“Vorrei mettere a disposizione la mia esperienza di donna, di artista, negra, nata in Italia da genitori congolesi” ci dice con ingenuità inaspettata (o consapevolezza che sfiora il genio) e una “g” che lei si può permettere. “Ma tanto non mi chiamerà mai”, aggiunge. È Sylvie Lubamba, la showgirl italiana di origini congolesi che ha chiesto a Roberto Vannacci di “entrare nel suo organigramma”. MOW la sente al telefono, su sua richiesta, dopo l’articolo pubblicato ieri sulla Lega e sulla sua deriva “mondo movie”.
Si è parlato di svolta quasi mistica, dopo l’incontro col Papa, durante la sua carcerazione dovuta a faccende “della vita passata”, e di nuovo sorprende, per genio o ingenuità, quando precisa: “Ma no, non si è trattata di una conversione. Ci vuole di più per convertirsi. Soltanto, dopo quella sventura che mi ha portata in carcere, ero convinta che mai e poi mai sarei potuta tornare al mio lavoro, che è quello dello spettacolo: nessuno più mi avrebbe cercato, pensavo. E invece, quella visita del Papa, era la prima volta che entrava in un carcere femminile – spiega – mi ha come restituito la fiducia e la speranza in una seconda possibilità”. Papa e speranza nello showbiz, un accostamento inedito, naïve, ma anche una verità postmoderna; un cut up: “Non sono leghista, non ho nessuna tessera, a me piace l’uomo, l’uomo politico Roberto Vannacci. Seguo la Lega da quando lavoravo con Piero Chiambretti, andai a Pontida come incursore della trasmissione. Fui ben accolta, tranne una signora che gridò ‘no, i negri no!'. Mi diedero un foulard verde, mi dissero di indossarlo durante le foto con i leader, all’epoca – racconta, ricorda – Matteo Salvini e Massimiliano Bastoni. Era il 2008, erano i delfini di Mario Borghezio” eurodeputato che disse di “avere assaggiato i prodotti locali africani”, riferendosi alle donne congolesi: “Borghezio mi accolse bene e mi stupì. Sapeva del Congo più di quanto sapessi io. Si vedeva che conosceva bene quella realtà”.
“Conobbi anche Matteo Salvini, quell’anno. Lo ammiro e gliene sono grata. Quando, a 45 anni, finì la mia brutta esperienza in prigione, notai che le foto mie con Piero Chiambretti erano sparite dalla rete. Ce n’è una, in cui io sembro guardare qualcuno. Quel qualcuno era Chiambretti, ma Piero, nella foto, non c’era più. Non so se sia stato lui a fare togliere da internet le nostre foto o qualcuno del suo staff. Non gliel’ho mai chiesto. Ci siamo incontrari nuovamente, salutati affettuosamente, ma il dubbio mi rimane. Vorrei chiederglielo, non ho avuto il coraggio. Le mie foto con Salvini invece sono ancora lì. E dire che lui potrebbe anche, pagando, assumere una di quelle figure che ripuliscono la rete da foto che non ci piacciono o da notizie che ci potrebbero danneggiare. Lo farei anche io. Ma sono povera. Vivo con mia madre. Se facessi la escort, come dicono (ma nessuno lo dice, sono notizie “della vita passata” date dagli organi di stampa dieci anni orsono), sarei ricca. Per non avere cancellato quelle foto io sono grata a Salvini. Si è dimostrato umano nei miei confronti”. Continua a non dirsi leghista. È brava a parlare di quello che vuole, sa dove sono le domande insidiose: naïveté e scaltrezza coesistono. Ci tiene a precisare: “Mi piace anche Emma Bonino, anzi, lei proprio la idolatro. Ma mi piacciono anche Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli. Non condivido tutto della Lega. Penso che le persone che scappano dalle loro nazioni perché ci sono guerre, o fame, debbano essere accolte. Dovrebbe essere un istinto di tutti gli esseri umani, quello di aiutare chi è in difficoltà. Ma mi rendo conto che in Italia questo, per difficoltà oggettive, non è possibile”.
Ha le idee chiare su come potrebbe essere utile al generale, elenca le sue idee con una voce tra bambina entusiasta e piglio manageriale: “Vorrei occuparmi dei suoi viaggi, della prenotazione degli alberghi. Mi piacerebbe trovare per lui le migliori sistemazioni. Anche per le sue due figlie. Luoghi dove, oltre a studiare, possano rilassarsi con momenti ludici. Anche la moglie, lo segue in ogni uscita pubblica, come faccio io. Sarà stufa. Mi piacerebbe trovarle delle Spa dove si possa rilassare mentre il marito presenta libri, svolge la sua attività politica. Lo sveglierei al mattino per fare fitness: è un uomo in forma, asciutto. Mi occuperei anche della sua alimentazione. Troverei i ristoranti migliori con gli alimenti più salutari. Mi presenterei alle sei, sei e mezza del mattino… Anzi no, subito dopo la mezzanotte, con i quotidiani, li leggeremmo insieme e studieremmo strategie, decideremmo cosa e come rispondere, o, nel caso, potremmo intervenire sulla sua immagine. Mi occuperei dei suoi vestiti…”. Problem solving, suggeriamo. “Come ha detto? Me lo faccia segnare. Esatto, problem solving. Grazie. Adesso so come si dice. Fare smacchiare al volo una camicia, fargli recapitare abiti. Ho molti amici stilisti. Molte mie amiche gli mandano i jeans. A lui piacciono. Insomma, vorrei mettere a disposizione la mia esperienza di donna, artista, negra, nata in Italia da genitori congolesi”.