Siamo abituati a pensare di vivere nella parte del mondo migliore possibile. Niente e nessuno può competere con l’Occidente, inteso come somma (poco) algebrica di Europa più Stati Uniti d’America: è questa l’idea più diffusa alle nostre latitudini. Siamo convinti, quasi come per decreto regio, di essere unici in tutto ciò che facciamo e altrettanto certi di avere un’identità fatta di Scienza, Affidabilità e Valori universali, tutto rigorosamente in maiuscolo. Mentre, però, abbiamo trascorso gli ultimi decenni a crogiolarci davanti allo specchio, mentre gli editorialisti dei più importanti quotidiani europei e statunitensi esaltavano l’Occidente - anche se quello nel frattempo era ormai diventato un mantra svuotato di ogni significato originario - mentre accadeva tutto questo è successo che in Asia qualcuno ha “osato” superarci. E lo ha fatto quasi in silenzio, visto che nessuno di noi sembra ancora essersi reso conto della trasformazione avvenuta in Estremo Oriente. Una trasformazione guidata da leader e governi politici distanti anni luce - e non solo chilometri - dalle democrazie di stampo occidentale. Consigliamo quindi di leggere molto attentamente l’ultimo libro pubblicato da Simone Pieranni, intitolato 2100. Come sarà l’Asia, come saremo noi (Mondadori). Che, in poco meno di 200 pagine, prima demolisce l’unicità di un Occidente insuperabile, poi guida il lettore alla scoperta delle innovazioni – tecnologiche ma anche socio-economiche – che hanno plasmato la nuova Asia, e che potrebbero presto, a scoppio ritardato, modificare anche la nostra società. Siamo davvero sicuri di non aver niente da imparare e solo da insegnare? A leggere 2100, sembrerebbe proprio di no...
L’obiettivo del volume di Pieranni è semplice: guardare all’Asia, e ai fenomeni che la stanno scuotendo dall’interno, per provare a immaginare come sarà il nostro futuro. Il volume si apre con un tema caldissimo: il cibo. In futuro, a causa della demografia, dei consumi insostenibili e degli effetti del cambiamento climatico – per non parlare di guerre e tensioni internazionale – c’è il rischio di dover fare a meno di non pochi alimenti. Singapore ha iniziato a muoversi per trovare possibili soluzioni: la carne sintetica, o per meglio dire coltivata in laboratorio, meduse, insetti e larve. Significa che ci ritroveremo costretti, obbligati dai “poteri forti”, a consumare questi piatti, apparentemente perfetti per scatenare una nuova ondata di populismo? No: significa che queste sono alcune opzioni da prendere in considerazione qualora fossimo costretti a fare i conti con una futura e lontana carenza di cibo. Un altro tema caldo come il cibo affrontato dal volume di Pieranni: il futuro delle città. Lo sapevate che l’Indonesia sta creando da zero una nuova capitale nella foresta pluviale, Nusantara, (costo stimato: 32 miliardi di dollari) da rendere operativa entro il 2045? Il motivo è semplice: Giacarta, l’attuale capitale, sprofonda alla velocità di 7,5 centimetri ogni anno. Immaginate qualcosa del genere in Italia o in Francia o in Germania: la necessità di costruire una capitale alternativa per far fronte a problemi di natura climatica o anche a fattori quali sovraffollamento o semplice logistica. Sarebbe pressoché impossibile anche solo proporre una soluzione del genere...
Restiamo sempre in città. A Milano e Roma si susseguono furti, scippi, aggressioni. Niente del genere potrebbe verificarsi a Pechino, Tokyo o Seoul. Colpa solo ed esclusivamente di una forma di governo (nel caso cinese) e di un approccio culturale (nel caso giapponese e coreano) diversi rispetto ai nostri? In parte è senza dubbio così, ma in parte conta anche la mano delle autorità. In diverse megalopoli asiatiche sono state installate centinaia e centinaia di telecamere di sorveglianza: per migliorare la gestione delle smart cities, ma anche per azzerare la criminalità. L’altra faccia della medaglia è ovviamente un controllo pervasivo, che in Occidente digeriremmo malvolentieri, ma che al contempo potremmo in qualche modo bypassare trovando un giusto equilibrio tra controllo e sicurezza. Sempre restando in città, in Corea del Sud spunta la chirurgia da remoto, in Cina fanno capolino i primi chip neurali – e cioè da impiantare o collegare al cervello degli esseri umani – e la Malesia si affida ai Big Data per rendere le atmosfere “alla Blade Runner” di Kuala Lumpur addomesticate al controllo intelligente. E poi c’è l’enorme dossier riguardante l’intelligenza artificiale, con i suoi utilizzi in ambito lavorativo, nell’informazione (l'ombra delle fake news) e pure nel porno (deepfake porn). Dobbiamo copiare e incollare ogni innovazione asiatica? Nemmeno per sogno. Dovremmo, però, guardare con maggiore attenzione a questo continente. Perché è da qui che arriveranno alcune (non tutte) novità rilevanti.