Francesco Giubilei è “l’enfant prodige” dell’Italia conservatrice. A capo di una casa editrice, la Giubilei Regnani, presidente della Fondazione Tatarella, che ha organizzato il 5 ottobre il più importante congresso dei conservatori in Italia, ex consigliere al ministero della Cultura e appena tornato dall’America dopo una selezione per l’International Visitor Leadership Program come uno dei più promettenti “leader emergenti”. Lo abbiamo intervistato a cavallo tra l’evento romano e l’elezione di Donald Trump, in un periodo che ha visto inasprirmi anche la critica contro Israele, basti pensare all’episodio di Amsterdam. Siamo partiti da qui.
Giubilei, lei è stato definito un agente sionista durante la manifestazione pro-Pal a Milano.
Un conto è la libertà di manifestare, un altro conto è mettere su dei manifesti dei volti che diventano poi a tutti gli effetti dei veri e propri bersagli, con il rischio che qualcuno possa passare dalle parole ai fatti.
Come editore ha pubblicato dei libri su Israele.
Sì. Abbiamo pubblicato una serie di libri tra cui 7 ottobre 2023 e, proprio in questi giorni, La guerra antisemita contro l’Occidente di Fiamma Nirenstein, abbiamo pubblicato Emmanuel Navon, La stella e lo scettro, abbiamo pubblicato Yoram Hazony e in questi mesi abbiamo cercato di organizzare varie iniziative. Quando è arrivato Emmanuel Navon in Italia, che è il presidente di Elnet, un'importante associazione israeliana, lui ci ha chiesto di poter organizzare un evento in un'università pubblica italiana, La Sapienza. E gli ho dovuto spiegare che organizzare un evento a La Sapienza non è possibile, perché non ce lo farebbero fare. Oggi non c'è la possibilità di presentare un libro di un autore israeliano o di un autore ebreo in un'università pubblica, stessa università in cui invece avvengono occupazioni. Quando abbiamo fatto l'evento di Nirenstein al Maxi, c'è stata una contestazione e c’era un numero enorme di polizia, idem al Salone del Libro di Torino. Il punto è che gli stessi che mettono in discussione la libertà di manifestare, che invece è sempre stata garantita in tutto questo anno, sono i primi che in realtà molto spesso vorrebbero silenziare gli autori israeliani.
Il caso Sangiuliano sembra aver scandalizzato perlopiù per via della relazione extraconiugale con Maria Rosaria Boccia. Anche dopo le sue dimissioni in pochi hanno commentato l’operato dell’ex ministro. Secondo lei perché?
Perché c'è un pregiudizio nei confronti di chiunque faccia cultura a destra, Se guardassimo il curriculum di tante persone che operano nel settore della cultura e sono di sinistra, anche degli ex ministri, potremmo trovare molto di cui discutere. Però non viene fatto e si fa finta di niente. Tanto non sono di destra. Il politico di destra invece non viene valutato per quello che fa ma per tutta la cornice intorno, mai un attacco nel merito.
Se lei fosse all’opposizione, cosa criticherebbe di questo governo?
Direi più cosa consiglierei. Servirebbe avere una maggiore attenzione al tema dell'ambiente. Qual è l’alternativa a Ultima generazione o agli eco-vandali? Bisogna influenzare, e non subire, l'agenda. Temi come l’ambiente, i diritti delle donne o la cultura non sono solo della sinistra.
A Roma avete ospitato il ministro Valditara. Il pensiero conservatore può avere un ruolo nell’educazione scolastica oggi?
A scuola non si tratta di portare il pensiero conservatore o il pensiero progressista. Un approccio di carattere politico non dovrebbe entrare nei programmi scolastici. Bisogna combattere contro l’indottrinamento dei ragazzi.
La vittoria di Trump era contro ogni sondaggio, tu sei stato in America. Anche per te è stata una sorpresa o stand negli States l’atmosfera era diversa da come veniva raccontata dai giornali?
Onestamente la vittoria di Trump non è stata per me una sorpresa, né per chi ha seguito senza pregiudizi ideologici la politica americana. Negli stati dove sono stato, sia quelli democratici che Washington e New Hampshire, sia in quelli repubblicani come Florida e Arizona, parlando con le persone in vari contesti sociali, dal pub al mondo politico, emergeva una grandissima disaffezione nei confronti dell’amministrazione Biden del mondo democratico. Se poi i cosiddetti esperti vedono la politica americana dall’Italia, dai rooftop, da Washington Dc o alle stakehouse a New York, è chiaro che poi quando vince Trump si stupiscono. Dicono “Ma come, abbiamo parlato con tanti americani che ci hanno detto che Trump era razzista, che Trump era fascista, che Trump non avrebbe mai vinto, che era un pericolo della democrazia…”. Ma questo è un problema dei giornalisti che vivono in una bolla. Il sondaggio che esce a tre giorni dalle elezioni che dice che in Iowa Kamala Harris è in vantaggio di 3 punti, mentre invece Trump ha vinto di 10 punti, è la miglior dimostrazione di quanto non ci abbiano capito niente.
C’è chi sostiene che la vittoria di Trump darà una mano a Salvini ma non a Meloni. Che ne pensa?
La vittoria di Trump è un’ottima notizia sia per l’Europa che per l’Italia. Per Meloni è un’opportunità, non credo che ci sia nessun genere di problema rispetto al fatto che Salvini abbia un posizionamento pro Trump. In Germania è in una forte crisi di leadership e si torna a votare, la Francia vede Macron estremamente indebolito. Ora l’Italia può rappresentare un partner privilegiato per gli Stati Uniti nei rapporti con l’Europa. Sia perché c’è un partito conservatore che ha mantenuto in questi anni i rapporti con il partito Repubblicano, mandando rappresentati al Cpac (Conservative Political Action Conference), andando lei stessa a parlare; sia perché in un’ottica di politica estera bilaterale come quella portata avanti da Trump, che spesso ha una prospettiva antitedesca, sul tema dell’industria e non solo, l’Italia può rappresentare il vero interlocutore in Europa. Meloni lo sa e il fatto che abbia rapporti strutturati anche con Musk è un ulteriore elemento positivo.
Trump è stato descritto, sostanzialmente, come un affarista putiniano, decisamente con una biografia non “conservatrice”. Eppure molti conservatori guardano a lui con speranza. C’è qualcosa del “conservatorismo” atipico di Trump che potrebbe essere utile all’Italia in questo momento?
Trump non è evidentemente un conservatore né lui si definisce tale. Dovendo definire lo inquadrerei come una figura vicina al “national populism”, un’etichetta difficilmente traducibile in italiano, perché il termine populismo in Italia ha un’accezione negativa. Tuttavia, Trump difende istanze comunque vicine al mondo conservatore, dalla libertà di parola, il cosiddetto free speech, alla lotta contro il politicamente corretto e alla cultura woke, la difesa dell’identità, la difesa di istanze legate al cristianesimo e così via. Tra lui e Kamala Harris la scelta non poteva che ricadere su Trump. Anche perché Kamala Harris rappresenta una parte del partito Democratico che è antitetica a tutti quei valori cari al mondo conservatore, rappresentando quell’ala del partito californiana e legata al mondo di San Francisco che è molto radicale su tanti temi.