"Sciò sciò ciucciuvè, uocchio, maluocchio e funecelle all'uocchio, aglio, fravaglio, fattura ca nun quaglia, corne e bicorne, cape'e alice e cape d'aglio, diavulillo diavulillo, jesce a dint'o pertusillo, sciò sciò ciucciuvè, jatevenne, sciò sciò!". Ho sempre pensato che l’invidia fosse una cosa estremamente positiva. Per quello che mi riguarda invidiare qualcuno che sa fare qualcosa meglio di me (direi moltissime persone) mi porta a cercare di migliorarmi in quella direzione e prendendolo come esempio cresco e capisco. Ovviamente non ritengo che tutti la debbano possedere questa accezione “illuminista” per cui l’invidia in sé diventi un motore dedito all’evoluzione di una persona. Per altro il mio concetto d’invidia si applica quasi essenzialmente alla conoscenza pratica e teorica, non essendo minimamente materialista denaro, orologi, ristoranti, alberghi raffinati, automobili non mi forniscono la minima attrattiva. Al contrario una persona che parla molte lingue, sia capace di dipingere, suonare, scrivere mi provoca un imbarazzante sensazione d’invidia. Moto interiore che mi porta ad evolvermi e cambiare. La mia attività di critica sui social mi ha portato più di una volta ad essere additato come invidioso nei riguardi di qualcuno. La cosa mi ha sempre un po' stupito perché non ho mai capito cosa dovrei invidiare di qualcuno che sto criticando? Questa mia (lo ammetto) originale accezione del concetto d’invidia e della scala di valori con cui osservare il mondo mi ha portato a domandarmi cosa sia l’invidia. Per i Greci φθόνος τῶν θεῶν è “l’invidia degli dei” un sentimento di malizia e rancore. Invidia si dice semplicemente φθόνος e ha un’accezione fortemente negativa. Mentre la nostra parola invidia viene direttamente fuori dal latino in-videre tradotto letteralmente “guardare male”. La prima parte della mia riflessione punta proprio sul soggetto di questo invidere e su chi ti imputa d’essere invidioso. Fissiamo subito un concetto importante, l’invidia come sentimento esiste da sempre ed è strettamente collegata alla vita sociale dell’essere umano, si è declinata lungo la storia della nostra società intrecciandosi con il credo, i rituali, la magia e la religione. Basti pensare che le formule per scacciare il malocchio derivato dall’invidia molto spesso si mischiano a preghiere religiose. La religione cattolica ha sempre avuto come sua grande forza quella di fare proprio il tessuto di credo e fedi locali ed inglobarle nel suo essere.

Analizziamo i due tipi d’invidia che appaiono più frequentemente. Il primo tipo è l’invidia personale, si riprende il significato più intimo del termine e questo sentimento, il guardare male, si esplica proprio nel significato più semantico del termine. Ad esempio (ed è il caso classico in cui si crea il malocchio in alcune culture) una donna o un uomo che desiderano fortemente avere un figlio e non ci riescono rivolgono un finto complimento al figlio di un conoscente apprezzando falsamente qualcosa su di lui. Nella tradizione del malocchio questo si traduce in una sorta di “fattura” che si materializza nel mondo reale sotto forma di vere infermità: dolori allo stomaco, mal di testa, sfortuna. A tutto questo la tradizione offre una serie di contromisure che si esplicano in due fasi. Individuare la “fattura” e contrastarla. Ad esempio nella tradizione barese si esegue un rituale tramandato dalla madre alla figlia maggiore nella notte di natale che prende il nome di acqua e olio. Verificato il malocchio (si mette una goccia d’olio di un piatto colmo di acqua e si osserva il suo mutamento) si procede a togliere il malocchio con rituali e preghiere. Invece nella tradizione campana si utilizza il corno che può essere solo regalato e viene abraso (la punta) sulla zona soggetta dal malocchio del malcapitato. Ricadono sempre in questa categoria le persone che trasformano l’invidia in odio. Forse la più tipica è rappresentata da quei “maschi” che odiano gli omosessuali. Ma perché dovrebbe essere l’invidia a muoverli in questo caso? La risposta è ovvia, invidiano la possibilità di essere liberi sessualmente, di potersi autodeterminare e di non dover soggiogare alle norme della società, come loro invece sono costretti a fare. Invidiare la libertà altrui ed essere incatenati alle regole che ci si autoimpone porta molto spesso a generare odio. La domanda interessante è capire cosa odiano, odiano la libertà o odiano sé stessi per non riuscire ad averla?
La seconda tipologia d’invidia implica la presenza di una terza persona che osserva l’interazione tra due esseri umani ed esplica questa attraverso l’invidia. Facciamo un esempio: supponiamo che Giorgio guardi il cane della Ferragni ed esordisca “cavolo quel cane è proprio spelacchiato e bruttino”. Una terza persona potrebbe assistere a questo e dire “non è vero, tu sei solo invidioso dei follower del cane della Ferragni” (400k per informazione generale). La domanda che nasce spontanea da questa interazione è: ma a Giorgio interessano i follower o interessano alla terza persona che sta guardando il tutto? Magari questa terza persona, diciamo si chiami Mary, ha una passione sfegatata per i social ed ambisce ad avere molti follower, questo suo desiderio non raggiunto la porta a trasferire il suo stesso desiderio sul prossimo e diventerà per lei il motivo per attribuire l’invidia di chi compiendo l’azione. In verità di Mary ne esistano tante e questo sentimento si declina sotto tanti aspetti diversi ad esempio: critichi quella procedura tecnica culinaria solo perché lui ha più stelle di te, perché lui è più ricco, perché lui è più famoso, più bello, più magro. Ma avere delle stelle Michelin, essere ricchi, famosi, belli, magri interessa a Mary non necessariamente a chi sta avanzando la critica. Secondo Jung (padre della psicologia moderna) l’ombra è l’inconscio in cui si trovano tutti gli aspetti della propria psiche che vengono rigettati, ignorati e rifiutati. La crescita dell’individuo passa proprio dal passare dall’aspetto egoico a quello analitico e l’analisi riguarda la propria ombra. Finalmente siamo al punto della questione: l’invidia che sia data da un desiderio, dal non riuscire, dal non capire cosa stia dicendo un’altra persona riguarda solo chi prova questo sentimento e l’invidia è generata dall’ombra, dalla non conoscenza di sé stessi e dalla negazione del percorso analitico di comprensione. Tutto questo pone l’invidia all’interno di un ottica strettamente sociale, esiste solo nel rapporto con gli altri, perché è si presente nella tua ombra ma viene evidenziata solo nel rapporto col prossimo. Ancora una volta la cultura greca aveva visto molto lontano φθόνος vuol dire invidiare ed è un sentimento negativo ma appartenente solo a chi la prova, non descrive la realtà ma la percezione di questa.
