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Altro che transizione ecologica, la guerra fa fuori anche (i sogni di) Greta: si torna al carbone

  • di Maria Francesca Troisi Maria Francesca Troisi

27 febbraio 2022

Altro che transizione ecologica, la guerra fa fuori anche (i sogni di) Greta: si torna al carbone
La guerra in Ucraina ha già sconfitto gli ambientalisti: salvare il pianeta passa decisamente in secondo piano rispetto alla possibilità di venire sommersi dai rincari sui prezzi di luce e gas (già salati) e inaspriti dalla crisi con la Russia. Così anche Draghi mette da parte i propositi di transizione ecologica e si dice possibilista perfino sulla riapertura delle centrali a carbone, con buona pace di M5S e ambientalisti del Pd. E tanti saluti a Greta Thunberg e compagni…

di Maria Francesca Troisi Maria Francesca Troisi

La guerra in Ucraina ha già confinato nello scantinato i sogni di Greta Thunberg e seguaci. Di fatto salvare il pianeta non è più una priorità, in quanto subentra con prepotenza la possibilità di non arrivare a fine mese, causa rincari delle bollette in seguito alla crisi russo-ucraina. Così, coi carri armati di Putin che avanzano, il premier Draghi pare dimenticare in un baleno i propositi ambientalisti, annunciando un piano che mira a un'utopica indipendenza energetica tricolore, al fine di lenire il salasso nelle tasche dei consumatori, già colpite salatamente dai rincari degli ultimi mesi.

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Greta Thunberg

Per cui, alla luce dei fatti attuali, il Presidente del Consiglio considera come possibilità perfino la riapertura delle centrali a carbone (stimato come il male degli ultimi decenni), per colmare le mancanze nell'immediato. Dopo anni di lotte all'uso delle fonti fossili, dunque questa sembra essere l'unica risoluzione a portata di mano, mossa che andrà a scontrarsi coi tanti (vedi alla voce Cinque stelle e parte del Pd ambientalista) che da sempre si oppongono alla costruzione dei rigassificatori e allo sfruttamento di quei 200 miliardi di metri cubi di metano che giacciono nel sottosuolo del Belpaese.

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Mario Draghi

Ma il premier non si lascia intenerire dalle promesse di transizione ecologica, in palio c'è una posta altissima, alias la crisi energetica e dei prezzi, che sarà presto aggravata dalle sanzioni imposte a Mosca. Alla fine, tra gli applausi scroscianti del centro destra e il capo chino dall'altro versante, più un compiacente Di Maio - lo stesso che tre anni fa intestava l'emendamento a blocco delle 150 trivellazioni petrolifere al M5S - il Presidente del Consiglio descrive la situazione esattamente per com'è, aggiungendo che le vicende di questi giorni "dimostrano l'imprudenza di non aver diversificato maggiormente le nostre fonti di energia e i nostri fornitori negli ultimi decenni". Una stoccata piena a chi l'ha preceduto a Palazzo Chigi, mentre continua col ritratto impietoso: "In Italia abbiamo ridotto la produzione di gas, da 17 miliardi di metri cubi all'anno nel 2000 a circa 3 miliardi di metri cubi nel 2020, a fronte di un consumo nazionale che è rimasto immutato tra i 70 e 90 miliardi di metri cubi". Ordunque, dopo i recenti accadimenti, la cura è doverosa: "Dobbiamo procedere spediti sul fronte della diversificazione", che significa avere più fonti energetiche e dipendere meno dall'estero, procurandoci fornitori possibilmente diversi da quelli correnti.

Draghi si è difatti altresì impegnato a "lavorare per incrementare i flussi di gasdotti non a pieno carico, come il Tap dell'Azerbaijan, il TransMed dall'Algeria e dalla Tunisia, il Green Stream dalla Libia", insomma quelli che per grillini e piddini ambientalisti non si sarebbero mai dovuti toccare.

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Insomma, con la crisi in Ucraina, abbiamo già salutato bellamente le promesse ambientaliste (lo sviluppo delle rinnovabili resta sì in agenda, ma non nell'immediato) e tamponato con misure inevitabili una ferita economica dolorosissima, che ha già spinto al rialzo i prezzi dell'energia, con ricadute infauste per le famiglie. Dopo tutto, anche se non sembra, la guerra la stiamo già combattendo tutti, e perdendo pure, Greta in primis.

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