Bisognerà girare un “mondo movie” (in stile Jacopetti & Prosperi) sulla Lega, prima o poi (vedi nota 1).
Le recenti esternazioni di Lubamba (ex escort in piena crisi mistica, arrestata tempo fa per prelievi non autorizzati dalle carte di credito dei suoi “amichetti”) nei confronti di Roberto Vannacci - “ha l’Africa dentro di sé” – fanno duetto con l’ultimo slogan del “generale”: “I gay voteranno per me”. E qui il coro della comunità omosessuale – che assume i toni magnificenti della tragedia, o della commedia greca – recita: “Secondo noi, Vannacci, l’Africa, ce l’ha anche fuori di sé, all’altezza del cavallo” e sono in tanti che, volendo imitare il Vannacci bambino che facea finta d’inciampare per sfiorare la “mano negra” (cit. Manu Chao), vorrebbero arruzuliare su un marciapiede per attaccarsi all’Africa del militare e controllare che consistenza abbia. Così mi sovvengono d’improvviso altre e siculissime immagini: la popputa Maria Carmela (che nome da “ingravidabalconi” – cit. Giovanni Verga) D’Urso, tutta di pizzi neri eros e thanatos svestita, con la scosciata languida da lutto fresco (pandemia) che prega con Matteo Salvini sgranando i rosari come atti impuri da confessare. E così il mistero che si cela tra le gambe di Vannacci fa il paio con il mistero svelato e gaudentissimo che si agita tra quelle di Efe Bal, già da tempo infatuata carnalmente e pubblicamente di Matteo Salvini: “Sembra un turco. Ha la pancetta, la barba, sento per lui un richiamo ancestrale”, disse, e ancora, mostrando la tessere leghista n. 23760, “sono convinta che Matteo a letto sia un animale dolce e feroce e dalle dimensioni notevoli. […] So di non poterlo avere. Non Ora. Non subito. […] Ma sono speranzosa”.
E’ una Lega di speranza e di aperture verso future penetrazioni, da vivere clandestinamente o perché no alla luce delle piazze, è un delirio dei sensi se anche Lubamba, dopo avere confessato la sua castità durata ben sette anni, dice a Vannacci, in una lettera grondante afrori: “Se tu fossi un uomo libero ti corteggerei nel desiderio di possederti carnalmente” in preda anche lei del “desiderio ancestrale”.
E’ tutto uno sbummicare di scollature, cavalli di pantaloni e di battaglia, uomini (e donne) sull’attenti, e, ovviamente, anfratti, vallate, grotte, buchi, dove fare incursioni. Che siano foto posate, a petto nudo con cravatta (e come non pensare a giochi di ruolo con asfissia erotica) o rubate dopo notti intense (o così, quantomeno, si immaginano) dalla ex Elisa Isoardi, il sesso crudo, animalesco, “ancestrale”, pervade, invade, penetra ed è penetrato dalla Lega, fatto di lenzuola disfatte e ingroppate inclusive, come nei ricordi di Mario Borghezio: “In Africa ho assaggiato il prodotto locale. Ci sono le più belle donne congolesi, le katanghesi”. E sovvengono Jacopetti & Prosperi e i loro epigoni, “Africa addio”, “Africa ama”, “Africa nuda, Africa violenta”, o ancora addietro, quando la grana dei documentari vietati ai minori era simile alle pagine di “Cronaca Vera”, con Alessandro Blasetti e il suo “Europa di Notte” con l’intervista al transessuale francese Coccinelle che animava il quartiere a luci rosse di Pigalle e comparve anche nel film dal titolo più bello mai girato: “Il Pelo nel Mondo” (1964, di Antonio Margheriti e Marco Vicario).
Ed è proprio la notte che la Lega ha dato il meglio di sé, almeno per quanto riguarda quelle cronache scandalistiche, tra il presunto reato e il festino “malavitoso” (si differenzia, come vedremo, dal festino “dolcevitoso” alla romana), dalle atmosfere un po’ alla Diprè – mdma e ragazzotti tutte le notti – come accadde all’indignato a “bestia”, al motore della “pancia” della Lega, lo scandalizzato diventato scandalizzante, il mediaticamente bigotto e privatamente allegrottissimo Luca Morisi, amico storico e braccio “social” della Lega. Così come le grida e i sussurri dei peccati carnali (siamo in ambito turbo-cattolico, di “peccati” si tratta per la loro cultura di riferimento) che da passaparola diventa insulto da bar, come fece il conoscente Massimiliano Parente con l’ex-amico Francesco Borgonovo (leghista-indignato tutto di un pezzo, rigido, rigidissimo, triste da quando la dieta lo ha smagrito ed ha finito di editare Libero Veleno, grande inserto satirico) servendogli un “outing” non richiesto che rimbalzò sui principali giornali e che diceva più o meno “a Borgonovo piace il caz*o”. Immaginiamo che Parente lo abbia detto per incensare la penna (quale delle due chissà) di Francesco, giacché in un threesome telefonico tra me, Gianmarco Aimi e il Parente medesimo, quest’ultimo, sostenendo la sua superiorità stilistica scrittoria nei miei confronti ebbe a dirmi (ma lo aveva già detto in una intervista): “Io ho preso il caz*o nel culo. E tu?”, lasciandomi con l’interrogativo – tuttora mi tormenta – sulla relazione concasuale tra la slabbratura anale e lo scrittura. E comunque, meno male che a Francesco, pur non nelle litigate, non ho mai detto: “Da quando hai perso peso sembra che hai una scopa nel culo”, perché le abitudini sessuali degli altri, come disse Borgonovo stesso a Bianca Berlinguer, non vanno commentate.
Tutto molto lombardo (Borgonovo è di Reggio Emilia, ma oramai molto padano) questo sottrarsi, questo understatement, questo “L’etica cattolica e lo spirito della fabbrichetta” come fosse scritto da Max Wuberone. Somiglia sempre di più a un’ammucchiata della domenica pomeriggio, post-messa, post-pranzo in famiglia, post-operosità, in un privé della Padania, tra fabbrichette e stradoni deserti, questa Lega. Diversa, diversissima, dalla “dolce vita” romana, dai nobili decaduti che fanno un tappeto di giacche sartoriali al corpo nudo della ballerina turca Aiché Nanà al Rugantino, dalle dark room gaudenti e irresponsabili raccontate da Roberto D’Agostino e Marco Giusti (con la fotografia di Daniele Ciprì) in “Roma, Santa e Dannata”, in cui il peccato si frequenta con la gioia di chi si apre alla vita in maniera lietamente rumorosa e gaudente.
Con la Lega – nelle atmosfere, nella narrazione letteraria, sia chiaro - siamo dalle parti dei vizi privati e delle pubbliche virtù, dei “capitoni” che si agitano furtivi e pronti nei “capannoni” industriali e nelle voglie di Efe Bal – turca come Aiché Nanà, romana d’adozione quest’ultima, milanese la prima, non è un caso. Uomini, donne, trans, prostitute, clienti di prostitute e di prostituti, promiscuità, transgenderismo, se non fossimo nell’epoca del politicamente corretto lo diremmo: “Minchia, la Lega sembra un grandissimo troiaio”. In senso buono.
NOTA 1: Non è uno scherzo. Accettiamo proposte di finanziamento. Diffidiamo chiunque dall’appropriarsi dell’idea. L’articolo che avete letto rappresenta soggetto e trattamento del film dal titolo di lavorazione “Mondo Lega”. La presente pubblicazione vale come copyright da non infrangere.