Per arrivare alla pace fra Ucraina e Russia, ormai è palese a tutti, non basta che i due Paesi si accordino. C'è un terzo incomodo che incombe sul conflitto e con il quale, ci piaccia o meno, tutti devono fare i conti. Parliamo degli Stati Uniti, che sono i veri registi della resistenza ucraina, che controllano la Nato essendo il soggetto più "pesante" all'interno di quell'organismo internazionale e che, storicamente, sono in contrasto con la Russia dalla guerra fredda in poi. Ma come viene percepita realmente questa guerra alle porte dell'Europa dal popolo americano? Lo abbiamo chiesto a Seba Pezzani, giornalista, scrittore, traduttore di grandi autori a stelle e strisce (fra i quali Joe R. Lansdale, Jeffery Deaver, Henry Winkler, Anne Perry, Tom Franklin, John Harvey, Ruth Rendell, Lawrence Block), e che ha anche scritto un libro-testimonianza di un suo viaggio nel cuore degli States, Americrazy (GL Editore).
E quello che emerge dalle questioni che gli abbiamo posto non è certo una grande consapevolezza di ciò che accade oltre i propri confini. "Ogni volta che gli Stati Uniti sono contrapposti a un'altra forza internazionale, da parte del Paese c'è un sentimento comune, in questo caso di grande contrarietà a Putin". Anche perché è un Paese che ha sempre bisogno di un nemico e che sulla politica estera si fida quasi ciecamente delle proprie istituzioni: "Se domani mattina Biden o chi per lui decidesse di bombardare l'Italia (naturalmente è una provocazione), l'americano medio non si porrebbe alcun problema, perché sarebbe convinto che se il suo paese attraverso i vertici istituzionali decide di bombardare l'Italia c'è una ragione". Completamente diversa la percezione sulla politica interna, dove invece l'individualismo è l'atteggiamento dominante, caratterizzato in primis dall'uso (o abuso) di armi private, che causa distorsioni gravissime, come le stragi che a cadenza fissa insanguinano il Paese.
Pezzani, vista la tua esperienza della cultura e della società statunitense, qual è il sentimento degli americani rispetto alla guerra in Ucraina?
Per quanto io ne sappia, come sempre fanno fronte comune quando c'è una guerra che vede in qualche modo, o coinvolto direttamente il proprio Paese, oppure quando quest’ultimo è apertamente schierato. Di conseguenza, ogni volta che gli Stati Uniti sono contrapposti a un’altra forza internazionale, da parte del paese c'è un sentimento comune, in questo caso di grande contrarietà a Putin. Questo comportamento è una caratteristica abbastanza tipica del sentire americano, poiché gli americani, in quanto potenza imperialistica, si nutrono da sempre del bisogno di avere un nemico. Dopo la seconda guerra mondiale ne hanno sempre avuto uno. Con la fine del blocco sovietico se ne sono dovuti creare un altro e, in qualche maniera, lo hanno trovato in casa propria l’11 settembre 2001 con il terrorismo di matrice islamica. Adesso che quel tipo di terrorismo non ha più l’impatto né mediatico né pratico che ha avuto in precedenza, gli americani si sono trovati un altro nemico.
Che cosa interessa davvero agli americani? L’economia, il lavoro, la politica interna?
Gli americani sono molto distratti dal punto di vista della dell'acquisizione delle informazioni, hanno un livello di scolarità con gradi di conoscenze basse. La scuola dell'obbligo offre strumenti veramente molto poveri al cittadino medio, per far sì che quest’ultimo sappia dare una giusta collocazione spazio temporale e geografica al proprio Paese. La cultura proveniente dall'istruzione viene impartita agli studenti in modo molto americo-centrico. Mediamente gli strumenti a disposizione dei ragazzi italiani ed europei sono decisamente superiori, e questo fa un’enorme differenza. Dal punto di vista filosofico l'economia è fondamentale, in quanto il Paese è costruito su un'idea assoluta di produzione e di libertà individuale quasi totale. Questo naturalmente si riverbera in tutti gli aspetti della vita quotidiana, e purtroppo anche nella politica estera.
E degli italiani hanno ancora una visione legata solo a “pizza e mandolino”?
Hanno una visione altissima degli italiani e dell'Italia, più che “pizza e mandolino“ è “la bella vita”. L'americano che disponga dei fondi sufficienti per farsi una vacanza all'estero, ovviamente indicherebbe nella vacanza romana, o comunque nella vacanza italiana classica, l'ideale d'investimento per poter trascorrere un periodo in grande serenità. Per loro l’Italia è ancora assolutamente sinonimo di sole, bel paese, cibo di qualità e anche bella gente. Da questo punto di vista siamo fortunati, perché ci considerano ancora “Il” Paese da visitare.
Tu che lavori a stretto contatto di Joe Lansdale, uno degli scrittori più noti del genere noir e che racconta proprio dell'America profonda, pensi che in quella parte degli Stati Uniti siano contenti del presidente Joe Biden?
Al sud, dove Joe Lansdale abita, ci sono meno preferenze per Biden di quante non ce ne fossero per Trump. Il sud è ancora oggi più fortemente repubblicano che democratico, però va anche detto che le grandi zone urbane, anche al sud, tendono a essere democratiche. Ci sono dei cambiamenti nel voto, ma sono ancora abbastanza marginali. Negli ultimi anni si è vista in maniera netta la differenza dei colori, quello che durante l'elezione rappresenta i democratici si concentra soprattutto sulle due coste, che sono due zone tipicamente liberal, con la presenza di grandi atenei e di centri di cultura più forte. Mentre i repubblicani hanno forza nelle campagne e nelle zone meno urbanizzate. Credo che Biden sia una figura transitoria, perché non ha l'impatto mediatico e il carisma di Obama o Trump. Non so quanto sia amato o detestato dal popolino.
Trump, o meglio il trumpismo è qualcosa di ancora vivo in America e che potrebbe portare alla sua rielezione?
Quando Donald Trump ha annunciato la sua discesa in campo alle primarie dei repubblicani ho pensato che fosse una sorta di provocazione, e che non avrebbe avuto minimamente una sola occasione, non dico di vincere l'elezione presidenziale, ma di potersi anche solo candidare per il partito repubblicano. Quando però ha vinto le primarie ho immediatamente pensato di essermi sbagliato abbondantemente, e di conseguenza che avesse delle possibilità. Ahimè ho avuto ragione. Naturalmente quello che lui ha commesso è davanti agli occhi di tutti. Penso che se non succede qualcosa in particolare a livello legale, ovvero se Trump finisce di nuovo in qualche altra inchiesta di grande portata, lo ritroveremo sicuramente a combattere per essere rieletto. Non è certamente una cosa che mi faccia piacere, va detto però che la politica estera americana non è che migliori particolarmente con o senza Trump. Anzi, forse sotto alcuni punti di vista era anche meglio quando c’era lui. Questo non toglie che sia un personaggio che io non vorrei mai avere come mio rappresentante, perché rappresenta valori esattamente opposti a quelli che io ho, e che spero condivida tanta gente. È una persona la cui ricchezza è stata fatta con grandi ombre, che ha scarso rispetto per diverse categorie, e che chiama in causa il nemico per magnificare la propria virtù. Il rischio che ricompaia è molto forte, poiché i repubblicani sono disposti a tutto pur di riconquistare la Casa Bianca.
Cosa ti stupisce di più degli americani e della loro politica estera, quindi della loro visione del mondo?
In realtà non mi stupisce più nulla. Mi preoccupa molto un dualismo che esiste proprio nella filosofia di base del paese, che è ben raccontato dal secondo emendamento della Costituzione, che sostanzialmente sancisce come diritto quasi divino quello di possedere armi da fuoco da parte dell'individuo, per difendersi da eventuali malintenzionati. Questo naturalmente porta a grandi aberrazioni all’interno del paese, l’abbiamo visto anche nei giorni scorsi con la strage di matrice razzista in un centro commerciale di Buffalo. L'indomani sono state indicate da diverse agenzie altre stragi negli Stati Uniti: se ne verifica almeno una al giorno o forse di più. Un paese, in cui vige un forte individualismo, che consente al soggetto singolo di armarsi contro il proprio stato è indice di scarsissima fiducia nelle istruzioni. Quando la Costituzione è stata scritta, i padri costituenti hanno inserito quell'elemento sicuramente per il loro individualismo di base, ma anche perché il paese era nuovo, non sapevano nemmeno se sarebbe esistito l'indomani mattina, in quanto la Gran Bretagna non avrebbe rinunciato così facilmente alle colonie, quindi avrebbe combattuto per riaverle. Tuttavia sono trascorsi 250 anni e quel rischio non esiste più. Se il paese si considera autenticamente democratico dovrebbe avere più fiducia in sé stesso. Il paradosso è che il cittadino che non ha fiducia nelle istituzioni, che si arma con l'idea di formare una milizia se un domani il governo dovesse tradire le sue aspettative, è lo stesso cittadino che dà mandato bianco a quello stesso governo per compiere azioni militari all’estero. Se domani mattina, Biden o chi per lui decidesse di bombardare l’Italia (naturalmente è una provocazione), l’americano medio non si porrebbe alcun problema, perché sarebbe convinto che se il suo paese attraverso i vertici istituzionali decide di bombardare l’Italia c'è una ragione. La contrapposizione insanabile è che così come l’americano medio si fida ciecamente di quello che fa il suo paese all'estero, non si fida per niente di ciò che eventualmente farà in casa. Ci sono contrapposizioni forti su temi divisivi come l’aborto. Metà dei cittadini farebbero carte false per averlo, mentre la restante metà sarebbe pronta a scendere in piazza con le armi se il governo decidesse di ammetterlo fino in fondo, cosa che in realtà è stata fatta.