceso dalla moto più forte per salire su quella a cui nessuno dava un soldo di fiducia. Perché pensare che la storia non potrà ripetersi esattamente così come è già stata scritta una volta? E’ questa la domanda che, semmai, sta alla base della decisione che si starebbe prendendo a Tavullia. E la motivazione per giustificare qualcosa che sembra un suicidio, in verità, è la più valida di tutte in un mondo, quello del motorsport, che è fondato sulla competizione: la sfida. Anzi: il gusto della sfida. Quando ha deciso di entrare in MotoGP con un team ha scelto Ducati non solo perché era la moto migliore, ma anche perché, probabilmente, voleva provare a fare bene con una moto con cui, invece, non aveva fatto bene da pilota. E’ stata una sfida (vinta) pure quella. E adesso ne serve un’altra.
In Yamaha la VR46 avrebbe non le moto rosse, ma tappeti rossi stesi ovunque. E probabilmente avrebbe anche quella considerazione che in Ducati potrebbero non garantire più dal 2025, sia in termini di supporto tecnico, sia in termini di garanzie sugli ingaggi dei piloti. Senza contare gli sviluppi di marketing a cui potrebbe portare la ricomposizione di una coppia che è stata leggenda: Yamaha e Valentino Rossi. Il resto, o più precisamente i risultati, potrà aspettare, magari come primo step di un percorso pienamente condiviso e con la consapevolezza che vincere sempre e vincere subito non è certo la prima cosa che si chiede a una squadra privata nella MotoGP di oggi. Nel 2003, quando Valentino Rossi e Uccio andarono di nascosto a parlare con Davide Brivio per ascoltare cosa avessero da proporre quelli di Yamaha, il rischio preso fu, semmai, ancora più grande.