Mi avevano detto che nella vicenda di Cecilia Sala mercoledì sarebbe successo qualcosa di molto importante, e infatti mercoledì è stato. Una fonte molto vicina al Governo che ho incontrato in via del tutto riservata mi ha fatto sapere che mercoledì sarebbe stato un giorno importante, me lo avevano dato per certo, ma non pensavo fino a questo punto. Inizialmente mi ha detto delle ovvietà, ovvero che il Governo stava lavorando con la massima celerità, per far sì che questo capitolo si concludesse il prima possibile. Mi ha anche espresso il forte timore, che c’è stato finché Cecilia non è salita su quell’aereo, che le operazioni diplomatiche potessero non andare a buon fine. Poi ho insistito, dicendo che non bastava una frase simile per convincermi su come stessero evolvendo le cose. Allora si è tolto gli occhiali e mi ha detto: “Segnati questa data per Cecilia: mercoledì. Sarà decisivo”. Non un indugio, lo sguardo netto che non dimenticherò ma in una domenica pomeriggio trascorsa in un bar estremamente anonimo in zona San Giovanni davanti a un espresso e un ginseng. Un incontro veloce, poche informazioni che lì mi hanno fatto credere che davvero la Meloni e Tajani, con il loro entourage ce la potessero fare.
Non ne abbiamo scritto per rispettare la delicatezza della situazione e il silenzio stampa richiesto sia dalle istituzioni che dalla famiglia. Non era il momento di dare informazioni che non fossero totalmente certe e che potessero in qualche modo destabilizzare una situazione molto intricata dal punto di vista diplomatico. Ma ora vi raccontiamo come sono andate davvero le cose in questa vicenda. Quello che è importante sottolineare è che ad essere stata determinante non è stata soltanto la visita di Giorgia Meloni in Florida da Donald Trump, durato nemmeno 24 ore, in cui il Tycoon ha detto che se ne sarebbe occupato in prima persona. Ma è stato fondamentale anche il rapporto che la Premier aveva costruito con Joe Biden in questi due anni di governo. Il rilascio di Cecilia è avvenuto infatti proprio nella fase di transizione tra Biden e Trump ed è per questo che senza il primo, senza il suo placet, l’operazione non si sarebbe conclusa. D’altra parte, è stata determinante la volontà sia di Donald Trump che di Elon Musk di non cedere ai ricatti dell’Iran. Un Iran fortemente intimorito dalle ritorsioni che sarebbero potute nascere con l’insediamento di Trump, che in una sorta di aut aut ha detto “o si fa così o saranno dolori”. Ma Biden, essendo ancora il Presidente in carica, avrebbe potuto opporsi e non fiancheggiare l'operazione: non vanno infatti sottovalutati la sua simpatia con il Papa e con il Vaticano. È da poco intercorsa una telefonata tra i due, e l’uscente Presidente Usa proprio oggi sarebbe dovuto andare dal pontefice per salutarlo. Incontro poi saltato a causa degli incendi avvenuti a Los Angeles. Ma Biden e Papa Francesco non sono stati personaggi laterali, anzi. Un Papa che non ha un gran feeling con il futuro Presidente degli Stati Uniti, e in cui la Meloni può essere il vero collante per far collimare il più possibile due potenze che non possono essere in conflitto così netto.
Passando invece al fronte interno, quello che va considerato è il tempismo che non è assolutamente casuale: era “ora o mai più” visto che oggi è stato anche designato il nuovo capo dei servizi segreti al posto della Belloni, il cui nome è stato fatto in conferenza stampa direttamente dalla Premier e si tratta di Rizzi. Anche il momento in cui è avvenuta l’uscita di scena della Belloni, non gradita a Tajani e a Mantovano, che era sul tavolo da tempo, ma è stata ufficializzata quando sapevano che si sarebbe conclusa un'operazione così delicata, pur avendo tutto perfettamente pronto e chiaro. Nulla è stato causale. Un ruolo chiave è stato giocato anche da Giovanni Caravelli, direttore dell’Aise, che infatti è andato personalmente a Teheran per prendere Sala dopo la detenzione nel carcere di Evin. Lo stesso Caravelli che, secondo le cronache, sarebbe stato decisivo per le dimissioni della Belloni, visto che riferiva direttamente a Mantovano: un segnale indicativo il fatto che su quel volo ci fosse proprio lui.
Ma tramite cosa è avvenuta la liberazione di Cecilia? Un accordo che prevede che al momento il governo italiano non estradi Abedini negli Stati Uniti. Il ministro della Giustizia Carlo Nordio potrebbe benissimo decidere di esercitare il suo ruolo e di firmare per l’estradizione, ma lui stesso ha precisato che “ora quello che mi importa è la riforma della Giustizia”. Il motivo? Sa benissimo, come lo sa l’Italia, di avere il coltello dalla parte del manico, di avere un alleato fortissimo come gli Usa e che saranno proprio quelli i rapporti decisivi per decidere una contropartita che non leda gli alleati del governo di centrodestra. L’Iran ha dovuto cedere ai tempi italiani, che poi sono stati favoriti da quelli americani, perché se avessero aspettato l’insediamento di Trump, non solo sarebbe stato crescente il malumore e non più un risultato record, ma la Meloni ha potuto accelerare il tutto grazie al feeling costruito sia con il Vaticano (Papa Francesco ha una predilezione per lei) che con Biden. Adesso sarà fondamentale squarciare il velo di silenzio che c'è attorno a questa vicenda, spiegando nel dettaglio quali sono stati tutti i punti cruciali di questo intrico internazionale. Cosa mi aspetto? Che la debolezza dell'Iran, teocrazia le cui braccia armate sono state devastate dopo l'attacco del 7 ottobre, abbiano influito in modo molto pesante sulla conclusione della trattativa e che non ci sia uno scambio così importante come molti stanno ipotizzando. Hanno tentato di giocare a rialzo, ma l'Italia, ora centrale in Europa e con l'America come alleato, era diplomaticamente difficile da ricattare.