Aurora Tila non si è suicidata? Ora l’autopsia lo conferma: lividi sulle nocche, ferite dietro la testa, fratture che parlano chiaro. La 13enne è precipitata giù dal terrazzo condominiale di Piacenza il 25 ottobre, un volo di sette metri che l’ha schiantata sul balcone sottostante. Ma non è stata una caduta volontaria. Aurora è stata probabilmente spinta. Chi c’era con lei su quel tetto? Il suo ex fidanzato, 15 anni. E secondo il medico legale, non solo sarebbe stato lì con lei, ma avrebbe avuto un ruolo ben più pesante nella sua morte. Aurora è caduta all’indietro, non in avanti. E secondo le ricostruzioni, avrebbe provato ad aggrapparsi alla ringhiera, ma qualcuno l’ha colpita sulle mani per farla precipitare.
Tre testimoni hanno parlato. Due hanno visto la scena, un altro ha sentito le urla. Tutti raccontano la stessa cosa: Aurora disperata, attaccata alla ringhiera, il ragazzo che la colpisce finché non perde la presa. È quello che emerge dall’ordinanza del Tribunale per i Minorenni di Bologna, che ha fatto scattare l’arresto del 15enne. Accusa? Omicidio volontario. Lui, dal carcere minorile di Bologna, nega tutto. Ma i carabinieri del Nucleo Investigativo di Piacenza hanno raccolto prove che lo collocano lì, in quel momento. E non solo come testimone. Dopo la tragedia, davanti al palazzo è nato un piccolo memoriale per Aurora: candele, fiori, un orsetto di cristallo, un angelo di ceramica. Ma qualcuno ha deciso di distruggerlo. Prima è sparito l’orsetto, poi hanno rubato lumini, rotto vasi, fatto sparire anche un piccolo angelo. Segni di una vergogna che non ha fine. Ora l’indagine va avanti, e la domanda resta una: chi voleva davvero che Aurora cadesse?