In attesa di capire contorni e contenuti del cosiddetto Piano Mattei, il piano strategico proposto dall'Italia per costruire un nuovo partenariato con gli Stati africani, le organizzazioni della società civile africana (CSO) hanno bocciato la proposta messa sul tavolo dal governo Meloni. In una lettera inviata al Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella, alla stessa premier e al ministro degli Esteri, Antonio Tajani, un'ottantina di organizzazioni del continente ha sottolineato le ingenti preoccupazioni per un progetto ancora avvolto nella nebbia. E che, soprattutto, potrebbe riproporre vecchi modelli di collaborazione sbilanciati in favore delle vecchie potenze coloniali, pronte a mettere le mani sulle risorse africane. Il timore delle organizzazioni è che il Piano Mattei possa rivelarsi una piattaforma che abbia come interlocutori solo le élite e le grandi imprese dell'Africa, senza considerare minimamente le necessità della società civile della regione. "La nuova legge adottata dal Parlamento italiano contraddice l'appello urgente ad affrontare la crisi climatica", si legge nella lettera scritta dalla CSO in riferimento alla conversione in legge del decreto inerente allo stesso Piano Mattei, "perché stimola maggiori investimenti e flussi finanziari in nuovi progetti di petrolio e gas fossile, minando il benessere degli africani minacciati dalle conseguenze del riscaldamento globale. E distoglie risorse da altri settori - come l'espansione delle energie rinnovabili o i progetti di adattamento - che potrebbero essere più rilevanti". Per saperne di più abbiamo intervistato Dean Bhekumuzi Bhebhe, co-facilitatore di Don't Gas Africa, una campagna condotta dalla società civile africana per garantire che l'Africa non sia vincolata alla produzione di gas fossile.
Il Piano Mattei proposto dall'Italia può rappresentare un valore aggiunto per l'Africa o è qualcosa di poco concreto?
L'idea contenuta nel Piano Mattei di promuovere lo sviluppo tra Africa ed Europa è progressista. Tuttavia, il modo in cui il piano sarà reso operativo e i processi che porteranno agli accordi sono stati impegnativi e preoccupanti. In particolare, una delle preoccupazioni principali è che il coinvolgimento dei partner africani possa essere limitato ai leader africani, escludendo così la voce della società civile africana. In altre parole, c'è il timore che il potenziale del Piano di generare una crescita sostenibile possa essere ostacolato da maggiori investimenti e flussi finanziari diretti verso nuovi progetti di petrolio e gas, drenando così risorse da altri settori - come l'espansione delle energie rinnovabili - che potrebbero invece essere più rilevanti.
Quali sono gli aspetti critici del Piano Mattei e, in generale, della cooperazione europea con l'Africa?
Il piano è privo di concretezza. La domanda che dobbiamo porci riguardo al Piano Mattei è come possiamo utilizzare questo e altri quadri di riferimento per stabilire una relazione con il continente africano che trasformi effettivamente l'Africa, anziché approfondire i problemi strutturali sistematici con cui il continente è alle prese. Attualmente l'Africa si trova ad affrontare una crisi del debito che impedisce ai governi di affrontare al meglio temi quali la crisi climatica, la salute, le infrastrutture, l'istruzione e persino il commercio. Alle radici della crisi africana ci sono tre carenze chiave che devono essere affrontate: l'energia (la maggior parte dell'energia africana viene esportata, lasciando il continente povero di energia), la sovranità alimentare (l'Africa attualmente esporta l'85% del suo cibo, mentre un tempo era il paniere del mondo) e infine la terza carenza, che si riferisce principalmente al Piano Mattei, consiste in un deficit di produzione. Come Africa siamo rimasti bloccati in fondo alla catena del valore globale. Per produrre qualsiasi cosa, banalmente, dobbiamo importare macchinari, carburante per alimentare le fabbriche, componenti da assemblare con manodopera a basso costo e persino gli imballaggi.
E quindi?
Quindi, se il Piano Mattei vuole veramente trasformare l'Africa, deve investire strategicamente in queste tre carenze, con le energie rinnovabili in prima linea, poiché la società civile africana non può approvare un futuro basato sui gas fossili. Attualmente il Piano Mattei non offre all'Africa una via d'uscita dalle trappole sistematiche, ma cerca di perpetuare un ciclo in cui l'Africa rimane in fondo alla catena alimentare. Abbiamo bisogno di un piano che riequilibri e riposizioni l'Africa a livello globale. La presenza dei leader africani ha superato le aspettative. Tuttavia, affinché il Piano Mattei sia davvero innovativo e inclusivo, ci aspettiamo un'apertura verso la società civile italiana e africana, che è stata assente dal vertice. Il clima e l'energia si confermano il pilastro centrale del Piano, ma rimangono diverse ambiguità. Inoltre, manca un chiaro riferimento agli impegni internazionali sul clima, ribaditi dal Governo italiano anche all'ultima COP28 di Dubai.
Come si dovrebbe sviluppare un piano di cooperazione tra Africa ed Europa?
Gli interventi del Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e del Ministro degli Esteri Tajani non hanno rivelato molto sugli aspetti concreti del Piano Mattei, limitandosi a confermare quanto già annunciato prima del vertice. Nel suo discorso, Meloni ha annunciato che l'Italia è intenzionata a svolgere il suo "ruolo naturale" di ponte tra l'Africa e l'Europa, e che l'Africa sarà la principale priorità della presidenza italiana del G7. L'Africa si trova in un momento critico a causa della crisi climatica e, se non si convocano incontri come il Vertice Italia-Africa, si permette che una nuova forma di colonialismo prenda forma nel continente, diffondendo la disuguaglianza in tutto il suo paesaggio. L'Africa non può essere sviluppata attraverso le infrastrutture del gas, e se vogliamo che il Piano Mattei abbia successo abbiamo bisogno di soluzioni autentiche, incentrate sulle energie rinnovabili. Oltre alle soluzioni, abbiamo bisogno di trasparenza e inclusione. Oltre all'inclusione, abbiamo bisogno di voci africane. L'Africa è per gli africani e solo noi abbiamo il potere di definire il nostro futuro di sviluppo. Il processo di rinchiudere l'Africa in un'estrazione di combustibili fossili è obsoleto, superato, pericoloso e miope.
Ci sono altre criticità a suo avviso?
Gli interventi non hanno fatto alcun riferimento alla dimensione climatica, nemmeno sul partenariato energetico Italia-Africa; l'impatto del clima sulle migrazioni è stato citato solo in riferimento alla questione della scarsità d'acqua, che genera e aggrava i conflitti e aumenta i flussi migratori. Come si può ignorare la questione dell'acqua quando si conosce già la quantità di acqua sprecata nella produzione di elettricità con i combustibili fossili rispetto alle energie rinnovabili. L'Africa è già una regione sottoposta a stress idrico.
Emmanuel Macron, Giorgia Meloni, Olaf Scholz... Agli occhi dell'opinione pubblica africana, i leader europei sono considerati partner affidabili o c'è ancora molta diffidenza nei loro confronti, retaggio del passato colonialista dell'Europa?
Macron e Total Energies stanno costruendo il più grande oleodotto dell'Africa, che ha causato migliaia di sfollati e aumentato il rischio di shock climatici nella regione. La Germania ha recentemente firmato un accordo sul gas con la Nigeria, un Paese che ha sofferto a causa delle operazioni petrolifere e del gas e che ha lasciato il Delta del Niger in uno stato disastroso con un'aspettativa di vita di soli 42 anni. Vogliamo davvero considerarli partner e alleati?