“Se solo esistesse” una rubrica in grado di dare i numeri per ogni notizia rilevante sul nostro Paese: c’è. È il Dataroom di Milena Gabanelli su Il Corriere della Sera, che stavolta viviseziona l’accordo sugli sbarchi e la divisione dei migranti tra Italia e Albania, siglato dal governo Meloni con il rispettivo est europeo. L’obiettivo è ridurre il numero degli sbarchi in Italia, una di quegli ostacoli che, da quando al governo, la leader di Fratelli d’Italia non è riuscita minimamente a gestire. Come riporta Gabanelli, si tratta di gestire la quota residua di ingressi già ridotta, quest’anno, grazie al memorandum d’intesa con la Tunisia del 16 luglio 2023, “con cui l’Ue dà al Presidente Kaïs Saïed 105 milioni di euro per il controllo delle frontiere”. Cosa fa allora il governo di centrodestra? Si accorda, a sue spese, con l’Albania per costruire due strutture: “Una per le procedure di sbarco e di identificazione nel porto di Shengjin, l’altra, su un’area di 77 mila mq a Gjadër, dove i migranti staranno in «stato di trattenimento» in attesa di approvazione della domanda di asilo o del provvedimento di espulsione”. L’accordo avrebbe durata quinquennale, ovviamente con un esborso di denaro non indifferente. Ecco di quanto si tratta.
In Albania arriveranno solo “maschi adulti provenienti da Paesi considerati sicuri (come Tunisia, Marocco e Algeria)”. La distribuzione avverrà in acque non territoriali, in particolare grazie all’intervento delle nostre forze navali. Smistamento che, rileva Gabanelli, sembra “complicato da fare in mezzo al mare, visto che i migranti viaggiano senza documenti”. Complicato e costoso in realtà, soprattutto contando che si tratta di dirottare dei soggetti in Albania solo in attesa di poterli portare in Italia, dopo il tempo necessario “a espletare le procedure di accertamento dei requisiti per l’ingresso e soggiorno in Italia”. Un accordo per altro sommario, si sostiene, per via del rischio di rimanere impantanati tra richieste di ingresso e richieste di rimpatrio, poiché, superato il limite temporale utile per tutti gli accertamenti, i migranti che risulteranno non idonei a venire in Italia, dovranno essere rimandati nel loro Paese di origine, Paese che tuttavia resta fuori da questo accordo e che potrebbe dunque non rispettare i termini del Memorandum d’intesa Italia-Albania. Tutto questo comportando, come soluzione cuscinetto, l’inaccettabile detenzione in attesa di espulsione dei soggetti nelle stesse aree in Albania prevista per lo sbarco. Misura, quest’ultima, che potrebbe essere bocciata dalla Corte di giustizia europea per violazione dei diritti umani, inalienabili e da salvaguardare anche di fronte alle “procedure accelerate di frontiera” previste dal decreto Cutro. Il giro di esseri umani, dunque, potrebbe essere inefficacie e dispendioso. Si parla infatti di 653 milioni di euro di costi, ecco come sono divisi.
“Tra costruzione, gestione e apparati telematici le due strutture costeranno quasi 69 milioni di euro”, a cui si aggiungeranno altri 25 milioni “per la struttura penitenziaria”. L’Albania non fa tutto questo gratis, al contrario dovremo dare “94 milioni per la sorveglianza esterna: la giurisdizione sarà italiana, ma Edi Rama collaborerà con le sue forze di polizia per la sicurezza fuori dalle strutture”. Per chiudere la somma anche 260 milioni e 200 mila euro “per il viaggio, la diaria, il vitto e alloggio degli uomini dell’Arma dei Carabinieri, della Polizia di Stato e della Guardia di Finanza, i costi in più sono di 260 milioni e 200 mila euro” e 17 milioni e 970 mila per “le cinque nuove commissioni territoriali che dovranno esprimersi sul diritto di asilo”. Poi 42milioni 507.739 euro per nuove assunzioni (di 152 nuovi funzionari, magistrati, giudici di pace e dirigenti sanitari) e 2 milioni 920 mila euro per le utenze: “affitto delle aule a Roma per le video-udienze, luce e riscaldamento”. E non è finita: “Per costruire e allestire venti aule per le udienze in Albania e per i collegamenti telematici dall’Italia dei difensori 8 milioni 730 mila. Spese di viaggio per avvocati e interpreti 29 milioni 160 mila”. Non quello che alcuni definirebbero “uno scherzetto da poco”. Con il rischio che sia, oltretutto, una strategia fallimentare le casse dello Stato.