Il carrozzone del Festival di Sanremo porta con sé una serie di polemiche, gossip e dichiarazioni scioccanti. Come quella di Alessandra Amoroso, che in conferenza stampa ha letto alcuni dei messaggi d'odio che le sono stati indirizzati attraverso i social media. L’evento dell’Ariston ha quindi fatto porre nuovamente l'attenzione su un fenomeno sempre più diffuso: quello dei leoni da tastiera, dei sostenitori dell'odio e del linguaggio volgare gratuito. Per analizzare questo problema, abbiamo parlato con un esperto del settore, Yari Brugnoni, cofondatore di "Not just analytics", tra le principali realtà di analisi dei dati dei profili social in Italia. Attraverso la sua esperienza, Brugnoni ci aiuterà a comprendere meglio questa situazione e a prendere atto dell'incoscienza di certi commentatori del web, che non sanno di andare incontro a delle conseguenze. Perché sì, le conseguenze ci sono (o ci possono essere). Ma limitare i pirla non è facile, specie se poi l’intelligenza artificiale non li riconosce. Ma inaspettatamente forse Tinder potrebbe venire in aiuto.
Alessandra Amoroso durante la conferenza stampa del festival ha letto alcuni dei messaggi d’odio che le sono arrivati su Instagram. Brugnoni, quanto è diffuso questo fenomeno?
Non ci sono dati statistici specifici, ma è evidente che i messaggi d'odio sono diffusi su tutte le piattaforme, non solo su Instagram. Questo fenomeno diventa particolarmente rilevante con i contenuti virali, che raggiungono un vasto pubblico. Per la legge dei grandi numeri, è quasi inevitabile che tra questi ci siano individui pronti a lasciarsi andare a commenti nocivi, senza considerare le conseguenze legali, emotive e psicologiche per chi li riceve. L'anonimato, reso possibile da account 'fake', amplifica questo problema, anche se non è l'unica causa. Sorprendentemente, molte persone usano i loro veri profili per scrivere commenti offensivi, dimostrando una mancanza di consapevolezza sulle potenziali conseguenze.
Quali sono le strategie più efficaci per gestire e affrontare il fenomeno degli insulti e dell'odio online?
Affrontare gli insulti e l'odio online è un tema troppo complesso per una soluzione unica. La strategia personale dipende molto dalla situazione e dal contesto. Personalmente, se dovessi ricevere insulti gratuiti, l'affronterei in due modi. Primo, ricorderei che rispondendo a un commento negativo, la mia risposta non si rivolge solo all'autore dell'insulto, ma parla a tutti coloro che leggeranno quel commento. Pertanto, userei la mia risposta come opportunità per cercare un dialogo costruttivo, anziché alimentare una disputa. Secondo, affronterei il tema degli insulti e dell'odio online in modo più generale, creando contenuti che rispondano collettivamente a questi messaggi negativi, adottando un approccio argomentativo per stimolare una riflessione più ampia. Nei casi più estremi e dove possibile, ricordo che è anche possibile procedere legalmente.
L’odio fa engagement?
Dal punto di vista degli algoritmi e delle dinamiche di interazione che influenzano la visibilità dei contenuti sulle piattaforme, sfortunatamente, anche i messaggi d'odio contribuiscono all'engagement. Questo perché per le piattaforme, tali contenuti significano un aumento delle interazioni e del tempo trascorso dagli utenti online.
Come possono le piattaforme di social media migliorare le loro politiche e le loro funzionalità per contrastare il cyberbullismo e promuovere un ambiente più positivo e sicuro?
Questo è un argomento molto discusso proprio in questi giorni: i ceo dei maggiori social network sono stati chiamati a testimoniare davanti al Senato americano riguardo le conseguenze delle loro piattaforme sulla società. È vero che, forse come risposta alle pressioni governative, negli ultimi anni le piattaforme hanno implementato diverse funzionalità per limitare e mitigare gli effetti negativi sui loro utenti, come la restrizione della visibilità dei contenuti che violano le linee guida delle comunità e altre funzioni specifiche per ogni piattaforma. Tuttavia, esiste un innegabile conflitto di interessi: limitare eccessivamente i commenti negativi e l'odio potrebbe ridurre il numero di contenuti disponibili sulle piattaforme, influenzando direttamente i loro introiti.
Perché si ha la sensazione che in realtà Meta e TikTok non vogliano agire in modo concreto? Che hanno da perdere a mettere un freno?
Ridurre o limitare tutti i commenti negativi non è semplice come può sembrare, sia tecnicamente che logisticamente. Gli algoritmi attuali non sono in grado di distinguere con precisione tra contenuti seri e quelli ironici, il che rende problematico l'identificare e moderare i contenuti d'odio senza colpire anche quelli innocui. Anche con l'avanzamento dell'intelligenza artificiale, rimane una sfida sia per limiti tecnologici sia per i costi elevati associati alla moderazione di miliardi di contenuti prodotti giornalmente. Instagram, ad esempio, ha recentemente aggiornato il suo algoritmo per meglio identificare contenuti promovibili o da limitare, ma ha erroneamente segnalato numerosi post conformi alle linee guida. Questo evidenzia le difficoltà tecniche nel riconoscimento di contenuti inappropriati e il potenziale impatto economico negativo sulla piattaforma dovuto alla rimozione o limitazione eccessiva di contenuti.
In che modo la tecnologia può essere utilizzata per identificare e prevenire comportamenti dannosi e contenuti offensivi sui social media?
Come detto, utilizzare l'ai per moderare i contenuti prima della pubblicazione su larga scala a oggi è ancora difficile. Tuttavia, una strategia che potrebbe non risolvere completamente il problema, ma sicuramente aiutare, sarebbe l'implementazione di un sistema che avvisa l'utente prima che un commento o post potenzialmente offensivo venga pubblicato. Questo sistema potrebbe chiedere all'utente di riconsiderare il contenuto del suo messaggio, facendolo riflettere sugli effetti che le sue parole potrebbero avere non solo sul destinatario ma anche sugli altri. Questo approccio ad esempio viene già utilizzato da Tinder.
Quali sono gli strumenti e le risorse disponibili per le vittime di cyberbullismo e molestie online, e come possono essere utilizzati efficacemente?
Instagram offre numerosi strumenti per aiutare gli utenti a gestire al meglio il proprio profilo e a proteggersi dagli abusi online. Tra questi, c'è la possibilità di creare una lista di parole bandite, che verranno automaticamente limitate nei commenti e nei messaggi ricevuti, rendendo tali contenuti invisibili sul profilo dell'utente. Altre funzionalità includono la limitazione di chi può commentare i post e le stories, chi può menzionare il tuo profilo, la possibilità di rimuovere completamente la funzione di commento, selezionare chi può inviarti messaggi diretti, e persino limitare o bloccare specifici account. La funzione di restrizione, o soft block, consente di rendere i commenti di un account limitato visibili solo a quest'ultimo, senza che appaiano pubblicamente sotto i post, garantendo così una maggiore protezione e controllo sull'ambiente digitale personale. Consiglio vivamente a chi ci sta leggendo di dare uno sguardo alle sezioni "Chi può vedere i tuoi contenuti" e "Come possono interagire gli altri con te" nelle impostazioni del proprio profilo Instagram.
Come possono le celebrità e le figure pubbliche affrontare in modo costruttivo il problema dell'odio online e utilizzare la propria influenza per promuovere un dialogo più positivo e rispettoso sui social media?
Non posso fornire una risposta definitiva su come ogni persona, inclusi i personaggi pubblici, dovrebbe reagire agli insulti online, considerando che ognuno ha il suo modo di affrontare il negativo. Anche se le celebrità hanno maggiori responsabilità nella comunicazione, non bisogna dimenticare che sono prima di tutto persone. Personalmente, piuttosto che consigliare un comportamento specifico, preferisco sottolineare ciò che, personalmente, non farei: rimanere in silenzio e non fare nulla. Si tratta di un mio pensiero personale. Poiché credo che sia importante che noi, soggetti di commenti d'odio, prendiamo l'iniziativa di evidenziare le conseguenze di questi comportamenti, poiché altrimenti nessun altro lo farà al posto nostro. Ciò non significa che chi decide di percorrere la strada dell'ignorare tale comportamento stia sbagliando. Come detto siamo persone, e ognuno reagisce nel modo che ritiene più opportuno per la propria salute mentale, mantenendo il rispetto altrui.