Durante la manifestazione pro Palestina a Milano nella Giornata della Memoria sabato 27 gennaio, un carabiniere ha risposto a una signora che gli chiedeva di tenere in considerazione quanto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella aveva detto riguardo alla situazione in Medio Oriente. Attenzione a ché la guerra non si inasprisse e, contestualmente, la speranza di rendere concreta la soluzione a due Stati, uno israeliano e uno palestinese. La donna, 94 anni, è Franca Caffa, una storica attivista milanese, fin dagli anni Settanta legata ai gruppi di attivisti per il diritto alla casa nel capoluogo lombardo, insignita tra l’altro dell’Ambrogino d’oro nel 2023. Ma la risposta del carabiniere ha del tutto sorpreso la donna e ha innescato una polemica che ha portato alla richiesta di trasferimento dell’agente. L’uomo avrebbe infatti risposto: “Con tutto il rispetto, signora, non è il mio Presidente. Non l’ho votato”. Ma quanto sono gravi le parole del carabiniere, ora denunciato per offesa all’onore e al prestigio della prima carica dello Stato? Lo abbiamo chiesto al quirinalista Marzio Breda del Corriere della Sera e tra i massimi esperti di questo settore.
Dottor Breda, per quanto riguarda la vicenda del carabiniere, quale tipo di ipotesi di reato potrebbe essere formulata?
L’ipotesi di reato è quella dell’articolo 278 del Codice penale, quello dell’offesa all’onore e al prestigio del presidente della Repubblica. Ci sono vari articoli, alcuni antecedenti e altri successivi al 278, che riguardano le offese, gli attentati o le minacce al presidente della Repubblica. Questa è l’ipotesi di reato di cui si sta occupando la procura di Milano, anche se credo che non sia stata ancora formulata.
Secondo lei è plausibile che venga formulata tale ipotesi di reato?
Sì, è possibile. Perché, effettivamente, quel tipo di botta e risposta è lesiva dell’onore e del prestigio del presidente della Repubblica secondo quell’articolo. Delegittima il capo dello Stato. Poi, detto da un carabiniere in servizio, ha un suo peso.
Come si muove il Quirinale in questi casi?
Solitamente non si muove mai. Anche in passato, con presidenti della Repubblica che hanno avuto contrasti e conflitti con l’opinione pubblica, come per esempio Scalfaro, il primo a muoversi non è lo Stato. O si muove la magistratura, o si muove un cittadino qualsiasi che presenta una denuncia. È accaduto in alcuni casi che, quando poi si mette in moto il meccanismo della giustizia e fa un percorso che può durare più di qualche anno, il Quirinale abbia fatto sapere o pregato di lasciar cadere la faccenda.
Che passi sono stati fatti finora?
Il comando dei carabinieri lo ha già trasferito e annuncia provvedimenti di tipo disciplinare. Questa, però, è una questione interna all’arma. Per quanto riguarda, invece, la procura di Milano hanno solo aperto un fascicolo, ma perché siamo ancora alle fasi preliminari e bisognerà valutare se queste frasi si configurano come un reato nei confronti del prestigio e dell’onore del presidente della Repubblica. Bisogna considerare che la faccenda è freschissima, per cui dovranno valutare e ipotizzare se è sufficiente la misura che è già stata presa, ovvero quella di trasferirlo.
Che ruolo pensa gli daranno adesso?
Non penso che avrà un ruolo a livello di ordine pubblico esterno. Piuttosto, gli faranno fare cose di ordinaria amministrazione, non penso che lo facciano andare in mezzo alla strada.
Secondo lei il ministro della giustizia Crosetto dovrebbe intervenire?
Per la parte militare Crosetto potrebbe anche intervenire, volendo. Ma siamo ai primissimi atti di un aspetto giudiziario, sia di giustizia militare che di giustizia ordinaria. Quindi ci vogliono dei giorni prima che configurino l’eventualità che sia stato commesso un reato. L’apertura di un fascicolo è il primo passaggio che non necessariamente porta poi a un’inchiesta. A volte le procure aprono dei fascicoli su un ritaglio di giornale, poi stabiliscono che non c’è il reato e chiudono il fascicolo. In questo caso la procura di Milano ha aperto un fascicolo e siamo quindi alle fasi preliminari.
Ora come si procederà?
Vorranno ascoltare i video che ci sono su questo botta e risposta. Poi presumo che vogliano sentire anche il militare, per cui alcuni giorni se ne andranno in questo modo.
Lei come inquadra questo episodio?
Come una forma di malessere che è presente nel nostro Paese, ma si tratta anche di cannibalismo politico. La figura del presidente della Repubblica dovrebbe essere super partes e riconosciuta super partes. Ma sappiamo benissimo che ci sono dei conflitti politici in corso. Questo non solo adesso, sono trent’anni che il Paese è avvelenato da una politica muscolare. Questo carabiniere evidentemente ci teneva a dire alla signora di non riconoscersi in questo Presidente, ed è una cosa che lo delegittima.
Qualcuno potrebbe dire che quest’opinione rientra nella libertà di espressione di un individuo.
C’è il diritto di critica ed è legittimo, sancito dall’articolo 21 della costituzione. Questo diritto si può esercitare e bisogna valutarlo perché non ha apostrofato in modo negativo il presidente della Repubblica, non lo ha definito né mafioso, né delinquente o qualcosa di simile.
Ma in casi come questo prevale la libertà di espressione o la lesione dell’immagine del presidente della Repubblica?
Bisognerà mettere i fatti sul piatto della bilancia. Il carabiniere non ha dato in escandescenza e non ha offeso con ingiurie il presidente della Repubblica. Però ha detto di non riconoscerlo come suo presidente. Ricordiamo che Salvini, tanto per fare un nome, aveva detto cose del genere rispetto ad altri presidenti. Basta ricordare quando il povero Ciampi andò al Parlamento europeo di Strasburgo e fu fischiato da un gruppetto di quattro o cinque leghisti, tra cui Matteo Salvini, che all’epoca era parlamentare europeo. Gli urlarono improperi di tutti i tipi, eppure era il presidente della Repubblica in carica. Quella cosa fu lasciata cadere impunita, pur avendo contestato il presidente molto più duramente di quanto non abbia fatto il carabiniere, per cui non so quali conseguenze possa avere questa storia. Dipenderà tutto dalle valutazioni che faranno la procura militare da una parte e la procura di Milano dall’altra. Non c’è l’ingiuria in questo caso, ma c’è la delegittimazione del presidente della Repubblica, cosa che comunque è grave. È molto sgradevole per il Quirinale, ma credo che faccia parte del clima imbarbarito di questi ultimi anni.