Facciamo un gioco: dimenticatevi tutto quello che sapete riguardo al crimine mondiale. I narcos dell'America Latina che avete visto nei film? Le gesta delle mafie europee raccontate dai giornali? Le gang nordafricane e balcaniche protagoniste di qualche serie televisiva? Ormai queste immagini appartengono al passato o, nella migliore delle ipotesi, sono diventate tutte appendici di una nuova metastasi di illegalità che si sta formando in Asia. Se volete sapere come funziona il commercio delle sempre più richieste droghe sintetiche, da dove partono le chiamate di spam che molto spesso vi tartassano per giornate intere, chi sono i Signori della guerra che dirigono il “grande gioco” e quali Paesi formano delle rotte dei nuovi traffici illeciti, se volete davvero saperlo allora dovete leggere Asia Criminale, il reportage scritto a quattro mani dai giornalisti Emanuele Giordana e Massimo Morello e pubblicato da Baldini+Catoldi. Questo libro è una vera e propria Bibbia per chiunque sia interessato a illuminare le pericolose zone d'ombra asiatiche che stanno lentamente risucchiando anche il resto del pianeta, Europa e Stati Uniti compresi. Eh sì, perché non penserete mica che le metanfetamine prodotte nei laboratori nascosti tra la giungla del martoriato Myanmar, da anni alle prese con una guerra civile sanguinosa, siano destinate a restare in Asia? E che le truffe orchestrate in qualche lugubre compound della Cambogia da schiavi sorvegliati giorno e notte dai loro aguzzini riguardino soltanto cinesi e thailandesi? Le attività criminali che alimentano i Nuovi Triangoli d'oro (al plurale) del continente asiatico sono come virus: non conoscono confini.

Come spiegano Giordana e Morello, una tela di ragno copre l'intero Sud Est Asiatico. Se guardiamo una cartina possiamo immaginarci un immenso triangolo. Il vertice meridionale coincide con la ricchissima Singapore, l'angolo a nordovest è nel Rakhine birmano, quello a nordest, invece, nel Golfo del Tonchino. La bisettrice del triangolo attraversa la Thailandia e interseca Birmania, Laos e Cambogia. Ecco il “Nuovo Triangolo d'Oro” sorto accanto a tante altre figure geometriche che tratteggiano le rotte criminali dell'Asia, le stesse rotte che abbracciano il globo e hanno conseguenze a livello globale. Si parte, nel capitolo 1, con un affresco di un fenomeno ancora fin troppo ignorato ma terribilmente comune, almeno nel continente asiatico: le Scam City. Il giro d'affari maggiori ruota attorno a queste città-prigione, aree urbane, spesso intere zone di città o insediamenti in Paesi del Sud Est asiatico dove operano organizzazioni criminali che gestiscono truffe su larga scala online, sfruttando manodopera ridotta in schiavitù o fortemente coatta. Sono situate per lo più in Cambogia, Myanmar, Laos o Thailandia, in zone fuori dal controllo statale o tollerate da autorità corrotte. Migliaia di persone (spesso cinesi, vietnamiti, filippini, ma anche africani o sudamericani) vengono reclutate con false offerte di lavoro e poi imprigionate. Ci sono oltre 200mila schiavi informatici che operano nelle frodi e nel gioco online, un business che vale miliardi di dollari. Queste persone sono costrette a operare truffe digitali, come romance scam (finte relazioni online), investimenti crypto falsi, phishing e furti d'identità e truffe finanziarie via social. Mae Sot, Shwe Kokko (la “capitale delle Scam City”), Sihanoukville, Poipet sono solo alcune città del vizio riadattate alle esigenze dei nuovi criminali cibernetici.

Poteva mandare la droga? No. E infatti il vecchio Triangolo d'Oro (Myamar–Laos–Thailandia) continua a essere uno dei più grandi centri globali di produzione di oppio. Papavero da oppio, sia chiaro, coltivato nei territori contesi tra gruppi etnici (Shan, Kokang, Wa), organizzazioni paramilitari e Signori della guerra che prosperano in mezzo a conflitti etnici e locali. L'oppio – ma su questo aspetto vi rimandiamo al saggio Narcotopia di Ptrick Winn - viene trasformato in eroina e metanfetamine in strutture clandestine, spesso gestite più o meno indirettamente dalle Triadi cinesi o da altri gruppi criminali. Le rotte portano verso Singapore, Mar Cinese Meridionale, Oceano Indiano, ma anche Europa e Nord America. E non è finita qui, perché sempre lungo i confini di Myanmar, Laos e Thailandia passa un consistente traffico di armi leggere mentre le stesse infrastrutture connesse al traffico di droga - rotte, porti, zone di frontiera - fungono anche da canali per traffici di pietre preziose, esseri umani e ogni cosa che può avere un valore. Insomma, droghe, armi, esseri umani, frodi digitali e riciclaggio formano una rete integrata, che va dal Bangladesh al Borneo, attraversa frontiere instabili e beneficia di enclavi gestite da terzi fuori dal controllo statale. Le cosiddette “Special Criminal Zones” e le zone di frontiera rappresentano spazi grigi dove impera la corruzione: alleanze tra militari, governo, Triadi e signori della guerra garantiscono operazioni senza ostacoli. Giordana e Morello, con appunti dettagliati, nomi e cognomi dei protagonisti, e perfette descrizioni dei luoghi, offrono un ritratto vivido di un “cuore di tenebra” esteso dal Myanmar al Mar Cinese meridionale, dove legalità e illegalità si mescolano nel nuovo sistema criminale globale.
