Incuriositi dalle innumerevoli polemiche che ha scaturito l'ultimo libretto (75 pagine) di Alessandro Di Battista, siamo andati a leggerci “La Russia non è il mio nemico”, un agile phamplet pubblicato soltanto in versione digitale da Paper First, la casa editrice de Il Fatto Quotidiano. Pensavamo, onestamente, di trovare elogi espliciti e spropositati sulla Federazione Russa di Vladimir Putin. Carlo Calenda, del resto, era stato uno dei primi a smuovere il vespaio notando una losca somiglianza tra il titolo dell'opera del Dibba e gli slogan usati dal Cremlino per effettuare le sue campagne di propaganda all'estero (alcuni cartelloni del genere erano apparsi anche in Italia). Il leader di Azione ha persino chiesto un chiarimento per accertare o meno se Di Battista “sia legato in qualche modo a: società di propaganda russe; aziende che fanno business in Russia; considerato anche il fatto che è ospite fisso di numerose trasmissioni televisive e che in passato, come Salvini, ha firmato un accordo di collaborazione formale con Russia Unita a nome dei 5S”. Replica del diretto interessato: “Stai chiedendo agli “organi preposti alla sicurezza dello Stato” di verificare i miei legami con la Russia perché non ti piace il titolo del mio libro? Fantastico”. E così via con altri piccoli battibecchi incrociati a mezzo social, e non solo lì.
Ok, ma di che caz*o parla il libro dell'ex grillino? Partiamo col dire che il protagonista del volume non è la Russia, come si potrebbe immaginare dal titolo, ma l'Occidente, inteso qui come Europa. L'assunto base, da quanto si evince (magari abbiamo capito male noi eh) è che il Vecchio Continente sarebbe stato bombardato, travolto, subissato da una imperante russofobia. Qualcuno – leggi: Bruxelles, le élite europee – avrebbe pensato bene di trasformare la Federazione Russia e Putin nei nemici numeri uno dell'Ue. E perché mai? L'autore offre una non troppo convincente ricostruzione storica: gli scaz*i fra Napoleone e lo zar Alessandro I, la Grande Guerra Patriottica di Stalin, il mito dell'invincibile Armata Rossa, il tutto unito a due fatti. Uno geografico: le enormi dimensioni della Russia, che è il Paese più grande del mondo, e uno demografico, con i russi sono oggi appena 144 milioni, la metà degli statunitensi. La Russia, dice Di Battista, potrà anche far paura, incutere timore, ma noi, intesi come europei, li abbiamo invasi diverse volte: “Quattro volte, nella storia recente, i soldati italiani hanno invaso la Russia, mentre il contrario non è mai avvenuto. Gli Stati Uniti hanno invaso la Russia, la Gran Bretagna ha invaso la Russia. Non è mai accaduto che un soldato zarista, sovietico o in generale russo mettesse piede negli Stati Uniti o nel Regno Unito”. Si parla poi dell'animo russo, della necessità di conoscere la “vera Russia” per capire meglio le sue ragioni e i pensieri degli abitanti, oltre che dei leader...
Fin qui niente di nuovo sotto al sole. Nulla che lo stesso Di Battista non abbia più volte spiegato nei talk show televisivi nei quali è stato più volte invitato a parlare di Russia. Le polemiche, insomma, sembrerebbero derivare soltanto dal titolo, forse scelto di proposito per aizzare gli animi dei filo atlantisti? Impossibile da dire. Certo è che non ci sono tesi rivoluzionare in questo phamplet che, al contrario, sembra essere più un compendiario di quanto già detto e ridetto dallo scoppio della guerra in Ucraina. Le due anime ideali più interessanti del volume, tralasciando quella riguardante la querelle storica e antropologica sulla Russia, coincidono con l'illustrazione della guerra mediatica in corso e con il duro attacco del Dibba contro il riarmo europeo. In merito al primo punto, l'autore sottolinea come innumerevoli (e autorevoli) testate giornalistiche avrebbero, a suo modo di vedere, raccontato un mare di balle per convincere l'opinione pubblica a odiare tutto ciò che è russo. Questo si sarebbe reso necessario, sembra di capire, per giustificare la militarizzazione dell'Europa e le strategie della Nato. La “russofobia”, quindi, sarebbe soltanto un grande inganno, nonché lo strumento impiegato dall'Occidente per creare un nemico perfetto. Ma è davvero così? “Lo spauracchio di Mosca serve alle classi dirigenti europee a far “accettare” ai cittadini del Vecchio continente, e in particolare a quelli italiani, la più grande operazione di speculazione finanziaria degli ultimi decenni: il piano di riarmo europeo che non farà altro che arricchire le fabbriche di armi statunitensi e fondi finanziari Usa che ne sono i principali azionisti”, si legge nella quarta di copertina del libro. Business is business...