Non si smorza l’hype attorno alla serie su Yara, pubblicata su Netflix il 16 luglio scorso. Oltre ogni ragionevole dubbio, oltre tre gradi di giudizio. Eppure, a molti e noi compresi, la docuserie è sembrata una marcia innocentista a favore di Massimo Bossetti, l’operaio 53enne di Mapello condannato all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio, la 13enne scomparsa il 26 novembre del 2010. Bossetti ha inviato una lettera al programma Iceberg di Telelombardia, in cui ha raccontato le emozioni che ha provato nel vedere la serie, che gli avrebbe fatto rivivere tutti i momenti trascorsi dal suo arresto fino ad oggi: “Mi ha fatto molto emozionare. Descrivere l'angoscia che ho provato nel vederlo è quasi impossibile, il cuore ora come allora mi scoppia dentro. Prima la paura. Tanti, tanti militari tutti addosso a me che non capivo nemmeno cosa stesse succedendo. Poi, sdraiato nella mia branda, nelle solitudini, nelle sofferenze delle mie notti quasi a scandire con forza il passare del tempo. Poi, quando davanti alle telecamere avrei voluto raccontare tutto, svuotare il sacco delle emozioni, batteva tanto forte che i fonici hanno dovuto interrompere le riprese: il battito era troppo forte! Disturbava i microfoni. Rivedermi, rivivere ogni istante fa male, ma voglio ringraziare per avermi dato voce".
Al contrario la famiglia di Yara ha deciso di non partecipare alla serie. Negli hanno sempre mostrato una grande compostezza davanti alle telecamere, vivendo nel totale riserbo il dolore per la perdita della figlia. Tuttavia è comunque arrivato il commento dell’avvocato dei genitori, Andrea Pezzotta: “La serie non aggiunge nulla di nuovo rispetto alle solite cose che dice la difesa ed è stata creata con un taglio innocentista. Abbiamo ritenuto non fosse opportuno partecipare a questi spettacoli tv sulle vicende giudiziarie. La nostra linea è che i processi li facciamo in tribunale, non su Netflix. Devo dire che, alla luce di questo, siamo ben contenti di esserne rimasti fuori”. E conclude: “Una serie dal titolo ‘Bossetti colpevole oltre ogni ragionevole dubbio’ l'avrebbero guardata in tre". E noi ci sentiamo di dargli ragione.