La morte di Rino Tommasi ha scatenato una pioggia di tributi, tra cui il ricordo firmato da Andrea Scanzi su Il Fatto Quotidiano. L’omaggio del giornalista si apre con un avvertimento: “La prima cosa che bisogna a tutti i costi evitare – ancor più se si parla di lui – è la retorica. Tommasi era uomo di statistiche e raziocinio: come ha scritto la pagina Facebook La Ragione di Stato, Rino ‘era Wikipedia prima di Wikipedia’”.
Scanzi ripercorre la straordinaria carriera di Tommasi, iniziata giovanissimo: “Primo articolo pubblicato a 13 anni, carriera giornalistica intrapresa a 19. Avrebbe compiuto 91 anni il 23 febbraio”. Il suo percorso è costellato di imprese memorabili: “Ha seguito 13 Olimpiadi, 400 incontri di boxe valevoli per il titolo mondiale, 149 tornei del Grande Slam”. E ancora: “Primo direttore dei servizi sportivi di Canale 5 (nel 1981) e Tele + (nel 1991)”. Ma la vera fama, continua Scanzi, “arrivò negli anni Ottanta, un po’ per il programma La grande boxe e ancor più per le telecronache di tennis con Roberto Lombardi, Ubaldo Scanagatta e soprattutto Gianni Clerici. Coppia indissolubile e irripetibile”.
Scanzi celebra il talento unico di Tommasi, capace di coniugare rigore e ironia: “Un mix rarissimo di competenza impreziosita da un approccio mai trombone ma anzi ironico e gioviale”. Lo definisce un “freddo anomalo” che “soggiaceva come pochi alla bellezza e si esaltava puntualmente dinnanzi al bel gesto, fosse esso tennistico o pugilistico”. Tra le sue espressioni immortali, Scanzi elenca: “veronica”, “personalissimo cartellino”, “gli sta facendo fare il tergicristallo”, “volée agricola” e la celebre “legge Tommasi”, che decretava l’inesorabile sconfitta di chi avesse vinto un torneo a sorpresa la settimana precedente.
Tommasi era anche un uomo di carattere, osserva Scanzi, non senza un pizzico di provocazione: “Carattere per niente facile, sentimentale come un pilone dell’autostrada, dichiaratamente (molto) di destra. Bravo come pochi e pionieristico come pochissimi, munito di un’ironia meravigliosamente spigolosa. Oggi lo fucilerebbero più volte per vilipendio al politically correct”. A dimostrazione, cita un episodio indimenticabile: “Quando – insieme a Clerici – cantò Bongo Bongo Bongo stare bene solo al Congo non mi muovo no no in diretta tivù. Altri tempi, altri talenti”.
Nel suo tributo, Scanzi si congeda con un “grazie di tutto, Maestro”. E proprio su questo punto interviene Daniele Capezzone, che nella sua rassegna stampa Occhio al Caffè dedica spazio al gigante del giornalismo sportivo, salvo poi criticare il tono scelto da Scanzi. “Rino Tommasi è stato un gigante per chi ha la mia età, o un po' più grande o un po' più giovane,” dichiara il direttore editoriale di Libero. “Era fantastico il confronto fra l'eleganza, la competenza, l'ineccepibilità delle sue telecronache... e invece le cose romanesche, con orari tutti scombinati, saltando da una rete all'altra della Rai. Era la differenza tra il privato che funziona e uomini libri e il pubblico che non funziona e burocrati paraministeriali della Rai.”
Poi l’affondo: “Oggi sono tanti i bei ricordi, Biasin, Gandola sulla Verità, eccetera. Purtroppo c'è anche Scanzi, sul Fatto, che fa tutto un ricordo e poi chiude con Maestro. Ma come Maestro? Povero Tommasi che non può difendersi”. E Capezzone aggiunge, con ironia pungente: “Tommasi era uomo di spirito e probabilmente avrebbe sorriso. Si sarebbe girato e avrebbe detto: Maestro a me? Forse si riferisce a qualcun altro...”