“Grande è la confusione sotto il cielo, quindi la situazione è eccellente”. Così diceva, nel Novecento, Mao Zedong, gran Mogol del comunismo cinese. Sarà mica un caso che l’Albania, è ancora di questa terra che mi trovo a parlare, dopo aver raccontato in agosto di un lungo viaggio fatto in quella sponda del Mediterraneo a noi così vicino, è sempre stata una anomalia nella costellazione del comunismo post-bellico, distante da tutto e da tutti. Perché seppur non sia certo l’ordine, oggi, a spiccare tra le caratteristiche principali del paese delle aquile, così viene chiamata la nostra dirimpettaia, per le due aquile che campeggiano sulla bandiera più che per quelle che capita di vedere in volo in cielo, sempre il cielo, caspita, è pur vero che proprio nel momento in cui un barlume di programmaticità sembrava aver finalmente fatto irruzione nella loro storia recente, ecco che arriva un accordo che potrebbe davvero mandare tutto “a carte quarantotto”. Un piccolo passo indietro. Quest’estate, mentre tutti i quotidiani nazionali gridavano, prima con curiosità, poi con sospetto, infine quasi con fastidio all’esplosione del turismo italiano in terra albanese, tutti articoli scritti comodamente seduti su una sdraio affacciata sul Tirreno, a occhio, parola di chi lì c’era, e mentre qualche rappresentante del centro-destra al governo provava a innalzare una metaforica diga verso una fuga non più di cervelli, ma di tipi in pareo e infradito, destinati a passare le loro ferie a Ksamil, per pochi spicci, invece che a farsi spennare, questo voleva la vulgata, in un lido del Salento, di colpo venduto come carissimo, ecco che Giorgia Meloni spiazzava tutti andando a passare le ferie di Ferragosto non in una qualche località italica, ma in quel di Valona, ospite del presidente-artista Edi Rama, nome psichedelico che però, ultimamente, di psichedelico ha davvero poco. Una vacanza che suonava tanto come conferma dei sospetti che tra Italia e Albania ci fosse appunto di mezzo un accordo economico, i quotidiani di regime proni a raccontare la favola della terra economica e bellissima. Intendiamoci, anche per fugare un’ulteriore shitstorm come è successo durante l’estate, l’Albania è una terra meravigliosa, con un mare pazzesco, che in Italia poche regioni possono vantare, forse la sola Sardegna, e a prezzi decisamente più bassi, ma proprio tanto, che da noi, ma anche con qualche disservizio, specie a livello di infrastrutture, se si vuole fare un racconto serio tocca dire tutto, non solo quello che fa comodo a una determinata tesi. Il fatto che il presidente Meloni decida di passare le ferie di Ferragosto lì, oltre che denotare una sua propensione a vendersi come underdog anche come premier, la scelta che cade su una meta bellissima ma popolare, denota appunto che qualcosa sotto doveva esserci, io ipotizzavo proprio un accordo economico tra le due nazioni, atto a stabilire una sorta di asse virtuoso a cavallo tra Adriatico e Ionio, compresi investimenti italiani in quella sponda del mare, sia a livello di logistica che, immaginavo, di vettori. Gli albanesi, i tanti coi quali ho avuto modo di parlare durante il mio viaggio agostano, da una parte dimostravano una certa felicità in questo boom, che stava portando nuove economie in una terra decisamente bistrattata dalla storia, dall’altra, specie quelli che nel mentre si sono trasferiti a vivere da noi e che fanno ritorno dai parenti durante le vacanze, si lamentavano di come questa semi-invasione straniera, in realtà gli italiani li abbiamo incontrati solo nella parte finale del viaggio, quando siamo arrivati all’estremo sud della nazione, di fronte a Corfù, stesse alzando i prezzi soprattutto per i locali, di colpo privati della possibilità di godere della propria terra, divenuta inavvicinabile per chi, di media, guadagna meno di cinquecento euro al mese.
Ieri è però arrivata una notizia che non ci si aspettava, o almeno non me la aspettavo io né gli albanesi di cui sopra, un accordo in effetti tra Meloni e Rama, ma non che preveda investimenti italiani sul fronte turistico o imprenditoriale, una cosa che salta all’occhio in Albania è la totale assenza di industrie, oltre a quella di una linea ferroviaria, per dire, o di una autostrada, volendo anche dei semafori, quanto piuttosto un forte investimento, di ottanta milioni di euro, per la costruzione di due poli di accoglienza per i migranti che giungono nel nostro paese, per un totale, quando i due centri saranno in bolla, di trentaseimila migranti annui. Una sorta di centro di smistamento, dove i migranti nel corso di pochi mesi, il tempo necessario a procedere al riconoscimento e quindi all’accettazione o meno di richieste di asilo, resteranno sotto una sorveglianza congiunta tra Italia e Albania, per poi partire o di nuovo verso casa o verso quegli stati Ue che li dovranno accogliere. Due centri che non ospiteranno né minori né donne in stato di gravidanza, né persone che presentino delle fragilità. Un patto, quello tra Albania e Italia, che consolida qualcosa che è partito da più lontano, e che rappresenta un unicum, tanto più tenendo conto che almeno fino al 2030 l’Albania non sarà parte dell’Unione Europea, in quella data è prevista la prima sessione che potrebbe portarne all’annessione. I due centri saranno collocati uno in zona mare, dove verranno fatti sbarcare i migranti che a questo punto neanche passeranno dall’Italia,dove avverranno tutte le pratiche di riconoscimento, e uno all’interno, sul modello dei CPR. Due centri che complessivamente riusciranno a ospitare tremila persone, il che ci fa capire, vista la cifra di trentaseimila annui, per quanto poco tempo sia prevista la loro permanenza in quelle sedi. Nel confermare, parole del premier, come con nessun altro stato europeo sarebbe mai potuto esistere un accordo del genere, tirando in ballo storia, tradizione e cultura condivisa, si punta il dito ancora una volta in maniera critica verso una politica europea decisamente poco incline a dare una mano alle nazioni, come l’Italia, di frontiera. Il fatto che l’Unione Europea abbia fatto sapere, per bocca del portavoce Eric Mamer, di non essere stata messa a conoscenza di detto accordo, in qualche modo disconoscendone la validità, apre scenari fumosi sul futuro prossimo, non tanto dei due centri, l’accordo ha una durata di cinque anni, ha dichiarato la Meloni, quanto piuttosto dei migranti che vi transiteranno, perché quello che potrebbe presumibilmente accadere è che una volta registrati, più che partire per l’Europa, puntino o facciano ritorno verso l’Italia, paese cui erano evidentemente intenzionati a approdare. Se un po’ tutti, a parte i diretti interessati, stanno in queste ore palesando dubbi sulla fattibilità della cosa, per la concreta difficoltà a prevedere la garanzia dei diritti dei migranti, oltre che per quel che riguarda la garanzia al diritto di asilo dopo quello all’accoglienza, ripeto, l’Albania non è parte dell’Unione Europea e non ne farà parte per almeno altri sei anni, con questa bislacca idea di una sorta di parcheggio momentaneo di migranti, una succursale italiana in sponda albanese, prima al porto di San Giovanni di Medua, al nord, poi all’interno, i dubbi di Bruxelles a riguardo partono proprio dal fatto dell’extracomunarietà dell’Albania, è innegabile che chi meno di tutti avrà a gioirne, migranti a parte, saranno proprio gli albanesi, che magari si erano illusi di essere finalmente di fronte a una chance di allontanare la povertà, la nazione è la terzultima per ricchezza nella classifica delle nazioni europee, e soprattutto di cominciare a fare davvero parte di quell’occidente che troppo spesso hanno visto solo attraverso i canali televisivi italiani. Se infatti il solo effetto di un accordo con l’Italia sarà quello di aver in patria una sorta di Lampedusa, parlo di Cpr non certo di strutture alberghiere, invece che una qualche iniezione finanziaria per sviluppare quelle infrastrutture ancora non al passo con la domanda dei turisti italiani, il rischio è che la favoletta delle Maldive del Mediterraneo a due passi da casa nostra evapori come una medusa lasciata sotto il sole, neanche il tempo di aver stappato una bottiglia di spumante. Che al popolo italiano non piaccia avere tra i piedi i migranti, direi, a occhio, la presenza a Palazzo Chigi della Meloni e al governo di Salvini qualcosa ci dice, è un dato di fatto, scappare dalle nostre coste, stando a questa narrazione tossica, così intasate di migranti su barconi, per finire altrove, sempre coi barconi che arrivano quotidianamente, non sembra la soluzione migliore. Edi Rama, proprio questa estate, spavaldeggiava per questo boom di turisti italiani mostrando un meme che associava le navi coi turisti alla famosa Nave Vlora che oltre trent’anni fa ha portato a Bari decine di migliaia di migranti albanesi, foto diventata tristemente iconica, l’idea che in futuro ci possano essere navi di migranti che invece che dirigersi a Bari si dirigano proprio al porto di Valona, non come turisti, ma come richiedenti asilo o accoglienza, suppongo non sia esattamente quello a cui questo popolo, non baciato dalla buona sorte dai tempo di Enver Hoxha in poi, si aspetta da domani in poi. Probabilmente, però, tutto questo finirà per essere l’ennesimo annuncio a beneficio di camera e di media proni, perché seppur le due parti siano d’accordo, è a Bruxelles che i dubbi non sembrano risolvibili, con buona pace di quanti oggi hanno pensato che questa fosse una prima soluzione per il problema migranti in Italia, e con sollievo da parte di chi, albanese o italiano, sta in effetti investendo di tasca propria nel turismo di quella nazione, con un futuro tutto da costruire davanti.